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Inchieste

La storia
Firenze, quattro novembre 1966

Non sono in pochi a sostenere che una pioggia violenta e prolungata come quella che avvenne allora provocherebbe gli stessi danni, se non maggiori, dell'alluvione che colpì Firenze nel 1966, ancora oggi ricordata come uno degli eventi più disastrosi della storia del nostro Paese. Nelle immagini di Franco Zeffirelli (la voce narrante è di Richard Burton) i danni dell'alluvione e il lavoro dei giovani volontari durante la ricostruzione.

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Strade di Firenze allagate dalle acque durante l'alluvione del 1966
Contributo multimediale audio-video
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L'acqua si è ritirata lentamente, lasciando Firenze sepolta da fango, nafta, masserizie e disperazione. I fiorentini ancora non si rendono conto di quello che è successo, sono allibiti, trasognati, tutto ai loro occhi pare impossibile. Purtroppo è vera realtà e non possiamo perdere tempo: Firenze deve rinascere. Gli aiuti sono subito arrivati: militari, volontari e i fiorentini stessi hanno cominciato a spalare il fango, distribuire viveri e salvare le opere d'arte; sì perché anche i monumenti, le opere d'arte fra cui i quadri della Galleria degli Uffizi e i manoscritti della Biblioteca Nazionale. I primi a rispondere all'appello sono stati i giovani, (stranieri e italiani) come chiamano oggi la gioventù bruciata, e rinunciando a ogni comodità moderna, con pieno spirito di sacrificio hanno vissuto per moltissimi giorni e settimane in mezzo al fango per salvare quello che era perduto.

È il 4 novembre 1966 quando inizia la vicenda raccontata da Fiammetta, una bambina fiorentina di dieci anni, testimone della storica alluvione dell'Arno.

Così come testimone fu il mondo di un disastro che colpiva una delle più amate tra le città d'arte.

Dopo due giorni di pioggia intensa, in poche ore le acque del fiume salgono di sei metri. Mentre gli orafi di Ponte Vecchio cercano di salvare precipitosamente i loro preziosi, l'Arno straripa alle 5,30, rompendo gli argini in diversi punti e invadendo la città, le strade e le piazze medievali. Poi sale sempre più su, fino ai primi piani delle case travolgendo la gente, l'arte, la storia. Quasi tutti i musei sono allagati, l'acqua entra a Palazzo Vecchio, in Piazza del Duomo, nel Battistero: la Porta del Paradiso, capolavoro di Lorenzo Ghiberti, perde alcune formelle. Il Crocefisso dipinto da Cimabue subisce gravissimi danni, diventando uno dei simboli della tragedia. Manca il pane, mancano i viveri, manca l'energia elettrica. Come afferma il sindaco Bargellini, "in un giorno Firenze ha subito più danni che in tutta la guerra".

Mentre la solidarietà internazionale inizia la mobilitazione, il 6 novembre l'Arno abbandona Firenze. Una targa posta in Via dei Neri ricorda il punto più alto raggiunto dall'ondata di piena: 4 metri e 92 centimetri. Settanta centimetri in più del livello toccato nel 1333, precedente evento record. È lunga infatti la storia delle alluvioni fiorentine. Anche nel 1269, per esempio, Firenze rimase per tre quarti allagata, così come nel 1547. Li monti sono disfacti dalle piogge e dalli fiumi, annotava già nel 1500 Leonardo da Vinci, mentre un secolo più tardi Agostino Viviani, allievo di Galilei, indicava nel disboscamento una delle principali cause delle piene dell'Arno. In quell'epoca i boschi che in età preistorica coprivano quasi tutta la penisola erano ridotti alla metà. Oggi, a più di trent'anni di distanza dall'alluvione di Firenze, sono molti gli esperti che sostengono che una pioggia violenta e prolungata come quella che avvenne allora provocherebbe gli stessi danni, se non maggiori: una grande parte del territorio che nel 1966 era coltivato adesso non lo è più perché molte aree coltivate sono state abbandonate, altri boschi distrutti dagli incendi e molte abitazioni costruite in prossimità dei fiumi.

(12 marzo 2001)


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