Aprile / Maggio 2005
Anno VI n. 4
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Editoriale

CHI SIAMO

Dalla parte delle formiche

SALUTE
& BENESSERE

Succubi di un'abitudine

Noi cultori dell'health foods

Le vitamine dell'anima

I forzati del fitness casereccio

Letti separati, rinasce l'amore

Forno a legna con le ore contate

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Notizie e curiosità dal mondo della salute e del benessere

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Anche i sanitari hanno una loro data di nascita e un paese d'origine e, visto che ricordare eventi significativi è da sempre prerogativa umana che ci distingue dal resto del mondo animale, nel mio piccolo propongo di festeggiare l'entrata in uso di un insolito trono: il bidet.
Siamo talmente abituati a trovarlo nelle nostre stanze da bagno da non tributare il giusto onore ad un pezzo d'arredamento che ormai sa di antiquariato. Il bidet nasce agli albori del 1700 niente meno che in Francia dove i cavalieri, di ritorno da lunghe cavalcate, ristoravano le ardite membra concedendosi abluzioni rilassanti.
Anche il nome è emblematico: bidet, che nel francese del XVIII sec. significava "trottare", adesso si traduce con "pony". La sua fama è stata ben presto oscurata dall'uso che presero a farne le prostitute che, per ragioni che non richiedono spiegazione, speravano così di ridurre l'altissimo rischio di malattie veneree al tempo assai diffuse e altrettanto letali. Del resto ben altra era la considerazione che si aveva del corpo, ritenuto oggetto e strumento di peccato, più da coprire che da ostentare. E ben altro era il rapporto con l'igiene personale quasi del tutto ignorata anche tra i nobili, che, al quotidiano uso del bagno, preferivano il semplice cambio di abiti, la cosiddetta "pulitura a secco", come se una camicia fresca di bucato potesse ripristinare la pulizia dell'indossatore.
Nel 1750 si passò ad un modello che più si avvicina al nostro che consentiva di aprire il getto dell'acqua regolandone la somministrazione, pur restando un oggetto inviso ai benpensanti che continuarono a ripudiarlo come simbolo delle donne di malaffare. Tutt'oggi, pur essendo evoluto il costume, sono solo gli spagnoli ad includerlo nel regolare arredo del bagno. Il 47% dei francesi ne autorizza l'installazione senza sentirsi vincolato ad usarlo, 13 inglesi su 100 lo inserisce nella toilette di casa e solo il 6% dei tedeschi dichiara di possederne uno, ma di usarlo per pediluvi o per il lavaggio di piccola biancheria.
E quando si chiede loro in che modo risolvano il "problema igiene", la risposta è molto più candida della soluzione: la doccia a fine giornata. Molto meglio la loro sincerità che l'ipocrisia di tanti americani che, pur di apparirne dotati, lo ospitano in casa come un simulacro di culture lontane nel tempo e nello spazio o lo sostituiscono con una bizzarra cannula situata a pochi centimetri dal WC (Water closet) con rubinetto per interventi molto localizzati.
La naturalezza con cui nel mondo si nega la necessità del bidet fa venire qualche dubbio sulla frequenza d'uso anche di molti nostri connazionali, ma, almeno sulla carta, i casi anomali rientrerebbero in una carenza fisiologica. Certamente il bidet segna la distinzione tra bagno di casa e toilette pubblica: non c'è ufficio, né altro spazio condiviso da estranei occasionali che adotti questo sanitario. Neanche nelle palestre, che pur ospitano una serie innumerevole di docce, è previsto l'inserimento del bidet per via dell'intimità del rito che vi si consuma. In Giappone, dove la pulizia della propria persona ha assunto una nuance di fobia, si è optato per un sanitario unico multi-fuzione che non si può liquidare come il risultato dell'innata tendenza dei nipponici a imitare tutte le novità all'insegna dell'efficienza e dell'ottimizzazione degli spazi. A questo WC all'avanguardia non manca nemmeno la parola: per rispettare la privacy dell'utente, il sanitario è dotato di un dispositivo che simula il rumore dello scarico onde coprire rumori di ogni tipo evitando di sciupare acqua. Pur essendo situato in una stanza a misura di giapponese, quindi un po' stretta per un europeo medio, è perfettamente climatizzato, persino la tavoletta garantisce un tiepido conforto; è perfettamente illuminato, forse anche troppo visto che la luce è puntata sul protagonista della scena come un occhio di bue in teatro; e, quel che più lo avvicina ad un bidet, è munito di un servizio doccia automatico. Il getto d'acqua, il cui azionamento è l'unica fatica richiesta al visitatore, può essere regolato fino a diventare un idromassaggio vero e proprio. Ciò che è sicuro è che da una toilette di Tokyio non si può uscire sporchi, e nemmeno bagnati perché alla fine dell'operazione un getto di aria calda elimina ogni traccia di umidità. In questo caso, il contatto col proprio corpo è pressoché ridotto allo zero. Sarà questo il motivo per cui, a detta di molte domestiche di hotel, i giapponesi, del tutto ignari del fai da te all'italiana, spesso confondono WC e bidet. Questione di abitudine. Resta invece un mistero la ragione per cui chi ha scoperto il bidet ha deciso di non servirsene mai, sostituendo all'impagabile sollievo dell'acqua le chimiche salviette umidificate. Per il momento continuo a pensare che la nostra "stramberia peninsulare" sia un lusso che, anche nel più confortevole dei soggiorni all'estero, fa rimpiangere le assolate terre natie.

Alessandra De Ferrà