timone Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione nell'internet


Numero 79 – 23 gennaio 2007

 

 
Consiglio a chi legge abitualmente
il Mercante in Rete
di tener d’occhio la segnalazione delle

novità
per verificare se c’è qualcos’altro
che possa trovare interessante.
 

 

Le prime due parti di questo numero
sono disponibili anche in pdf

 


loghino.gif (1071 byte) 1. Il valore del testo scritto


Sembra di vivere in un mondo dominato dalla comunicazione “audiovisiva”. Ma non è vero (anche se l’Italia soffre di una cronica debolezza in fatto di lettura, che è un sintomo e una causa di arretratezza culturale – vedi la quarta parte di questo numero). La capacità di leggere e scrivere ha un ruolo fondamentale nello sviluppo delle culture umane, oggi come cinquemila anni fa.

Mi scuso per una parentesi personale, ma è evidente che sono influenzato da fatti soggettivi. Sono un inguaribile bibliofilo, mi piace leggere e scrivere, sarebbe per me un’insopportabile privazione non avere quelle montagne di libri, giornali e riviste in cui rischio continuamente di sprofondare – oltre a tutto ciò che ogni giorno leggo in rete. Uso l’e-mail da quindici anni, ma non ho rinunciato alla corrispondenza “cartacea” con busta e francobollo (e, visto l’intasamento delle poste, l’abitudine sembra ancora abbastanza diffusa).

Tutto ciò non significa, naturalmente, che si possano trascurare o sottovalutare altre forme di comunicazione. Ho sempre dedicato molta attenzione – per piacere personale, per studio, per lavoro – a ogni genere di forma espressiva, dalle arti visive alla musica, al teatro, al cinema, eccetera (anche la televisione – nei casi, oggi rari, in cui è ben fatta e interessante).

Comunque cerco sempre di evitare che le mie preferenze personali prevalgano su un esame, il più possibile attento, di tutto ciò che riguarda il resto dell’umanità – dalle persone più vicine, che conosco personalmente, a quelle più remote di cui cerco di capire, con ogni possibile risorsa di informazione, dialogo e approfondimento, le idee, la cultura, le tendenze e i comportamenti.

Per fortuna abbiamo una gamma estesa di strumenti e di modi di esprimerci. Ovviamente la parola scritta non ha mai sostituito la lingua parlata. Anche chi non sa disegnare comunica in modo visivo, per gesti, espressioni, atteggiamenti. Anche chi non sa cantare o suonare uno strumento musicale capisce e si esprime per toni, ritmi e intonazioni. Ogni modo di comunicare, o di informarsi, ha un suo ruolo indispensabile nell’insieme.

Ma la parola scritta, che nella seconda metà del ventesimo secolo sembrava in progressiva decadenza, oggi ha un ruolo ancora più importante di quello che ha avuto fin dai tempi dei primi geroglifici o caratteri cuneiformi. Non solo per il fatto che (nonostante le carenze ancora molto diffuse) l’analfabetismo continua a diminuire in tutto il mondo.

L’occasione per ritornare su questo argomento mi è offerta da un interessante articolo di un autore che avevo già citato altre volte – fin da quando, più di dieci anni fa, avevo cominciato a leggere le sue brillanti osservazioni sullo sviluppo della rete e dei “nuovi sistemi” di comunicazione. Gerry McGovern l’ha pubblicato l’8 gennaio 2007 con il titolo The Web at 15.

Le “ricorrenze” o “date di origine” sono spesso discutibili. Si potrebbe affermare che il sistema web esiste da 18 anni – o che ha cominciato ad avere larga diffusione 12 anni fa. Ed è anche un fatto che l’internet esiste da più di 25 anni (vedi cronologia). Ma tre o dieci anni di differenza non cambiano il significato del ragionamento.

Gerry McGovern parla di “rivoluzione testuale” – e osserva che «mai prima d’ora così tante persone avevano scritto così tanto».

«Se quindici anni fa un giornalista vi avesse chiesto di predire che cosa sarebbe successo nel 2007, che cosa avreste detto? Gli avreste spiegato che milioni di giovani avrebbero usato con disinvoltura una specie di stenografia (sms) e che milioni di persone si sarebbero messe a tenere un diario (blog)?»

È vero che nessuno di noi poteva essere in grado, quindici anni fa, di immaginare una così enorme diffusione di short message con i telefoni cellulari o una moda esagerata come quella dei blog (vedi Blogologia). Ma era chiaro già allora che con l’internet c’era un forte ritorno al predominio della “parola scritta”. Oggi alcuni pensano che, con la grande diffusione della musica in rete e con una crescente presenza di immagini e video, la situazione si stia di nuovo rovesciando. Ma non è così.

«Guardiamo al futuro – osserva Gerry McGovern – e ci aspettiamo cose fantastiche. Non ci aspettiamo che il futuro ci possa riportare al passato. Ci aspettiamo che la tecnologia in grado di cambiarci la vita sarà radicale e totalmente innovativa».

Si tratta di un fatto fondamentale nello sviluppo delle tecnologie, come in generale di ogni innovazione. Non è vero che la soluzione migliore sia sempre la più “nuova”.

L’esplorazione scientifica deve essere libera di percorrere tutte le vie del possibile, indipendentemente da ogni verifica sulla loro utilità. Lo sviluppo tecnico, invece, deve basarsi sull’efficienza pratica.

Non sempre le applicazioni “nuove” sono le migliori. Spesso sono più valide quelle già sperimentate. E quasi sempre le soluzioni più valide sono un’intelligente combinazione di nuove scoperte e di antiche, verificate esperienze. La vera genialità sta nel trovare le soluzioni più semplici, e perciò meno fragili, capaci di essere concretamente efficienti.

Ma ritorniamo alla rete e al valore del testo. «La rete – continua McGovern – è una cosa basilare, fondata su standard semplici e condivisi. Quindici anni di web sono quindici anni di esplosione del testo. La parola scritta non ha mai avuto un ruolo così fondamentale nel nostro modo di vivere, lavorare e divertirci. La rete si evolve, certo, ma la sua base è la parola scritta».

«L’era del video è arrivata in rete. La crescita di YouTube è fenomenale. Ma come possiamo orientarci in YouTube senza parole? Come facciamo a cercare ciò che vogliamo senza usare le parole? Come possiamo decidere quale video vogliamo senza leggerne una descrizione?».

La parola scritta, ovviamente, è la chiave di volta di ogni motore di ricerca, come di ogni altra esplorazione in rete. Non solo questo è lo strumento fondamentale per tutti noi, ma è così anche quando si tratta di soldi.

Dice Gerry McGovern: «Parliamo di Google. Come fa Google a guadagnare denaro? Con annunci di solo testo. Dopo 15 anni, chi fa pubblicità ha fatto guadagnare milioni di dollari a Google comprando 15 parole di testo».

Non si tratta solo di capire che la televisione non è (e non è mai stata) l’unico strumento efficace per la pubblicità o per ogni altra comunicazione d’impresa. Si tratta anche di imparare un nuovo linguaggio – o meglio di riscoprire ciò che si era dimenticato: come si può comunicare efficacemente con poche e chiare parole scritte (offrendo quell’ampia base di spiegazione e approfondimento che si può realizzare con un link a una pagina o a un sito online).

«Ci sono imprese – conclude McGovern – che creano centinaia di varianti dei loro annunci Google di 15 parole, cercando la combinazione ottimale che avrà la massima efficacia. Oggi, nel 2007, vediamo la parola scritta al vertice della sua potenza».

E così, gira gira, siamo arrivati a riscoprire ciò che sapevamo cinquanta (o cinquemila) anni fa: l’importanza di concetti semplici e chiari, accompagnati dalle necessarie risorse di approfondimento. E l’utilità di una continua verifica sulla reale efficacia della comunicazione. Oltre a ciò che dieci o quindici anni fa era già evidente, ma da molti non capito: l’utilità della rete come campo di continua sperimentazione.
(Vedi Le imprese e l’internet).

In un successivo articolo, il 21 dicembre 2007, Words that work, Gerry McGovern si sofferma sull’importanza di scegliere le parole giuste. Senza entrare nei dettagli (che riguadrano in particolare l’uso dell’internet) mi limito a citare questa sua osservazione: «La rete è il terreno della parola. Usare le parole giuste può significare la differenza fra il successo e il fallimento». Naturalmente saper scegliere le parole non basta, bisogna avere un’idea molto chiara dei concetti, dei contenuti e dei significati. E naturalmente non si tratta solo della rete.

Ma... se è vero che la parola scritta ha, oggi più che mai, un ruolo dominante, c’è una domanda che non ha una risposta facile. La sappiamo usare?

Il problema è complesso. Nella seconda parte di questo numero cerco di riassumere alcune osservazioni sull’argomento.


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loghino.gif (1071 byte) 2. Ma sappiamo leggere e scrivere?


Nessuno sa quanti siano gli analfabeti nel mondo. Secondo i dati dell’Unesco sono 780 milioni. Altre fonti dicono un miliardo. Si ritiene che il problema, su scala “globale”, sia in diminuzione, ma in alcune aree sta peggiorando. Come è noto, ci sono grandi squilibri – per esempio in Africa c’è il 50 % di analfabetismo (in alcuni paesi è oltre l’80 %). Metà del totale di analfabeti nel mondo si trova in Cina e in India (ma quei paesi sono così grandi da avere un numero di persone con elevate capacità culturali superiore a ogni nazione europea). È notoriamente preoccupante la condizione femminile – due terzi delle persone, nel mondo, che non sanno leggere e scrivere sono donne.

In questo quadro di grandi squilibri, il numero di persone “non analfabete” è comunque aumentato. Oggi sono circa cinque miliardi – cinquant’anni fa erano meno della metà (la crescita, ovviamente, è dovuta soprattutto all’aumento della popolazione – ma c’è anche una diminuzione della percentuale di analfabeti).

I dati “macroscopici”, anche se imprecisi, ci dicono chiaramente che il numero di persone “in grado di leggere e scrivere” è enormemente più grande di quanto sia mai stato nella storia dell’umanità. Ma ovviamente il quadro è complesso. Aumentano le possibilità, ma anche le complicazioni.

Superare la soglia dell’analfabetismo è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per sviluppare il potere della parola scritta. È solo un primo passo di un percorso impegnativo nell’imparare sempre meglio la non facile arte di leggere e scrivere.


Quanti, davvero, sanno leggere? In quella parte del mondo in cui viviamo la quantità di cose che“possiamo” leggere è smisuratamente superiore alla nostra possibilità di farlo. Non si tratta solo di saper scegliere (e già questa non è una cosa facile) ma anche di saper cogliere, nelle cose che leggiamo, ciò che è significativo e ciò che non lo è. E sviluppare la capacità di cogliere ciò che ci suscita un dubbio, ci stimola a cercare una verifica o un approfondimento.

È difficile? Talvolta si. Ma, con la pratica e con l’esperienza, diventa quasi istintivo. Un lettore “bene addestrato” sa come e quando fermarsi e pensare, sa come cogliere quelle sfumature di tono, o quelle imprecisioni di contenuto, o quelle contraddizioni rispetto a ciò che sa, che lo indicono a percepire che qualcosa non va... o, al contrario, che ci può essere il segnale di qualcosa che non sa e che vorrebbe sapere meglio.

Anche quando si legge solo per divertimento (o perché non si sa che cos’altro fare in qualche situazione di noiosa attesa) si possono fare scoperte inattese o cogliere stimoli imprevisti.

Insomma saper leggere è un’arte stimolante e interessante, che è utile (anche piacevole) conoscere. E non si finisce mai di imparare.


Quanti, davvero, sanno scrivere? Può sembrare che questo sia un problema solo per chi lo fa di mestiere. Ma la cosa non è così semplice. Quasi tutti, nella vita personale come in quella di lavoro, in un modo o nell’altro usano la parola scritta. E spesso lo fanno male. In modo troppo breve o troppo lungo, con un linguaggio improprio o poco chiaro, con una inadeguata attenzione a farsi capire.

Le conseguenze possono variare dal comico al perverso, ma spesso i danni sono preoccupanti. Risparmieremmo un’enorme quantità di tempo, fatica e malumore se tutti stessero un po’ più attenti a scrivere in modo chiaro, comprensibile, interessante ed efficace.

Quanto impegno c’è, nella scuola, nelle organizzazioni, nelle famiglie, in ogni genere di comunità umane, a coltivare l’arte di leggere e scrivere? Palesemente troppo poco. Per una curiosa coincidenza, mentre ero a metà della stesura di questo testo, ho letto vari articoli in diversi giornali che parlano di inadeguata preparazione scolastica. Chissà perché se ne accorgono, improvvisamente, proprio oggi. Il problema c’è da molti anni e continua ad aggravarsi.

È impressionante il numero di studenti che si presentano a un esame universitario e non solo sono impreparati sulla materia, ma non sanno esprimersi decentemente in italiano. È sconcertante il numero di tesi di laurea sgrammaticate, confuse, pasticciate e incoerenti. Accade anche che l’opera dei docenti non sia di qualità molto migliore.

Conosco, per fortuna, giovani che leggono spesso e volentieri, che sanno scrivere bene – e hanno anche voglia di migliorare. Ma ce ne sono troppi che si trovano a disagio con la parola scritta. Possiamo darne la “colpa” al linguaggio approssimativo, spesso rozzo e scadente, di molte trasmissioni televisive. O alla scarsa qualità di tanti libri – e ai madornali errori che si trovano troppo spesso nei giornali. O alla frettolosa brevità degli sms (come se non fosse possibile scrivere eccellenti poesie o epigrammi in poche parole). Eccetera. Certo, la sciatteria di chi dovrebbe “dare il buon esempio” contribuisce ad aggravare la situazione. Ma non è solo quella l’origine del problema.

In sintesi: la quantità delle cose che si leggono e si scrivono continua ad aumentare. Ma la qualità è troppo spesso scadente.

Continuiamo a sentirci dire che abbiamo bisogno di più studio scientifico, di più specializzazione tecnica. Probabilmente è vero. Ma se va a scapito di una fondamentale cultura “umanistica”, e in particolare di un serio impegno nel saper leggere e scrivere, rischiamo di precipitare a un livello di ignoranza, e di incapacità di comunicare, non meno grave di un totale analfabetismo.




Alcune cose che, in un modo o nell’altro, riguardano questo argomento.


Il mestiere di scrivere (2001)

La congestione comunicativa (2001)

Il circolo vizioso della stupidità (2002)

Il paradosso dell’abbondanza (2003)

Facciamo un passo indietro (2003)

Le ambiguità dell’innovazione (2003)

Il problema dell’idolatria (2004)

L’arte difficile della semplicità (2004)

Arte, mestiere e creatività (2005)

La riscoperta della comunicazione (2006)

Analfabetismo (2006)


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loghino.gif (1071 byte) 3. Persone online in Italia


Come il solito, la situazione è periodicamente aggiornata nella sezione dati. Ma può valere la pena di riassumere qui alcune valutazioni di tendenza, che resteranno come “memoria storica” quando le analisi si saranno ulteriormente evolute. Il quadro non è sostanzialmente cambiato rispetto ai dati pubblicati nel numero 75 di questa rubrica (luglio 2005). Il numero di persone online in Italia continua a crescere. Ci sono oscillazioni (non solo stagionali) e fasi di crescita più o meno veloce, ma nel medio-lungo periodo c’è uno sviluppo che non si può definire “lento” (fra il 10 e il 15 per cento all’anno) e che è ancora lontano da ogni ipotetica “soglia di saturazione”.

Tuttavia nel confronto con i paesi più evoluti l’Italia è ancora arretrata – e in anni recenti (in particolare nel 2006) la nostra crescita è meno veloce di quella che si rileva in situazioni “paragonabili”, in particolare in Europa.

È difficile capire e interpretare il significato di queste tendenze. Come sempre, per trarne deduzioni significative occorre esaminarle su periodo più lunghi di uno o due anni.

Fra i molti grafici e dati analitici che si trovano nella già citata sezione dati, eccone tre che riassumono la situazione.

Il primo traccia la crescita del mumero di persone online in Italia dal 1997 al 2006


“Utenti” internet in Italia 1997-2006
Numeri in migliaia

crescita
 
In questo caso la definizione di “utente” è molto estesa.
Si riferisce a persone che “dicono di essersi collegate
almeno una volta negli ultimi tre mesi”.


Il totale è decuplicato in nove anni, dal 1997 al 2006.


“Utenti” internet in Italia
gennaio 2001 – dicembre 2006

Numeri in migliaia

2001-2006
 
In questo caso si tratta di uso “relativamente frequente“.
Persone che “dicono di essersi collegate
almeno una volta negli ultimi sette giorni”.


Il totale è raddoppiato in sei anni.


“Utenti” internet in Italia
aprile 2004 – dicembre 2006

Numeri in migliaia

2004-2006
 
In questo caso la definizione di “utente“ è più estesa.
Persone che “dicono di essersi collegate
almeno una volta negli ultimi trenta giorni”.


I dati di novembre-dicembre 2006 hanno un andamento debole, anche per motivi stagionali, ma sembra probabile uno sviluppo più dinamico nei primi mesi del 2007. Le tendenze devono sempre essere valutate su periodi più lunghi.

I confronti internazionali sono sempre difficili, per l’incerta coerenza dei dati. Informazioni da diverse fonti (spesso in contrasto fra loro) sono disponibili nelle analisi della situazione internazionale e nell’Unione Europea. Qui vediamo solo uno dei grafici più recenti: persone online in dieci paesi, nel novembre 2006, come percentuali sulla popolazione.


“Utenti” internet in 10 paesi
Percentuali sulla popolazione

10 paesi


Da varie fonti risulta che anche altri paesi, oltre ai due qui citati, hanno una percentuale di persone online più alta degli Stati Uniti (in particolare, come è noto, nell’area scandinava).

L’Italia, come già osservato, non è fra i paesi con lo sviluppo più veloce. Sembra che nel 2006 sia stata superata dalla Francia e dalla Spagna per densità rispetto alla popolazione (anche se, “in cifra assoluta”, l’Italia rimane al quarto posto in Europa e fra i primi sette o otto paesi del mondo).

Nella quarta parte di questo numero vediamo un altro confronto nell’ambito europeo e nel quadro di diverse risorse di informazione e comunicazione.


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loghino.gif (1071 byte) 4. Risorse di comunicazione
in cinque paesi


Alcuni confronti internazionali sulle risorse di informazione e di comunicazione si trovano in varie analisi basate su diversi studi del Censis – per esempio in quella pubblicata nel 2006.

Ma ora c’è una nuova ricerca dedicata specificamente a un confronto fra cinque paesi: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna. È online una prima analisi dei dati di cui qui sono riassunti alcuni elementi essenziali.

Nel primo grafico vediamo il confronto per lo strumento più largamente diffuso, che è ovviamente la televisione.


Televisione

televisione
La parte scura delle barre rappresenta l’uso “abituale” (“quasi tutti i giorni”)


È interessante notare che la situazione non è omogenea: in Germania e in Francia la televisione appare meno “dominante”.


Radio

radio
La parte scura delle barre rappresenta l’ascolto “abituale” (“quasi tutti i giorni”)


L’Italia è all’ultimo posto, fra questi cinque paesi, nell’ascolto della radio.


Quotidiani

quotidiani
La parte scura delle barre rappresenta la lettura “abituale” (“quasi tutti i giorni”)


È nota la scarsa lettura della stampa in Italia. Ma anche in Francia, per i quotidiani, è relativamente debole (in parte compensata dalla lettura dei settimanali).


Telefono cellulare

cellulare
La parte scura delle barre rappresenta l’uso “abituale” (“quasi tutti i giorni”)


L’Italia ha ancora la penetrazione più alta fra questi cinque paesi (non fra tutti i paesi europei) ma le distanze si stanno accorciando. Il totale è vicino a un livello di “saturazione”.


Libri

libri
La parte scura delle barre rappresenta la lettura “abituale” (“più di dieci libri all’anno”)


Il dato di lettura “frequente” appare debole in tutti questi paesi, fuorché la Gran Bretagna. Nonostante qualche timido segnale di crescita nella lettura “occasionale”, l’Italia rimane la più arretrata – anche rispetto a molti altri paesi europei.


Internet

internet
La parte scura delle barre rappresenta l’uso “abituale” (“quasi tutti i giorni”)


Come già osservato, sembra che nel 2006 l’Italia sia stata superata dalla Francia e dalla Spagna. E continua a rimanere arretrata rispetto ai paesi più evoluti (di cui alcuni, come i paesi scandinavi, l’Olanda e la Svizzera, sono più avanzati della Gran Bretagna).


In quest’ultimo grafico vediamo un confronto generale.


Cinque paesi

5 paesi


I due paesi con una maggiore diffusione delle risorse di informazione e comunicazione sono (con equilibri diversi) la Gran Bretagna e la Germania. La Spagna appare complessivamente un po’ superiore alla Francia.

L’Italia è la più arretrata, fuorché nell’uso della televisione e dei telefoni cellulari. Debole nelle risorse di maggiore valore per informazione e approfondimento: i libri, i giornali e l’internet. Un quadro preoccupante, che già conoscevamo da altri studi – ma ora è confermato anche da un nuovo confronto con gli altri “grandi paesi” dell’Europa occidentale.

Si rileva anche qui, come in tante altre analisi, una coincidenza fra il più “storico” e il più “moderno” dei sistemi di informazione e comunicazione. Dove si legge di più è più diffusa l’internet e dove è più usata la rete si leggono più libri.

Il tema è interessante e può meritare altri approfondimenti. Ma una cosa è chiara – e ci riporta alle considerazioni fatte all’inizio. Saper leggere e scrivere, e saperlo fare bene, è importante oggi ancora più di quanto lo è stato in tutta la storia delle civiltà umane.


 

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