Lo scorso mese è uscito nelle sale italiane La febbre, il film interpretato da Fabio Volo e diretto da Alessandro D’Alatri, il regista di Senza pelle e I giardini dell’Eden. Forse non tutti ricordano che i due avevano già lavorato insieme tre anni fa in Casomai, una commedia dolceamara sulle problematiche di coppia e sui rischi che corre l’amore costretto a fare i conti con ogni tipo di interferenza esterna. La pellicola, accolta con favore dalla critica ma non particolarmente nota al grande pubblico, vale la pena di essere vista o rivista per il messaggio incoraggiante ad affrontare senza timore quel cammino in due che tanto spaventa le coppie moderne.
Il film racconta la storia d’amore tra Tommaso (Fabio Volo), e Stefania (Stefania Rocca), il suo evolversi dal momento in cui si conoscono, si innamorano e decidono di sposarsi, fino a quando per le interferenze esterne, le prime crisi cominciano a minare la solidità del loro rapporto. Gli amici, i parenti, i colleghi di lavoro che in un primo momento appoggiano e vivono con entusiasmo l’inizio della loro relazione, diventano presto, con consigli, giudizi e intromissioni, elementi di disturbo dell’armonia coniugale. Fino alla rottura.
Ma nel finale a sorpresa, un prete sui generis, indica la soluzione per sopravvivere ai rischi del matrimonio. Stefania e Tommaso possono essere ognuno di noi, la loro storia elevata ad emblema universale è la summa di ogni rapporto d’amore e permette una facile ed immediata identificazione.
Attraverso toni ironici e leggeri, D’Alatri pone interrogativi, solleva dubbi e stimola riflessioni perché si sa, il matrimonio fa paura, genera incertezze e nessuno può prevedere come andrà a finire. Troppo spesso, l’entusiasmo dei primi anni finisce per affievolirsi lasciando il posto solo al ricordo di esso. Ma l’amore non sempre si esaurisce, molto spesso è semplicemente soffocato dalla routine e dalle preoccupazioni quotidiane. La vita in due, che va preservata come fatto privato, è simile ad una danza armonica e ben equilibrata in cui solo l’intesa e il rapporto alchemico tra i partner garantisce la giusta stabilità. Sulle note della romantica “Heaven out of hell” di Elisa, il regista utilizza una pregnante metafora e immagina l’unione coniugale come il perfetto affiatamento di una coppia di pattinatori sul ghiaccio. Il matrimonio è un terreno scivoloso e l’equilibrio precario. Il rischio di cadere è alto ma il miracolo di rimanere in piedi non è impossibile.
IDEALE PER: una riflessione sul proprio futuro
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