Asportazione di cisti ovarica luteinica in laparoscopia
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Le cisti ovariche funzionali (cisti follicolare e cisti luteinica) sono, per la loro stessa definizione, benigne e suscettibili di regressione; non esiste dunque indicazione all’intervento chirurgico a meno che la cisti ovarica sia di grandi dimensioni (dai 6,7 centimetri in su) e produca dolore, segno di possibile torsione del funicolo ovarico con rischio di necrosi dello stesso.
Nonostante queste precise indicazioni moltissime donne, anche molto giovani, vengono ogni anno sottoposte ad intervento chirurgico, tradizionale (laparotomia) od endoscopico (laparoscopia), per asportare una cisti ovarica follicolare od una cisti ovarica luteinica senza che vi sia una reale necessità.
Per la nostra esperienza, prima di proporre l’intervento chirurgico consigliamo una terapia medica ovariostatica che, mettendo a riposo le ovaie, è in grado, nella maggior parte dei casi, di far regredire una cisti ovarica funzionale (benigna).
Tra gli ovariostatici preferiamo per la loro azione specifica gli analoghi del Gn-RH.
La regressione della cisti ovarica a seguito di terapia ovariostatica con analoghi del Gn-RH realizza una diagnosi ex iuvantibus (da ciò che giova) confermando la natura funzionale e dunque benigna della tumefazione. Viceversa se dopo terapia ovariostatica la cisti ovarica non è scomparsa vi è un fondato sospetto che possa trattarsi di neofornazione organica (dermoide, endometriosica, etc.) per la quale l’intervento chirurgico è senz’altro indicato.
IL CASO:
Nel filmato viene mostrata l’enucleazione di una cisti ovarica luteinica per via laparoscopica. Le grandi dimensioni (cm.9) e la presenza di dolore spontaneo ed alla palpazione hanno indotto la paziente (nullipara di 32 anni) ed il ginecologo a decidere per la terapia chirurgica. Durante l’intervento la cisti si rompe determinando la fuoriuscita del caratteristico liquido giallo-citrino (luteum = giallo, da cui cisti luteinica).
L’asportazione della cisti viene completata per stripping (letteralmente strappamento); l’intervento si conclude con l’emostasi, per elettrocoagulazione, della porzione di parenchima ovarico in cui era alloggiata la tumefazione.