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ANGELA SCARPARO, candidata al Comune di Roma (per Veltroni sindaco) ed al Primo Municipio (con Lobefaro presidente) nella lista Romarcobaleno - 18 maggio 2006


PERSONALE

Quali le ragioni alla base della scelta di fare politica?

Ma guardi, io credo che la politica come poche altre cose al mondo mi sia caduta letteralmente addosso. Credo si tratti di una cosa generazionale. Non credo sia una cosa solo mia, questa. Avevo otto anni nel ‘68. Le storie che mi colpivano di più durante l’infanzia erano quelle che sentivo, di nascosto, raccontare da mamma e papà alle amiche e ai parenti. Storie di ragazzi e ragazze che andavano per strada a fare la rivoluzione. Che credevano nel libero amore. Che facevano i figli fuori del matrimonio. Queste storie, questa mitologia, deve avermi influenzata. Subisco il fascino della piazza, delle manifestazioni, dei convegni, dei dibattiti, dello studio. Adoro l’emozione che provo prima di intervenire in una discussione, in un confronto. Per l’amore per esempio non è mai stato così per me. E anche per i figli. Lì, per esempio, mi pare di aver scelto. Almeno, ho sempre avuto questa impressione. Ma per la politica no. Mi deprimo se non c’è nella mia vita un punto di riferimento – anche fisico – dove so di potermi riunire con altre e altri. Lo devo fare per forza.

Quali gli obiettivi, anche di genere, che si prefigge?
Non dirò delle cose originali. Mi piacerebbe copiare quello che stanno facendo le donne e gli uomini che amministrano la Spagna, in questo momento, nel loro paese. Oltretutto mi chiamo Scarparo, che in spagnolo si dice Zapatero, da zapatos, scarpe! Mi piacerebbe che si affermasse un’idea meno cattolica dell’esistenza. E quindi, più rappresentanza femminile. Più possibilità concrete per le donne di decidere, non solo della propria esistenza – che già sarebbe qualcosa! – ma della politica del proprio paese, della propria città. E ancora, la possibilità concreta – e quindi anche giuridica - di praticare rapporti familiari diversi, alternativi a quelli tradizionali. Un’idea della felicità più legata alla vita terrena che all’aldilà, un’ idea di vita fondata il più possibile sul piacere, e il meno possibile sul senso di colpa. Il reddito di cittadinanza sarebbe un altro dei miei obiettivi preferiti, uno di quelli che mi prefiggo da quando ero ragazza. L’idea di avere diritto a uno stipendio solo perché abiti in un determinato paese mi sembra qualcosa di, diciamo, utile? Per non dire straordinario.

Quale il tema che sente più vicino e che desidera promuovere?
Bene. Visto che è la parte dell’intervista che riguarda il personale farò un altro piccolo esempio che riguarda la mia infanzia. Quando ero piccola mi piaceva tanto il gioco del Lego. Non tanto costruire. Quello lo lasciavo fare a mio fratello. Soprattutto mi piaceva una piattaforma, che rappresentava un po’un quartiere su cui bisognava sistemare: gli uffici, il benzinaio, le case, la biblioteca, il cinema, i prati. Ecco, io credo che ognuno di noi abbia diritto almeno una volta nella vita, per un periodo almeno che ne so…di un anno, a sperimentare un tipo di vita fondato su uno spazio così. Voglio dire, se hai il posto di lavoro a 20 km da casa che te la fanno a fare la biblioteca a due passi? Tanto non ci puoi mai andare. Il sabato e la domenica è pure chiusa la biblioteca. Che ce l’hai fare, soprattutto una casa, se è solo il posto dove farti la doccia, cambiarti le mutande, e sgridare i tuoi figli perché sei giustamente isterica? Per farla breve. L’abitabilità – il fatto di avere una cada decente, in un posto decente, e di poterla vivere decentemente - è un tema che sento vicino. Non saprei dire quanto dipenda dal fatto che sono 25 anni che non ho stabilità abitativa, si può dire? Conto ben due equo canoni e uno sfratto recente. Le considero le mie medaglie al valore nella lotta per un abitare migliore.

TEMPI DI VITA, TEMPI DI LAVORO

In una città come la nostra, quali ravvisa essere per le donne le principali criticità nella conciliazione tra vita personale ed esigenze di lavoro? Quali le proposte per superarle?
Sicuramente la grande distanza dei posti di lavoro da casa e il malfunzionamento dei servizi pubblici. Le proposte per superare queste criticità sono semplici e difficili contemporaneamente. Bisognerebbe attuare il decentramento dei municipi, bisognerebbe favorire la partecipazione. Le donne dovrebbero istituire delle assemblee di quartiere, di zona e dovrebbero parteciparvi. Perché nessuno meglio delle donne sa quali siano le loro reali esigenze. La giunta Veltroni, come già quella Rutelli si dice impegnata in questo senso, sia per quanto riguarda il decentramento che la partecipazione. Per adesso l’ho vista un po’ dura. Ma speriamo. Sarebbe un reale dar corso a un processo di democratizzazione del paese, come si dice.

RAPPRESENTANZA e PARI OPPORTUNITA’

Le recentissime nomine governative rimandano l’indicazione che il femminile in Italia è -ed ancora rimane- una realtà “senza voce”. Quali riflessioni occorre portare nel mondo della politica, e quali azioni concrete, per non riprodurre a livello locale la situazione nazionale?
Io credo si debba uscire dalla mentalità - praticata per molti anni da qualche madre nobile del pensiero delle donne – che i cambiamenti siano efficaci e importanti solo quando si realizzino a livello culturale, simbolico. Vede, questo porta a restringere il nostro capo di azione. Questo ci porta a una sorta di auto isolamento che io per carattere e per percorso politico non condivido. Io credo si debba lottare perché assieme alla cultura che una legge porta con sé, siano riconfermate (o riviste in parte) le norme che a noi stanno bene (come la 194 per esempio), o siano cambiate del tutto leggi che a noi non piacciono (penso alla 40), così come credo si debba prendere l’abitudine di pensarne di nuove, davanti a nuove realtà, nuove situazioni sociale, esistenziali, politiche, di leggi . Credo che il diritto sia una parte della cultura di un paese, una parte fondamentale, almeno quanto il pensiero filosofico o scientifico. E per quanto riguarda le azioni pratiche, concrete che bisognerebbe fare per non riprodurre in piccolo la situazione nazionale gliel’ho detto. Io adoro la piazza. Bisogna manifestare. Non bisogna vergognarsi di dipingersi la faccia e di andare davanti ai palazzi dove la politica viene amministrata. Ah, e naturalmente bisogna lasciar perdere – cosa che gli uomini di questo governo di centro sinistra non fanno – l’idea che i cattolici ci portino voti. I voti che ci vengono dai cattolici sono quelli di persone con un forte senso civico, che incidentalmente, sono anche cattoliche. Ho fiducia di credere che queste persone siano abbastanza responsabili da comprendere un discorso serio sulla laicità.

Nella sua lista si è tenuto conto dell’ottica di genere? E che tasso di rappresentanza femminile è stato raggiunto?
Altre donne e io abbiano instillato nei compagni, gocce di un forte sentimento di vergogna – almeno ci abbiamo provato! – tutte le volte che in una lista, o anche semplicemente a un incontro, il numero delle donne non ci sembrava sufficiente. Direi che il metodo ha funzionato! Sì, a parte gli scherzi, ci sono moltissime donne non solo nelle liste, ma anche durante gli incontri e le manifestazioni, ce ne sono sempre state parecchie. E, cosa importante, molte di loro sono giovani e con un forte grado di consapevolezza politica. Ci sono anche molte persone immigrate (quelle che hanno la possibilità di essere elette, chiaro!). Dare la possibilità di votare e di essere letti ai migranti e alle migranti - a persone che peraltro pagano pure le tasse e che vivono da tanti anni nel nostro paese – credo sia doveroso.

VIOLENZA

I dati -e le cronache- sulla violenza sessuale, indicano un fenomeno in escalation vertiginosa. E’ possibile la prevenzione? Quali le politiche e le risorse da attivare?
La violenza non va mai compresa. Un uomo che esercita la violenza sessuale sarà violento anche coi figli, con il cane, coi colleghi e coi vicini di casa. Un uomo violento non è un uomo normale. La violenza non va mai giustificata. Va affrontata. La violenza giustificata può solo peggiorare. Mi dispiace dover sottolineare, ancora, quanto la mentalità cattolica giustifichi in realtà certe pratiche maschili. Ma il discorso è lungo. Teniamoci ai fatti. Una donna non deve illudersi di potere di cambiare da sola, la pratica di un uomo violento. E’ impossibile. Sono cose che succedono solo nelle favole. Una donna non deve andare da sola ad appuntamenti con un ex marito, con un fidanzato violento. Un uomo violento va evitato. Se ci si rende conto tardi di questo, l’uomo violento va denunciato. Così come vanno denunciate le forme più sottili di violenza, che sono le molestie sessuali. Guardi, io ho fiducia nel diritto: non vedo cosa ci sia di male nel rendere pubblico e nel sottoporre a un terzo – quello che è il giudice o la giudice, in realtà – una questione che riguardi il proprio corpo. Se lo si fa per questioni che riguardano una casa o del denaro non vedo perché non si debba prendere l’abitudine di farlo per ciò che riguarda il proprio corpo. Vedo troppo moralismo in giro. E’ come se si avesse paura di parlarne del proprio corpo, di quello che ci succede, di quello che ci è successo. Si considera più serio, più elegante, forse anche più romantico il fatto di subire una molestia (‘ma stava scherzando!’ ho sentito dire tante volte) o una violenza (‘mi picchia perché è innamorato!’ dicono altre). Per la prevenzione? Metterei su un comitato di donne a controllare le cose che passano per televisione. Altro che Moige! Ogni volta che in una fiction o in un programma una donna dice le frasi che ho appena detto, dopo aver subito violenza, gliela farei riscrivere la sceneggiatura.

CONSULTORI

Emerge l’esigenza di rendere compiuta la legge che prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti e garantire la piena operatività di quelli già esistenti. Come mantenere viva ed alta l’attenzione?
Il consultorio per me, è stato e sarà sempre innanzitutto un luogo dove si fa cultura. Inutile dire che io li adoro. Ho capito bene di cosa stiamo parlando, non li scambio con le biblioteche. Il modo di parlare di sessualità che hanno le ginecologhe dei consultori, la pratica che molte di loro esercitano è qualcosa che esula dalla sfera medica. La mia generazione – mi riferisco solo alle donne - ha imparato a occuparsi di sé anche attraverso i consultori. Dovremmo parlarne di più. Vergognarci di meno di parlarne, anzi. Rivendicarli come luoghi culturali.

Quali gli argomenti per responsabilizzare le amministrazioni locali al reperimento ed allo stanziamento dei fondi?
A nessuno verrebbe in mente, si spera, di chiudere una biblioteca. Non capisco perché si debba, si possa pensare di farlo coi consultori.

IMMIGRAZIONE

Immigrazione ed integrazione: un binomio possibile?
Non solo possibile, necessario. Nella lista Romarcobaleno nella quale sono candidata ci sono molte e molti - quasi tutte e tutti appartenenti ad Action – che si battono da anni per l’integrazione degli immigrati. Sono stati aperti degli sportelli a Roma, grazie al loro lavoro. Ho partecipato da sfrattata (si ricorda, l’ultimo sfratto di cui parlavo prima?) a molte iniziative in cui si manifesta alle pari con le immigrate e gli immigrati. Lo dico perché è una cosa non ancora così diffusa nel senso comune. Sono diventata amica di molte donne immigrate. E anche questo forse nel senso comune non è così diffuso. E’ bello quando si esce dai luoghi comuni, in generale. Sono sempre delle piccole vittorie. E’ per questo – anche – che sono contenta di essere candidata nella lista Romarcobaleno. E’ per questo che secondo me, nella Lista Romarcobaleno ci sono molte donne e uomini che costituiscono per Roma una ricchezza profonda. Speriamo di vincere, e di portare a casa almeno un candidato.

visita il sito ufficiale della lista Romarcobaleno.