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In (auto) difesa delle giraffe Subcomandante Marcos
Fonte Znet wwww.zmag.org Traduzione A.P. -Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo
I. Primo e breve, ma necessario,
ritratto delle Giraffe Giraffa. Animale di altezza elevata. Può raggiungere i 5,3
metri. È l'animale più alto. Abita nelle regioni asciutte
con alberatura diffusa, a sud del deserto del Sahara. Le giraffe,
femmine e maschi, sono provviste di due o quattro piccole corna, piene,
coperte da pelle.
Il manto delle giraffe presenta macchie di peli di colore scuro su
fondo beige, una perfetta mimetizzazione nella penombra delle frasche.
Le giraffe riposano e dormono in piedi. La comunicazione tra le giraffe
avviene attraverso l'emissione di gemiti ed altri suoni con note molto
basse. Le giraffe si difendono tirando calci.
II. Un trucco neoliberista: il "destino" per quelli in alto,
la "libertà" per quelli in basso
Nella grande televisione mondiale, il canale uno, unico ed eterno
del neoliberismo, offre un'immagine che si ripete fino alla nausea:
il ricco è ricco perché così l'ha voluto il destino,
dio o l'eredità (a seconda dei casi); invece, il povero è
povero perché vuole essere povero. Dunque, il ricco deve subire
la dittatura del destino e "patire", senza poter opporvisi,
tutta una vita, lussi ed impunità (benché, a guardar
bene, anche l'impunità è un lusso); mentre il povero
gode della libertà di scegliere di essere povero e non deve
sottostare a niente... perché non ha niente.
Il neoliberismo propone, in prima serata, una globalizzazione dell'alto
ed un'altra del basso. In alto la ricchezza è presentata non
tanto come dentro uno schermo televisivo, ma come se fosse in un acquario.
I pesci sono belli, sì, ma sono prigionieri dentro il vetro.
In basso la povertà è presentata come la libertà
di scegliere tra lo stare in basso o in alto...
Questo è il ritornello che ci viene propinato in molti modi
e a tutte le ore: "Non puoi essere come noi (il destino ci ha
riservato il diritto di ammissione). Ma, in cambio, hai la libertà
di cercare di somigliare a noi. Puoi scegliere di vestirti come noi,
il colore della pelle è secondario se la si copre con abiti
di marca. Puoi scegliere di cantare, ballare, fare l'amore come noi.
Ma soprattutto, devi scegliere di pensare come noi."
In somma, la schiavitù mascherata da "libertà indotta."
III. Quando il Potere definisce "l'altro", definisce il
nemico
Come mai prima, la base di questo crimine di lesa umanità chiamato
"capitalismo" si applica in tutti gli angoli del pianeta:
coloro che producono la ricchezza sono "liberati" di tutto
quello che non rientra nella loro capacità di produzione. E
la moderna Operazione Libertà mondiale conta ora su mezzi militari
e finanziari che superano di parecchie volte la capacità "liberatrice"
delle bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki.
La strana alchimia della globalizzazione di quelli in alto ha creato
la mondializzazione di un nuovo dogma: liberazione dell'umanità
è uguale a liberazione dei mercati. In tutto il pianeta e in
tutte le lingue, si recita la nuova preghiera e si adora un nuovo
dio che, come tutti i precedenti, non cessa di essere capriccioso,
instabile ed incomprensibile: il mercato.
E, come gli dei precedenti, il mercato non procede con razionalità
di cifre, statistiche, leggi della domanda e dell'offerta, calcoli
finanziari. No, il nuovo dio procede a passo di morte e distruzione,
di guerra.
Tuttavia, non ammetterà mai che distrugge, ma distribuisce,
democraticamente, omogeneità in uno scambio di identità
limitate: compratore-venditore. Tutto e, soprattutto, tutti quelli
che non possono o non vogliono essere una o l'altra cosa, al ritmo
stridente e frenetico del mercato, sono gli altri.
Non ammetterà neppure di uccidere, ma "umanizza"
imponendo un ordine che "ripopola" la faccia della terra:
l'ordine della sua egemonia. Chi non si conforma a questo ordine,
sono gli altri.
La nuova "verità" non è poi tanto nuova...
"Gli indios, vittime del più gigantesco saccheggio della
storia universale, continuano a subire l'usurpazione degli ultimi
resti delle loro terre, e continuano ad essere condannati alla negazione
della loro diversa identità. (...) Al principio, il saccheggio
e l'otrocidio furono eseguiti nel nome del Dio dei cieli. Adesso si
compiono nel nome del dio del Progresso."
(Eduardo Galeano, Essere come loro)
Se prima "gli altri" erano gli indios, i neri, i gialli
o i rossi, ora la globalizzazione dell'alto ci ha portato un'autentica
"democratizzazione mondiale": gli altri siamo tutti, e TUTTE
noi che non vogliamo somigliare al modello egemonico e ci rifiutiamo
di omogeneizzare la nostra identità, cioè, rifiutiamo
di rinunciare alla nostra differenza.
Nella differenza, nel suo riconoscimento, nel cercare di comprenderla,
cioè, rispettandola, sta la base dell'umanità. Definendo
il diverso come il nemico, il Potere definisce l'umanità intera
come il contrario da annichilire.
IV. Il Nuovo Ordine Mondiale in sintesi: i paesi ricchi lo sono a
costo dei paesi poveri
La modernità neoliberista ha modernizzato anche il linguaggio:
dove prima si diceva "forca", ora si dice "pagamento
del debito estero". Suona meglio, ma è più letale.
Nella grande televisione globalizzata, i paesi poveri producono ricchezze
ed i paesi ricchi producono organismi finanziari che riscuotono quelle
ricchezze.
Il Messico, che è un paese povero, negli ultimi 10 anni ha
pagato quasi 350 mila milioni di dollari per quello che si chiama
"servizio del debito estero". Solamente per quanto riguarda
il governo "del cambiamento" si spende annualmente, come
pagamento del "servizio del debito", circa sei volte più
di quello che si spende nella lotta alla povertà nello stesso
periodo.
Del totale pagato dal Messico, che è un paese povero, negli
ultimi 10 anni, la quarta parte è andata alla Banca Mondiale,
al Fondo Monetario Internazionale ed alla Banca Interamericana di
Sviluppo (che, o non sono poveri, o si truccano molto bene) e circa
due terzi sono andati alle banche dei paesi ricchi (di Stati Uniti
la maggior parte, ed in minor misura banche europee, giapponesi, canadesi
ed asiatiche).
L'America Latina, che è una regione di paesi poveri, per ogni
dollaro che riceve di prestito ne paga otto e resta a debito di quattro.
I creditori? Banche nordamericane ed europee (principalmente inglesi,
francesi e spagnole).
Insomma, la globalizzazione dell'alto ha semplificato la geografia:
nel mondo, non ci sono più nord e sud, oriente ed occidente,
adesso ci sono paesi che pagano e paesi che riscuotono.
E non solo, se prima la "legge" era "quello che paga
comanda", adesso è "quello che riscuote comanda".
Ma il nuovo dio, come i precedenti, ha i piedi di fango. Il suo incedere
ha come motore principale non la generazione di ricchezze, bensì
la speculazione finanziaria.
Il mercato neoliberista, affascinato dal frenetico andirivieni di
capitali (l'ubiquità del capitale finanziario, miracolo prodotto
dalle superautostrade dell'informazione), ha "dimenticato"
due cose fondamentali per la riproduzione del capitale: le merci e
chi le produce (la postmodernità continua ad essere imperfetta:
ha ancora bisogno del lavoro umano).
Così, un sistema parassita tende a produrre altri parassiti.
Avida nel divorare guadagni, la globalizzazione dell'alto non lascia
nessun benessere dove mette piede. Al contrario, come i quattro cavalieri
dell'Apocalisse, semina, con garanzia di raccolto immediato, fame,
miseria, distruzione, morte.
Questo processo non farà altro che distruggere il mondo nella
maniera più semplice: distruggendo chi lo abita. Chiaro, se
gli altri lo permettono...
V. Il neoliberismo che corregge gli "errori"
Nella telenovela neoliberista globalizzata, l'altro non è neppure
il villano, ma è il mostro la cui eliminazione è necessaria
per il lieto fine (cioè, che la "bella" si sposi
con il "bello" ed il villano si redima - previa presentazione
di documentazione comprovante solido conto bancario -).
"Gli altri" sono un errore nell'umanità. Globalizzare
dall'alto è correggere questo errore in tutto il mondo. Correggere
è eliminare.
Per questo è necessario derubare "gli altri" dei
simboli che danno loro identità. La differenza è quindi
un errore della natura. Gli indios dell'America erano questo e "civilizzarli"
era emendare il progetto di dio... nel nome di dio.
Ma la modernità neoliberista non promuove più la caccia
agli indios o ai neri. No, ora si cerca di cacciare esseri umani...
o, meglio ancora, cacciare identità di umanità.
E quale migliore identità umana della cultura!
Se la logica del mercato è quella del profitto (attenzione,
non è la stessa cosa della generazione di ricchezza), ogni
cultura che non risponde a questa logica deve essere eliminata. Se
la cultura è fondamentalmente uno specchio vitale (anche quando
include la morte) che ci dice "sono, fui e sarò questo",
allora l'attacco (per commissione o per omissione) alla cultura è
un attacco alla vita.
Due anni fa un giornalista e scrittore messicano, Vicente Leñero,
in occasione della consegna dei premi nazionali di Scienze ed Arti,
disse del Messico quello che potrebbe valere per il mondo di sopra:
"La classe di governo, la classe politica, la classe imprenditoriale,
non parliamo della classe ecclesiastica, sono refrattarie all'avidità
culturale; non la incorporano nella loro esistenza, forse perché
pensano che la gratuità con la quale si sviluppa ogni opera
d'arte, quel distacco, quella generosità del fenomeno creativo,
è sospetta in termini di utilità pratica".
(Discorso alla cerimonia di consegna dei premi nazionali di Scienze
ed Arti.
Periodico messicano Reforma, Cultura, 26-Feb-02)
Il neoliberismo di fronte alla cultura non è solo un compendio
di grossolanità e superficialità istantanee e solubili.
Anche questo, ma non solo. E' pure una dottrina di guerra anticulturale,
cioè, di guerra contro tutto quello che non risponde alla logica
del mercato.
Inoltre, gli artisti e gli intellettuali sono sospettati di pensare.
E pensare è il primo passo per essere diverso.
Se annichilire artisti ed intellettuali provoca campagne stampa sfavorevoli,
esiste l'opzione dell'asfissia. I governi di fede neoliberista non
solo non investono nelle scienze e nelle arti, ma raccattano anche
quel poco in ambito culturale "per investirlo in priorità
ineludibili, urgenti ed improrogabili"... come è il pagamento
del servizio del debito estero.
VI. Secondo e più breve, ma altrettanto necessario, ritratto
delle giraffe
Ogni giraffa ha il proprio disegno di macchie e possiede udito, olfatto
e vista eccellenti. Le giraffe sono state cacciate per la loro pelle
resistente ma attualmente sono una specie protetta.
VII. Un mondo senza giraffe?
Con il loro passo goffo, l'evidente asimmetria, lo sguardo distratto,
le giraffe hanno una bruttezza bella. A guardarle bene non è
che siano brutte, sembrano piuttosto molto "altre", con
quella figura tanto lontana dalle pedanti simmetrie equilibrate assegnate
ai predatori. La giraffa è l'immagine più emblematica
della differenza nel mondo animale. Non è solo diversa, ma
porta a spasso la sua enorme irregolarità trasformando la sua
"alterità" in bellezza, precisamente perché
si mostra.
Anche l'umanità possiede, fortunatamente, le sue "giraffe".
Ci sono, per esempio, donne giraffa, perseguitate e vessate non solo
perché non si sforzano di aderire al modello di bellezza e
comportamento imposto dall'alto ("i fronzoli non pensano né
parlano, cara"), ma perché proclamano la loro differenza
e la loro lotta per essere quello che vogliono essere e non quello
che altri vogliono che siano.
Ci sono anche le giovani giraffe, uomini e donne restii a sottomettersi
/ si dice "maturare" / alla catena di claudicazioni, tradimenti
e prostituzioni associate al calendario. Giovani a cui si dà
contro non solo perché non occultano l'asimmetria del corpo
e dell'anima, ma l'adornano, gli mettono gel, tatuaggi, le inseriscono
un piercing, la rendono "dark", "ska", "hip-hop",
"punk", "skin", "come-si-dice", la gridano
con graffiti su un muro, la volantinano in appoggio ad una lotta sociale,
ne fanno "caracolitos" di fronte alle "forze dell'ordine",
la mettono a studiare ma senza il profitto come motore ed obiettivo,
e la fanno saltare quando il rock, questo specchio sonoro, decreta
l'abolizione della legge di gravità e vai-amico-perché
-adesso-arriva-la-tiritera-di-farci-maturare-cioè-farci-stare-con-i-piedi-per-terra
-e-muoviti-con-questa-vernice-che-si-legga-bene-che- "le giraffe-unite-non-saranno-mai-tappetti"
-e-se-non-fa-rima-fa-niente-siamo-giraffe-non-poeti....
Ci sono anche le "altre" giraffe: le giraffe omosessuali,
lesbiche, transessuali, travestite e "ognuno-a-suo-modo",
no? Non solo escono dall'armadio, ma espongono la propria differenza
con la dignità che distingue gli esseri umani dai neoliberisti,
pardon, dagli animali. Incuranti di essere perseguitate e derise perfino
da quelli che dicono di volere cambiare il mondo. Javier Lozano Barragán,
vescovo cattolico di Zacatecas, Messico, ha paragonato gli omosessuali
e le lesbiche agli scarafaggi (La Jornada, 22 ottobre 2004, Penultimatum).
Gli scarafaggi non sono in pericolo di estinzione. Le giraffe sì.
Inoltre, secondo rigorosi studi scientifici, gli scarafaggi sarebbero
gli unici esseri a sopravvivere in caso di olocausto mondiale. Non
si sa se i vescovi sopravvivrebbero.
Ci sono poi le giraffe indigene, uomini e donne e giovani che portano
il loro colore, la loro lingua e la loro cultura con la stessa vistosità
e colori dei loro abiti, dei loro canti, dei loro balli, delle loro
lotte e ribellioni.
E ci sono le giraffe opera@, contadin@, impiegat@, maestr@, autisti,
ambulant@, religios@, artist@, intellettual@, senza documenti, che
indossano stivali o scarpe da ginnastica o pantofole o sandali o vanno
a piedi nudi. Il popolo giraffa.
Nel neoliberismo, noi esseri umani che siamo gli altri, le giraffe,
i brutti, gli asimmetrici, cioè, l'immensa maggioranza dell'umanità,
veniamo cacciati per tirare fuori profitti dalla nostra pelle dura.
Dovrebbe esserci una legge che ci protegga come "specie in pericolo
di estinzione". Non c'è. Al posto della legge, noi abbiamo
la nostra resistenza, la nostra ribellione, la nostra dignità.
È nostro dovere resistere, perché il mondo senza giraffe
sarebbe... mmh... come dire?... sì, ecco!... sarebbe come un
taco al pastor, ma senza tortilla, né carne, né ananas,
né coriandolo, né cipolla, né salsa, cioè,
solo carta unta, solo carta con la nostalgia di avere avvolto un taco
che, detto tra noi, mi sono già ingoiato, ma adesso il programma
è finito e non trovo l'antiacido nello zaino e, come si dice,
sono cavoli amari.
Me ne vado. Seguite con attenzione il Sistema Zapatista di Televisione
Intergalattica. So che è una televisione molto altra, ma vi
dico che, molto tempo fa, la televisione era in bianco e nero, ed
ora è a colori. Se le giraffe, tutte, prevarranno, domani la
vita sarà a colori, di tutti i colori. La televisione?.. mmh...
e chi se ne importa!
Adesso sì, me ne vado...
Sullo schermo (ovvero, sul cartoncino) adesso si legge:
"Qui finisce questo speciale di Recovery Channel, il canale della
memoria dedicato alle giraffe in esclusiva per il Sistema Zapatista
di Televisione Intergalattica. Non spegnete, fatevi uno stuzzichino
(se sono tacos al pastor non siate ingordi, lasciatene almeno uno.
Distintamente. La Direzione).
Dalle montagne del sudest messicano.
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, agosto del 2004, 20 y 10. |
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