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ABORTO


In Italia l'interruzione di gravidanza è legale ed è regolata dalla legge n.194 del 22 maggio 1978.
La donna può decidere di abortire entro i primi 90 giorni di gravidanza. Trascorso tale termine, l'interruzione della gravidanza è possibile solo se sussistono gravi motivi fisici o psichici, accertati dal medico con l'eventuale consulenza di altri specialisti. Le donne di età inferiore ai diciotto anni, per poter effettuare l'interruzione volontaria della gravidanza, devono avere l'autorizzazione di entrambi i genitori o del giudice tutelare. I medici hanno la possibilità dell'obiezione di coscienza.
La legge stabilisce l'istituzione dei consultori che, insieme alle altre strutture socio-sanitarie, oltre al garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, le possibili soluzioni agli eventuali problemi sociali, familiari o economici che la porterebbero alla interruzione della gravidanza. La legge prevede inoltre che lo Stato promuova la prevenzione dell'aborto attraverso campagne informative sulla contraccezione.
Confermata dagli elettori con una consultazione referendaria il 17 maggio 1981, la legge 194 è oggi di nuovo sotto il tiro dei settori più conservatori della politica italiana, oltre che delle gerarchie cattoliche, che non perdono occasione di far sentire la propria voce di sedicenti  'difensori della cultura della vita'.
Negli ultimi vent'anni in Italia si è osservata una costante riduzione dell'IVG, grazie a un maggiore e migliore uso dei metodi anticoncezionali, ma anche per l'attività sempre più decisiva svolta dai consultori familiari. Oggi il ricorso all'IVG non è nella maggioranza dei casi una scelta di elezione, ma una conseguenza della incapacità concreta di regolare la fecondità con altri metodi.
Secondo le stime effettuate prima della legalizzazione, gli aborti clandestini oscillavano tra i 220mila e i 600mila per anno. Negli anni immediatamente successivi all'introduzione della legge 194 si è registrato un incremento dell'incidenza del fenomeno: fino a 234 mila Ivg nel 1982. Negli anni successivi il numero di interventi è costantemente diminuito. I dati definitivi relativi al 2003 indicano in totale 132.795 interventi, con un tasso di abortività pari a 9,6 per mille. Rispetto al quadro internazionale l'Italia si colloca in una posizione intermedia. Permangono tuttavia notevoli differenze all'interno del Paese tra regioni e tra aree geografiche. Esistono certamente delle sottopopolazioni in cui il ricorso all'aborto risulta più elevato: le donne con figli, quelle con titolo di studio più basso e le casalinghe. Inoltre negli ultimi anni è aumentato moltissimo numero di interruzioni volontarie di gravidanza richiesto da donne straniere immigrate in Italia.
Accertata la gravidanza tramite l'apposito test o un'ecografia, la donna si reca all'ospedale e richiesta di Ivg: dopo questo primo passaggio alla donna saranno dati sette giorni e sette notti, che per legge devono trascorrere per evitare ogni sorta di "ripensamento" e che in verità rappresentano un vero e proprio calvario psicologico.

L'interruzione di gravidanza è praticata ricorrendo al metodo chirurgico.
Da oltre dieci anni in tutto il mondo dalla Comunità europea, negli Usa, in Canada, in Australia, nei paesi dell'Est, in India, in Cina e in quasi tutti i paesi dove l'aborto è legale, all'infuori dall'Italia, è diffusissimo l'utilizzo del mifepristone (RU 486), che agisce bloccando gli effetti del progesterone, l'ormone che permette alla gravidanza di andare avanti. Rispetto all'intervento chirurgico l'utilizzo del metodo farmaceutico riduce, e di molto, i rischi correlati a lesioni all'utero, e all'anestesia, oltre che il trauma psicologico e i costi sanitari. In Italia questo metodo non è legale: solo alcune aziende sanitarie locali lo utilizzano in forma di 'sperimentazione'.
Oltre a negare la possibilità di scelta alla donna, il tabù italiano di fatto viola la stessa legge 194, il cui articolo 15 prescrive l' "aggiornamento del personale sanitario ... sull'uso delle tecniche piu' moderne, piu' rispettose dell'integrita' fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza."


 
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ABORTO


In Italia l'interruzione di gravidanza è legale ed è regolata dalla legge n.194 del 22 maggio 1978.
La donna può decidere di abortire entro i primi 90 giorni di gravidanza. Trascorso tale termine, l'interruzione della gravidanza è possibile solo se sussistono gravi motivi fisici o psichici, accertati dal medico con l'eventuale consulenza di altri specialisti. Le donne di età inferiore ai diciotto anni, per poter effettuare l'interruzione volontaria della gravidanza, devono avere l'autorizzazione di entrambi i genitori o del giudice tutelare. I medici hanno la possibilità dell'obiezione di coscienza.
La legge stabilisce l'istituzione dei consultori che, insieme alle altre strutture socio-sanitarie, oltre al garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, le possibili soluzioni agli eventuali problemi sociali, familiari o economici che la porterebbero alla interruzione della gravidanza. La legge prevede inoltre che lo Stato promuova la prevenzione dell'aborto attraverso campagne informative sulla contraccezione.
Confermata dagli elettori con una consultazione referendaria il 17 maggio 1981, la legge 194 è oggi di nuovo sotto il tiro dei settori più conservatori della politica italiana, oltre che delle gerarchie cattoliche, che non perdono occasione di far sentire la propria voce di sedicenti  'difensori della cultura della vita'.
Negli ultimi vent'anni in Italia si è osservata una costante riduzione dell'IVG, grazie a un maggiore e migliore uso dei metodi anticoncezionali, ma anche per l'attività sempre più decisiva svolta dai consultori familiari. Oggi il ricorso all'IVG non è nella maggioranza dei casi una scelta di elezione, ma una conseguenza della incapacità concreta di regolare la fecondità con altri metodi.
Secondo le stime effettuate prima della legalizzazione, gli aborti clandestini oscillavano tra i 220mila e i 600mila per anno. Negli anni immediatamente successivi all'introduzione della legge 194 si è registrato un incremento dell'incidenza del fenomeno: fino a 234 mila Ivg nel 1982. Negli anni successivi il numero di interventi è costantemente diminuito. I dati definitivi relativi al 2003 indicano in totale 132.795 interventi, con un tasso di abortività pari a 9,6 per mille. Rispetto al quadro internazionale l'Italia si colloca in una posizione intermedia. Permangono tuttavia notevoli differenze all'interno del Paese tra regioni e tra aree geografiche. Esistono certamente delle sottopopolazioni in cui il ricorso all'aborto risulta più elevato: le donne con figli, quelle con titolo di studio più basso e le casalinghe. Inoltre negli ultimi anni è aumentato moltissimo numero di interruzioni volontarie di gravidanza richiesto da donne straniere immigrate in Italia.
Accertata la gravidanza tramite l'apposito test o un'ecografia, la donna si reca all'ospedale e richiesta di Ivg: dopo questo primo passaggio alla donna saranno dati sette giorni e sette notti, che per legge devono trascorrere per evitare ogni sorta di "ripensamento" e che in verità rappresentano un vero e proprio calvario psicologico.

L'interruzione di gravidanza è praticata ricorrendo al metodo chirurgico.
Da oltre dieci anni in tutto il mondo dalla Comunità europea, negli Usa, in Canada, in Australia, nei paesi dell'Est, in India, in Cina e in quasi tutti i paesi dove l'aborto è legale, all'infuori dall'Italia, è diffusissimo l'utilizzo del mifepristone (RU 486), che agisce bloccando gli effetti del progesterone, l'ormone che permette alla gravidanza di andare avanti. Rispetto all'intervento chirurgico l'utilizzo del metodo farmaceutico riduce, e di molto, i rischi correlati a lesioni all'utero, e all'anestesia, oltre che il trauma psicologico e i costi sanitari. In Italia questo metodo non è legale: solo alcune aziende sanitarie locali lo utilizzano in forma di 'sperimentazione'.
Oltre a negare la possibilità di scelta alla donna, il tabù italiano di fatto viola la stessa legge 194, il cui articolo 15 prescrive l' "aggiornamento del personale sanitario ... sull'uso delle tecniche piu' moderne, piu' rispettose dell'integrita' fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza."