||  home  ||  chi siamo  ||  candidate   ||  documenti  ||  appelli   ||
 
 
 
 
 

 


  
|| rappresentanza  || lavoro e diritti ||  istruzione  ||  immigrazione  ||  TV e cultura   ||  
||  violenza  ||  pari opportunitą  ||  consultori  ||  aborto  ||  procreazione  ||   famiglie e pacs  ||
 
GIOVANNA MELANDRI (Candidata alla Camera dei Deputati - Democratici di Sinistra) - 23 marzo 2006


1) RAPPRESENTANZA
In che modo è possibile garantire una presenza reale delle donne nelle istituzioni? E' necessario intervenire con misure specifiche e quali?

Le donne italiane meritano di essere rappresentate in tutti gli ambiti della vita pubblica in una percentuale che si avvicini il più possibile a quella della vita reale, visto che siamo non solo la metà del cielo ma anche all’ incirca la metà dei cittadini italiani. Fino a quando non avremo conseguito questo obiettivo non potremo dire di aver raggiunto una condizione di parità effettiva al passo con i tempi. Personalmente non ho mai apprezzato le quote, che consideravo una misura “forzosa” basata sull’idea che senza una “stampella” le donne non ce la potessero fare. Dopo dieci anni e più in Parlamento, ho cambiato idea perchè ho sperimentato quanto sia granitica l’unica vera quota oggi esistente, la quota quasi intoccabile del 90% di uomini. E oggi dunque, data la realtà dei fatti e la rigidità del sistema nel quale viviamo mi trovo a considerarle uno strumento del tutto necessario. Provvisorio, ma necessario. A maggior ragione le quote si rivelano indispensabili nella cornice disegnata dalla nuova legge elettorale proporzionale che riconsegna la rappresentanza nelle mani delle segreterie dei partiti e non permette più agli elettori di scegliere – magari, perché no, una donna- come si erano abituati a fare con il maggioritario.

2) PARI OPPORTUNITA'
Le politiche di pari opportunità possono interagire proficuamente con la politica tout court e come?

Le commissioni per le pari opportunità istituite all’interno delle aziende stanno portando ottimi risultati, ma questo non basta. Bisogna fare in modo che la legge sulle pari opportunità non rimanga una mera enunciazione di buoni principi privi di alcuna realizzazione pratica. E’ dunque necessario che il complesso dell’azione del futuro governo abbia il raggiungimento delle pari opportunità tra gli obiettivi prioritari, da conseguire attraverso provvedimenti “di sistema” e non saltuari o episodici e privi di coordinamento. Prima di tutto si dovrà cercare di intervenire per ’alleggerire’ prima di tutto la vita delle donne e oggi da sempre inchiodate dalla “doppia professione” di madri e lavoratrici, tendendo sempre presenti questi principi ogni qualvolta ci si troverà ad approvare una nuova legge o un nuovo decreto.

3)FAMIGLIE
Quali politiche familiari sono necessarie perchè le donne possano raggiungere una effettiva conciliazione di tempi di vita e di lavoro?
L’Italia fa l’en plein dei più ingloriosi record europei: ha il tasso di disoccupazione femminile più elevato, è uno dei paesi in cui si fanno meno figli ma è anche il Paese in cui più alto è il desiderio di maternità. Non è vero che se le donne lavorano poco fanno molti figli e che se restano a casa possono soddisfare maggiormente il loro desiderio di maternità. Basta vedere i dati del nord Europa per capire che non è così. Per come è costruito oggi il sistema del lavoro in Italia le donne si trovano sempre davanti allo stesso bivio: o lavorano oppure si dedicano alla famiglia ed al lavoro di cura. E' un quadro che ritrae un Paese bloccato, che ha strumenti di sostegno alla maternità inadeguati. Il centro-sinistra, per tradizione, è da sempre stato vicino alle lotte delle donne per promuovere l’emancipazione femminile. Una volta dunque, come mi auguro, al governo del Paese, dobbiamo portare avanti politiche concrete di sostegno alle famiglie rafforzando la rete di servizi pubblici: moltiplicando gli asili nido, i servizi scolastici e sostenendo l’assistenza per gli anziani. Sarà importante anche prevedere nuove norme nel lavoro che rendano possibile conciliare responsabilità genitoriali e vita lavorativa: penso all’estensione del ricorso al part-time e ai congedi parentali e ad incentivi per l’inserimento e il reinserimento al lavoro dopo il congedo per maternità. Per questo è molto importante che Romano Prodi, nel presentare il programma dell’Unione, abbia posto tra le cinque priorità di governo l’investimento nel welfare e l’istituzione di un fisco amico delle famiglie.

L'idea di famiglia si sta allargando a comprendere nuove soggettività, come riconoscerle e valorizzarle?
In Italia oggi ci sono secondo dati dell'ultimo rapporto Eurispes circa 600.000 di coppie di fatto (oltre il 3% dei circa 15 milioni di famiglie censite dall'Istat nel 2001). Ma considerato che tale dato è difficilmente censibile non ho difficoltà a dare per buone stime assai superiori. Centinaia di migliaia di persone che non hanno alcun diritto. Non hanno alcun beneficio fiscale. Se uno dei due si ammala all'altro molto spesso vengono chiuse in faccia le porte degli ospedali, non può entrare, essergli vicino, prestargli conforto. Se uno dei due muore l'altro non ha alcun diritto ereditario. E' una realtà varia, ampia che è un po' lo specchio della nostra società moderna. E' fatta da una stragrande maggioranza di coppie eterosessuali che sceglie un vincolo affettivo ma non sceglie il matrimonio. E' fatta di decine di migliaia di coppie omosessuali a cui non è dato nemmeno di poter scegliere in quanto il nostro ordinamento non riconosce alcun tipo di regolamentazione giuridica malgrado la nostra Costituzione ci ricordi all'art. 3 che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. Ma è anche fatta da persone che decidono di convivere al di fuori di un rapporto affettivo per ragioni di solidarietà o di assistenza reciproca. Dal favore indubitabile che la nostra Costituzione riconosce alla famiglia fondata sul matrimonio, che viene posta su un piano privilegiato, è dunque errato far discendere l'esclusione a priori di ogni forma di riconoscimento di diritti alle unioni non fondate su di esso. Perché a chi ricorda l’esistenza dell’art. 29 dobbiamo a nostra volta ricordare gli art. 2 e 3 della Costituzione, quelli che chiedono uguaglianza e parità di trattamento tra tutti i cittadini, indipendentemente dal loro sesso, razza o religione e tutela le “formazioni sociali” in cui essi si trovino. Insomma, la difesa, legittima, dell'istituto matrimoniale non può trasformarsi nella pretesa, che io trovo illegittima, di disconoscere i diritti altrui. Anche quelli di chi sceglie di vivere le proprie relazioni affettive al di fuori del matrimonio.

4)ISTRUZIONE/FORMAZIONE
A quale idea di formazione e istruzione si deve lavorare nel nostro paese?

Seppure tra mille resistenze ed ostacoli, le cose in Italia stanno cambiando e alcuni portoni per troppo tempo ritenuti inaccessibili si stanno finalmente aprendo alle donne di valore: penso all’alta magistratura, ai gradi più elevati della pubblica amministrazione, al mondo dell’impresa, della cultura e a quello universitario. Il problema di fondo, che differenza l’Italia da altri paesi, è che spesso in quei contesti dietro una donna ce ne sono tante altre: in Italia invece non mancano le possibili leader ma mancano le tante, manca la rete. In Italia esiste un’associazione che si chiama "Emily", di cui faccio parte, che si propone l’obiettivo di riunire donne impegnate nella politica, nell’economia e nelle professioni. Il fine dell’associazione è proprio quello di tessere i mille fili delle diverse esperienze in un’unica rete, allo scopo di favorire l’allargamento e il consolidamento della partecipazione delle donne nella società e nella politica. Le molte sedi regionali di Emily promuovono corsi di formazione nei quali noi “veterane” riversiamo nei confronti delle ragazze tutta la nostra esperienza in modo che possa essergli utile quando, presto me lo auguro, saranno un “pacchetto di mischia” sufficientemente nutrito e preparato da “sfondare” le ultime barriere. Sono molto felice che alcune delle giovani amiche di Emily di Roma abbiano deciso di affiancarmi anche in questa esperienza elettorale, dopo avermi già dato una mano nel 2003.


5) VIOLENZA
Da un punto di vista legislativo ritiene sia stato fatto abbastanza contro la violenza oppure è ancora necessario intervenire e in che modo? Cosa si può fare a livello di prevenzione?
Ho visto che anche voi sul vostro sito fate riferimento al rapporto Eurispes 2005 che certifica come negli ultimi anni il fenomeno della violenza sulle donne sia aumentato del 300%, violenze che avvengono per la maggior parte all’interno delle mura domestiche. Un dato allarmante, che ci deve spingere a prevedere pene severe contro chi usa violenza sulle donne. Ad esempio trovo scandaloso quanto previsto della legge ex-Cirielli (la legge salvaPreviti) che ha finito per estendere lo sconto di prescrizione anche ai reati di violenza su donne e minori. La legge ha diminuito infatti i tempi della prescrizione, rendendo quindi impossibile per molte donne italiane denunciare i traumi subiti da bambine. Per questo ritengo assolutamente necessario che, per i reati sessuali sui minori, il termine da cui far decorrete la prescrizione decorra dal giorno in cui la vittima raggiunge la maggiore eta’.
A livello della prevenzione occorre poi ragionare su politiche di ampio respiro, lavorando sulla formazione scolastica in modo da educare le nuove generazioni a vivere in modo sereno il rapporto con la propria sessualità e con la vita affettiva.


6) SALUTE RIPRODUTTIVA
Depotenziamento dei consultori e boicottaggio della Ru486. La salute riproduttiva delle donne non sembra sia stata una priorità di questo governo...

In questi anni il governo ha fatto di tutto per mettere in discussione la libertà di scelta delle donne: ne è un esempio eclatante la creazione a quattro settimane dalla fine della legislatura della Commissione di inchiesta sulla legge 194 sull’aborto, un’iniziativa ipocrita e avvilente. La 194 è una legge che ha funzionato, perché ha fatto diminuire in Italia il numero degli aborti, dimezzandoli. Se c’è una parte che andrebbe rafforzata e meglio applicata della 194 è quella relativa alla prevenzione, dal momento che non è stato raggiunto l’obiettivo di predisporre un consultorio ogni 20 mila abitanti. La media nazionale è infatti di 0,86 consultori. E mentre al Nord e al Centro il risultato è più o meno stato raggiunto, al sud i numeri sono di 0,64 consultori su 20 mila abitanti.
Per quanto riguarda la pillola RU486 ritengo importante che alcune regioni come il Piemonte ne abbiano attivato la sperimentazione, sperimentazione che va estesa a tutto il territorio nazionale, senza gli impedimenti e gli ostacoli che ha tentato di sollevare l’ex ministro Storace. Le donne italiane che scelgono di abortire, e che dunque si trovano in una situazione già di per sé dolorosa, hanno infatti il diritto di poter scegliere se sperimentare una terapia meno invasiva, come accade nel resto d’Europa.


7) MIGRAZIONI
Il numero delle migranti cresce ogni anno, una popolazione femminile a volte altamente specializzata che non riesce a diventare una risorsa per il nostro paese ma, al contrario, vede lesi i diritti fondamentali, compreso quello riproduttivo (l'aborto, da ultimi dati Istat, è soprattutto delle migranti)

E’ vero, un quarto degli aborti sono compiuti da donne immigrate, che abortiscono in media tre volte più delle donne italiane. Anche per questo motivo è importante investire su una rete di consultori pubblici in modo da consolidare la rete di supporto presente su tutto il territorio, istituendo programmi di educazione sessuale e di prevenzione delle gravidanze indesiderate diretti in particolar modo alle donne immigrate, rafforzando il ruolo delle ONG che promuovono forme di mediazione interculturale che servono per far conoscere ai cittadini stranieri qual è la rete di diritti e doveri che si acquisiscono quando entrano nel nostro territorio. Affinché le donne immigrate possano compiere scelte di maternità in modo più consapevole e informato.

8) LAVORO
Donne e lavoro, un binomio da sostenere con quali strumenti...

In Italia sono ancora poche le donne che lavorano rispetto agli altri paesi europei e pochissime quelle che arrivano ai posti di comando. Inoltre a parità di competenze e di ruolo ricoperto le donne percepiscono stipendi inferiori ai loro colleghi uomini. I dati pubblicati in questi giorni dall’Istat parlano chiaro e descrivono un Paese in cui l’occupazione femminile non viene incoraggiata a sufficienza. Soprattutto al Sud l’occupazione femminile è in calo (-1,4% rispetto all’ anno precedente), e il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 20% per le donne. C’è un unico dato in aumento di cui non andare certo fieri, che è la crescita del lavoro precario, lavoro che non consente alle donne di costruirsi una prospettiva serena di vita futura. Inoltre, dato ancora più grave, diminuiscono al Sud le donne meridionale attive. Nel 2005 ci sono state al sud 80.000 donne in meno sul mercato del lavoro (metà di queste ha perduto il lavoro e l’altra metà ha rinunciato a registrarsi tra le persone in cerca di un’occupazione). Tutti dati che indicano una forte perdita di fiducia delle donne meridionali nella possibilità di trovare un lavoro. Il centrosinistra deve impegnarsi a fondo su questi temi, attraverso provvedimenti che rendano meno lacerante la scelta tra occupazione e famiglia ed evitando che le vittime della flessibilità e della precarizzazione siano proprio le donne.

visita il sito ufficiale di Giovanna Melandri