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Le terapie farmacologiche
 

Il capitolo sui farmaci in psichiatria è uno dei più controversi dell'ultimo secolo, tenuto conto del fatto che solo dalla fine degli anni Sessanta, meno di quarant'anni, che la terapia farmacologica si è affermata.

Dopo gli anni di Freud e della psicologia, dopo lo sforzo successivo alle grandi guerre del secolo fatto per capire, perdonare, tollerare e crescere, sono comparsi gli ansiolitici e gli antidepressivi. Un'epopea, una conquista casuale ma titanica, che ha permesso agli uomini di avere strumenti razionali per limitare gli effetti della sofferenza.

Ma è nel contempo nata la sensazione che curare senza un apparente sforzo di capire fino in fondo fosse una cosa ingiusta, che non era ammissibile per le società che si basavano sul modello di Sisifo poter guarire senza soffrire. Ed allora cominciano le guerre ai farmaci, le lotte senza quartiere al sovraconsumo degli ansiolitici e degli antidepressivi, quasi che non fosse accettabile un modello anche biologico, e non solo psicologico, ai disturbi d'ansia.

Ma gli ultimi dieci anni del secolo hanno segnato una serie di evidenze scientifiche che consentono di giustificare agli psichiatri le terapie farmacologiche senza sentirsi conservatori o addirittura reazionari. Le scoperte scientifiche hanno infatti permesso di sviluppare nuove categorie di farmaci, con effetti collaterali assai inferiori e molto più specifiche. Inoltre hanno permesso di confermare come, ad esempio, somministrare i cosiddetti antidepressivi nelle forme d'ansia sia assolutamente motivato, perché questo uso trae motivo dalle anomalie di alcuni neurotrasmettitori cerebrali quali la serotonina.

Alle benzodiazepine, gli ansiolitici per eccellenza, sono andati quindi sostituendosi progressivamente altre medicine capaci di modificare completamente gli effetti dei disturbi di ansia, consentendo a coloro che ne hanno bisogno di sentirsi finalmente capaci di gestire una vita di ottima qualità oltre che di ottima stabilità.

Le benzodiazepine sono i farmaci ansiolitici usati nel mondo intero in modo tale da risultare quasi preoccupanti per il consumo e per la diffusione. Apparentemente tutte uguali, si differenziano per il tempo loro necessario ad iniziare la loro azione sul cervello e per la permanenza all'interno dell'organismo. Sarà quindi possibile sceglierle in relazione alle necessità del paziente ed alle opportunità caso per caso. Quelle con attività più prolungata hanno ovviamente un intervento più morbido e più lungo, mentre quelle intermedie si collocano a metà tra rapidità e durata. Le più brevi miglioreranno il tempo dell'intervento, ma saranno più rapide come tempo totale di permanenza.

Possono essere usate per tutti i disturbi d'ansia ed anche per i disturbi del sonno, ma sono poco specifiche, per cui la loro utilizzazione vale soprattutto per il disturbo di ansia generalizzata e per alcune forme di insonnia. Data la tendenza a presentare sintomi simili a quelli del disturbo curato allorché vengano smesse improvvisamente dopo uso prolungato, è utile evitare una terapia troppo lunga senza controllo. Non causano alcuna dipendenza, contrariamente ad alcune valutazioni superficiali ed ingiustificate, ma non sono la categoria di farmaci risolutiva nelle forme di ansia diversa da quella generalizzata.

Gli antidepressivi sono farmaci attivi sui sintomi della depressione, ma, dato il meccanismo di azione, capaci anche di fornire un validissimo supporto sia nel disturbi da attacchi di panico, che nel disturbo ossessivo-compulsivo sia anche nel disturbo post-traumatico da stress. Per molti anni gli antidepressivi venivano associati alla paura della presenza di sintomi gravissimi, come il rischio di suicidio, rappresentando quindi il vero timore della malattia mentale. Gli effetti collaterali, la paura di "dipendere" dai farmaci, il timore di non giungere mai a "conoscere le cause", insieme con la scarsa competenza hanno contribuito a fare degli antidepressivi un capitolo della farmacologia mai concretamente definito.

Dall'inizio dell'ultimo decennio del secolo invece sono apparsi farmaci più specifici, praticamente privi di effetti collaterali e capaci di rappresentare una vera svolta nel trattamento e nella prevenzione dei vari disturbi d'ansia. L'uso e l'esperienza coi cosiddetti SSRI, cioè molecole attive selettivamente sulla disponibilità della serotonina a livello cerebrale ha permesso di ottenere brillanti risposte cliniche nella terapia del disturbo da attacchi di panico, della agorafobia, del disturbo ossessivo compulsivo e del disturbo post-traumatico da stress. È ormai dimostrato che solo l'esperienza e la competenza permettono di prevedere un percorso clinico nella cura di questi disturbi, ottenendo il più delle volte, con il supporto delle tecniche psicoterapeutiche, un miglioramento spesso drammatico di questi disturbi.

Ma rimangono ancora aperti antichi dualismi, in cui la paura di assumere farmaci, il timore di non potersene liberare più e la preoccupazione di non "giungere a capire le cause" rendono molte persone poco disponibili o addirittura apertamente avverse alla farmacoterapia dei disturbi d'ansia. Questa filosofia riduttiva necessita quindi di una continua revisione, che si basi sui fatti ed aiuti anche i più scettici ad accettare l'esistenza di un modo nuovo, pratico ed efficace, oltre che scientificamente provato, per migliorare la qualità di vita degli ansiosi.

 


by Spider Leader

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