Aprile / Maggio 2005
Anno VI n. 4
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Editoriale

CHI SIAMO

Dalla parte delle formiche

SALUTE
& BENESSERE

Succubi di un'abitudine

Noi cultori dell'health foods

Le vitamine dell'anima

I forzati del fitness casereccio

Letti separati, rinasce l'amore

Forno a legna con le ore contate

CONVERSAZIONI
INNOVATIVE

Vicini...vicini?

Se la vita comincia in soffitta

Due sconosciuti, un ascensore e poi...

Bancarelle a "tutto gratis"

AMBIENTE

Benessere a prova di bussola

La casa secondo un click

STILI DI VITA

Ikea, l'uomo che si fece da solo

Il piacere di dedicarsi del tempo

Masochismo che piacere

L'insolito trono

Il colore del guscio

VIVERE
CON SUCCESSO

Casa e bottega

Abitare bene per lavorare meglio

NEWS

Notizie e curiosità dal mondo della salute e del benessere

VITA IN POSITIVO

La firma d'oro del Processo

Arbitro, mestiere o vocazione

Ad ogni quadro la sua cornice

CINEMA

Cinema story

Supersize me

 




Alzarsi, raggiungere il posto di lavoro in 10 passi e magari lavorare sorseggiando un caffè caldo in pigiama? E’ un po’ il sogno di tutti quanti noi, ma realizzarlo non è poi così difficile. E’ questa l’opportunità che il telelavoro ci prospetta.
Migliorare la qualità della nostra vita riducendo i tempi morti degli spostamenti, le spese e lo stress di viaggio che i lavoratori pendolari conoscono fin troppo bene. Il lavoro in rete, rappresenta uno dei cambiamenti più interessanti e rivoluzionari degli ultimi tempi e prevede che l'attività professionale sia svolta indipendentemente dalla località, il che significa che può avvenire in un ufficio, una casa, un mezzo in movimento, un centro satellite, un telecentro, un'azienda virtuale o qualsiasi altro sito. Secondo ETD, European Telework Development, della Commissione Europea, i telelavoratori in Italia al 1999 sono 320.000, corrispondenti all' 1,8 % della forza lavoro. Nel 1997 erano 250.000, cioè 1,2 %.
Nonostante l'incremento, prendendo in esame 15 paesi nel mondo, l'Italia è al terzultimo posto, seguita solo dalla Grecia e dalla Spagna. Ai primi posti troviamo l'Olanda (18 %), seguita da Stati Uniti (13%) e Danimarca (11,8%). Dunque se il telelavoro è il lavoro del futuro, quando arriverà questo futuro? Non tanto presto, stando a un'inchiesta che annualmente viene fatta su 15.000 grandi imprese in otto paesi europei: solo il 23% dei manager italiani vedono grandi possibilità di cambiamento in questa direzione nei prossimi cinque anni nelle loro organizzazioni aziendali, contro il 53% in Gran Bretagna e il 34% in Germania. Certo non sono solo le grandi imprese che possono tirare la volata al telelavoro, ma il loro ruolo rimane comunque significativo.
E in effetti dal '95 a oggi sono stati firmati diversi accordi tra imprese e sindacato, ma la possibilità per un dipendente o per un neoassunto di optare per questa forma di lavoro rimane ancora piuttosto remota, perché l'organizzazione del lavoro nelle aziende non ha subito quei sostanziali cambiamenti che rendono praticabile il telelavoro. Si continua a controllare il lavoratore attraverso il tempo, e quindi la quantità, reale o presunta, di lavoro, piuttosto che attraverso il raggiungimento degli obiettivi, mettendo al centro la qualità del lavoro.
Ma analizziamo nello specifico le conseguenze delle diffusione del telelavoro: la riduzione del traffico e dell’inquinamento, anzitutto. Poi una migliore gestione degli spazi urbani e la riqualificazione delle città, i cui centri sono affollati di uffici che potrebbero utilmente lasciare il campo ad altre attività pensate per la collettività anziché per il profitto individuale. Per non parlare dell’ottimizzazione delle dimensioni spaziali delle aziende, della riduzione del costo per occupato e, infine, dell’aumento della produttività individuale che potrebbe derivare - ma non è ancora certo - dalla maggiore libertà del lavoratore.
Inoltre il telelavoro apre nuove prospettive di occupazione a quelle persone, come i portatori di deficit fisici o sensoriali, per le quali spostarsi da un luogo all’altro autonomamente non è facile. Eppure - nonostante queste percezioni condivise dai più - il telelavoro non è ancora un fenomeno di massa. E le aziende che lo sperimentano si sono a volte sentite in dovere di avvertire i propri dipendenti dei possibili rischi cui vanno incontro. Primo fra tutti il pericolo di isolamento a cui va incontro l'operatore collegato "a distanza" con la propria sede di riferimento.
Il luogo di lavoro rappresenta ormai da tempo un qualcosa che si trova "al di fuori" delle pareti domestiche, il luogo in cui ci si guadagna da vivere, dove si incontrano i colleghi, dove si definiscono i propri "rapporti di lavoro" con comportamenti ed abitudini ben definiti e un preciso ruolo sociale. Per tutti questi motivi il lavoro a domicilio, insieme ad una maggiore disponibilità di tempo libero, può rappresentare un elemento di forte squilibrio nell'ambito dei rapporti e delle abitudini familiari e nel modo di vivere e di utilizzare gli spazi dell'abitazione.
Il rischio è quello di dar luogo ad alterazioni più o meno gravi nei rapporti tra il lavoratore e la propria attività, tra l'individuo ed il proprio nucleo familiare e tra questo e l'ambiente in cui vive. Può capitare di lasciare che la propria vita privata sia invasa dal lavoro essendo raggiungibili sempre e dovunque dai capi, dai colleghi e dai clienti senza regole di orario o può essere al contrario e, visto che si è casa, l’invadenza può essere quella degli impegni familiari su quelli professionali. Infatti, il telelavoratore non potrà prendere impegni di carattere domestico o familiare durante le ore in cui è in servizio solo perchè “tanto sta a casa".

Maddalena Carlino