Blogologia marzo 2006 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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in pdf Prima che queste brevi annotazioni suscitino irritazione e polemiche... vorrei dire subito che non ho preconcetti, né antipatia per i blog. Ce ne sono alcuni che può essere interessante seguire. Altri cui vale la pena di dare unocchiata ogni tanto. Tutti hanno lindiscutibile diritto di occuparsi di ciò che vogliono. Come ogni cosa in rete, nessuno è obbligato a leggerli o a partecipare. Insomma ognuno, ovviamente, è libero di esprimersi come preferisce e di usare i metodi e le risorse che vuole. Vorrei anche rispondere, una volta per tutte, a quei lettori e amici che mi hanno chiesto: «perché non fai anche tu un blog?». La risposta più semplice è che non ne ho il tempo. È già abbastanza impegnativo gestire un sito, seguire la posta, per non parlare di tante altre cose, anche fuori dalla rete e lontano dal computer, di cui mi occupo ogni giorno. Devo anche confessare che dopo alcune ore davanti a un monitor sono preso da un irresistibile desiderio di spegnere la macchina e andare a fare qualcosaltro. Ma ci sono anche altri motivi. Un blog crea lobbligo di scrivere spesso se non proprio tutti i giorni, con la frequenza di un diario. Cerco di imparare qualcosa ogni giorno, ma questo non significa che ogni giorno abbia qualcosa da dire. Devo passare parecchio tempo a leggere, cercare, approfondire, prima di tentare di somministrare al prossimo quello che credo di avere imparato. Se non ho qualcosa da pubblicare che mi sembra interessante, o se non ho ancora capito bene come potrei spiegarlo, preferisco stare zitto. Ci sono già troppe cose, nella vita, che hanno scadenze obbligate. Quando si tratta di scrivere, è meglio (per quanto possibile) essere liberi lasciar maturare il momento in cui un pensiero o un ragionamento ha assunto una forma sufficientemente chiara per meritare di essere scritto e pubblicato. Ciò premesso ... il problema dei blog non sta in come sono fatti e in quello che contengono. Ce ne possono essere di ogni genere, dai più interessanti per un gran numero di lettori a quelli intimi per pochi amici. Ognuno va bene per il suo ruolo. Il problema è che il termine è diventato di moda. Usato spesso da chi non sa che cosè un blog (e non ha capito bene che cosè linternet). Come se in rete non ci fosse altro... e fosse quello lunico modo per esprimere unopinione o aprire un dialogo. Capita anche che molti (comprese fonti considerate autorevoli) chiamino blog qualcosa che in realtà è un sito web o qualche altra forma di presenza online (talvolta sembra che confondano blog con log o con bla oppure, specialmente in televisione, con blob). Se fosse solo un problema di parole, potremmo non badarci. Ma se chiamiamo gatto tutto quello che cammina rischiamo di non capire la differenza fra un criceto e un rinoceronte. Un altro problema è che, per seguire la moda, alcuni aprono un blog senza avere alcuna idea di perché lo fanno. Ci sono parecchi esempi di soliloqui: una pagina nata per ospitare interventi e dialoghi contiene una serie desolatamente vuota di spazi disponibili per commenti e contributi che non ci sono. Se qualcuno ha voglia di tenere un diario, è proprio indispensabile che lo metta online? La comica vicenda di un blogatore a corto di idee, raccontata da J.D. Frazer Illiad in una serie di vignette dal 28 febbraio al 4 marzo 2006, può essere riassunta in questa immagine.
Il personaggio, in questa storia, è alla disperata ricerca di qualche pretesto per far conoscere e frequentare il suo blog. Non importa quale sia largomento. Ciò che mette online non ha un tema, unidentità o uno scopo, se non quello di esserci. Questa non è solo una storia immaginaria. La satira di Illiad si basa sullosservazione di ciò che vede succedere. A un personaggio come quello dovremmo dire di smettere? No. È una sua libera scelta e ha il diritto di fare come vuole fino al giorno in cui si stancherà di parlare da solo. In rete cè posto per tutto e per tutti. E ovviamente non tutti i blog sono così. Ma dobbiamo augurarci che, quando sarà passata la moda, continuino a crescere e a moltiplicarsi quelli che hanno un scopo. Grandi o piccoli, seri o scherzosi, per tanta gente o per pochi amici... ma con un motivo per esserci e unidea da portare avanti. Senza lobbligo di dire qualcosa tutti i giorni o di riempire uno spazio solo perché cè. Chissà che cosaltro inventeranno, un giorno o laltro, per divertire i cronisti frettolosi alla ricerca di presunte novità. Ma il fatto è che le mode passano, la rete resta ed è sempre bene ricordare, o riscoprire, i valori con cui è nata e che continuano a essere la sua vera natura. Limportante è non dimenticare che un blog (come altri strumenti) è solo uno fra tanti modi di essere in rete. Se serve per fare le stesse cose che da tanti anni stiamo facendo con sito, un forum, un newsgroup, una mailing list o semplicemente con le-mail... perché non usare, per ogni cosa, lo strumento più adatto? Teniamoci i blog, quando servono. Ma cerchiamo di metterli al posto giusto nella cassetta degli attrezzi. |
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