Il mestiere di scrivere
(“online” e “off”)

Un messaggio nella lista MLIST

di Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it

24 luglio 2001


 
 

A proposito dell’eterno dibattito sui contenuti... scusatemi se (in apparenza) “mi perdo nelle nebbie del passato”. Ma la storia non è nuova; e mi sembra importante capire che ci sono lezioni, abbondantemente imparate da molto tempo, di cui vale la pena di tener conto.

Sono convinto che se avessi un amico archeologo (e il tempo di dedicarmi a quel genere di ricerche) potrei trovare qualche citazione in un papiro egiziano – o in quache coccio sumero – perfettamente adatta ai nostri problemi di oggi.

Anche senza andare tanto lontano... ci sono cose scritte nei secoli scorsi che sono ancora di attualità. Come, per esempio, il Borghese gentiluomo di Molière, il cui ignorante protagonista, quando sente dire da un pedante che ciò che non è in metro e in rima è prosa (perché a quei tempi si pensava così) dice stupefatto... ma allora... «moi... je fais de la prose».

Chiunque abbia avuto a che fare con il mestiere di scrivere sa che il mondo è pieno di gente che crede di “fare prosa”, cioè di saper scrivere solo perchè conosce l’alfabeto – come di pedanti che pretendono di correggere ciò che non capiscono.

Quando avevo diciott’anni (in tempi così remoti che c’erano ancora le linotype) mi occupavo di un minuscolo giornale. Ho imparato fin da allora a combattere con le “tirannie dello spazio”, con chi voleva cambiare un mio articolo o con chi aveva scritto qualcosa che sentivo di dover cambiare, con chi faceva titoli che non c’entravano col testo... eccetera.

E in infinite altre occasioni mi sono trovato a combattere con “grafici” che badano a una loro soggettiva idea dell’estetica e rendono i testi illeggibili (come ad andare splendidamente d’accordo con quelli che capiscono e, con una buona impaginazione, migliorano il risultato).

Che cosa cambia con le “nuove tecnologie”? Alcune cose importanti – ma non tutto. Le premesse fondamentali (farsi leggere e farsi capire) sono le stesse. E sono gli stessi anche gli errori (spesso madornali) che si continuano a commettere.

Del resto... non sono così “nuove”. Si ragionava vent’anni fa (o più?) su come comunicare online. La “posta elettronica” esiste dal 1972 (e anche prima... senza la @). I newsgroup dal 1979 (le “mailing list” dal 1986). L’html dal 1989 (ma si parlava già di “ipertesto” nel 1965). Non ho mai capito esattamente quando sia nata la netiquette; ma ha circa vent’anni. E anche quella si dimentica un po’ troppo spesso...

Certo: con la comunicazione online abbiamo possibilità (e problemi) diversi da prima. Ma per fortuna i criteri più importanti in fatto di contenuti e di scrittura sono quelli che si sono imparati da cinquemila anni in qua (e che tutti i giorni qualcuno sembra dimenticare). Prima di pensare alle “specificità” della rete dovremmo cercare di imparare quanto più possibile da quell’antica e consolidata esperienza. E il punto fondamentale e sempre lo stesso. “Mettersi dalla parte di chi legge” (il che significa anche saper ascoltare)

Un piccolo esempio. Ho scritto due libri fatti di tanti capitoli brevi (invece che pochi e lunghi). Due diversi editori mi hanno detto che sbagliavo. Due volte ho insistito – e i fatti (cioè i lettori) mi hanno dato ragione. Qualcuno mi chiede se l’ho imparato dall’esperienza online. Può darsi. Ma il fatto è che funziona (per quei libri – non necessariamente per altri) prima di tutto nell’edizione stampata. È solo una conseguenza il fatto che poi il lavoro è un po’ più semplice quando si tratta di trasferire i testi online.






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