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IMMIGRAZIONE


Sono 2 milioni e ottocentomila i/le migranti regolari in Italia
. Un milione in più rispetto al 2000. La repentina e costante crescita del fenomeno ha posto al centro del dibattito una serie di riflessioni non ancora, o solo parzialmente, affrontate dai Governi che si sono succeduti in questi anni. Sebbene non si intenda sottovalutare in questa sede il fatto che l'Italia abbia conosciuto il fenomeno dell'immigrazione in tempi piuttosto recenti rispetto ad altri Paesi europei, sembra essere giunto il momento di fornire risposte politiche concrete sui temi della cittadinanza e dell'integrazione.

In uno spazio come questo riservato alle voci delle donne impegnate nella res pubblica, il tema dell'immigrazione e in particolare di quella femminile necessita di una profonda riflessione. Si pensi che il numero di donne migranti cresce gradualmente ogni anno a partire dal 1998. Il 60% è coniugata   mentre circa il 13% convive. Il dato rilevante riguarda la nazionalità del partner che, nella quasi totalità dei casi, è italiana. Dunque, in controtendenza a quanto accadeva nei decenni scorsi, si denota la volontà delle migranti di permanere nel cosiddetto Paese di accoglienza. Un dato che ribadisce la necessità di proficue politiche di integrazione. Si consideri anche che il 15% sono laureate, il 39% diplomate. Come è emerso da molti studi, la posizione professionale delle migranti non è in linea con il loro percorso scolastico: la maggior parte lavorano come operaie, domestiche, addette all'assistenza o alle pulizie, mentre il 13% svolge lavori non regolari.

Se il diritto alla casa, ad un lavoro adeguato e al voto costituiscono il fulcro del più ampio diritto di cittadinanza, la politica deve interrogarsi sulle modalità di garanzia di tale diritto .

La legge 189 , denominata comunemente "Bossi- Fini", non ha fornito nessuna risposta al quesito della cittadinanza. Una legge contestabile su tutti i fronti a partire dal suo stesso impianto ideologico: regolare i flussi dei/delle migranti a seconda dei contratti di lavoro disponibili in Italia ci sembra un'operazione lesiva della dignità umana: considerare un uomo   o una donna come l'incarnazione della forza - lavoro e non come un/a cittadino/a ci allontana dall'idea da noi auspicata del diritto alla cittadinanza. La legge Bossi - Fini ha fallito anche sul fronte della lotta alla tratta e allo sfruttamento sessuale delle migranti: l'articolo 18 della direttiva Prodi - Finocchiaro del 1997 aveva, infatti, permesso di realizzare un percorso di inclusione sociale mediante programmi di integrazione e di assistenza, consentendo il delicato passaggio dalla vittimizzazione al diritto di cittadinanza. Questo articolo, sebbene sia rimasto nell'impianto della legge Bossi - Fini, è stato depotenziato a causa di una diversa filosofia con la quale è stata scritta la legge. A queste condizioni, si è aggravato il lavoro dei progetti di protezione sociale e si è reso più complesso aiutare le vittime della tratta, nonché il contrasto alle organizzazioni criminali.