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A crescere
è la febbre
Eleonora Formisani Fonte: www.carta.org
Novembre 2006 - Conosciuto in tutto il mondo come uno dei
maggiori esperti dei limiti biofisici del nostro pianeta, il
professor Dennis Meadows ha guidato negli anni settanta un gruppo
di giovani studiosi del Massachussetts institute of
technology [Mit] di Boston. Nel '72 ha scritto, insieme ad altri due
studiosi, «Limits to Growth», che scatenò il
dibattito mondiale - ancor prima del rapporto Brundtland del 1987
- sui limiti ambientali e sociali della crescita
economica. Ancora oggi considerato una pietra miliare, «Limits
to Growth» esce oggi in una nuova edizione. In italiano
il titolo è «I nuovi limiti dello sviluppo».
Sono passati trent'anni dalla prima edizione di «Limits
to Growth» che ora è stato ripubblicato con dati aggiornati.
Quali sono i
«nuovi limiti» di cui parla?
Il titolo del libro in italiano ritengo abbia un importante errore
di traduzione: il titolo originale è «Limits to Growth»,
letteralmente «Limiti alla crescita», mentre in italiano
al posto di «crescita» troviamo la parola «sviluppo
». Ora nel caso dello
sviluppo è possibile affermare che, in linea di massima, quando
c'è sviluppo vi è anche crescita, però non è
necessariamente così.
Per esempio, si può parlare di «sviluppo» in riferimento
al valore spirituale, allo sviluppo dell'istruzione. Per questo tipo
di
sviluppo non si intravedono dei limiti. I limiti riguardano il concetto
di «crescita» perché questa ha un impatto a livello
energetico,
del cambiamento climatico, dell'esaurimento delle risorse idriche,
la scomparsa di alcune specie.
L'impronta ecologica umana, dice il «Living Planet
Report 2006» del Wwf, nel 2050 potrebbe esaurire le risorse
del pianeta. Lei parla
della necessità di una rivoluzione della «sostenibilità».
Ce ne può parlare?
Sarebbe un terribile errore pensare di avere a disposizione altri
quarant'anni per poter fare qualche cosa, perché ormai i limiti
sono
stati già oltrepassati. Anzi, il rapporto del Wwf indica che
tali limiti sono stati superati già negli anni novanta. Alcune
conseguenze
già le vediamo: il cambiamento climatico, la distruzione di
terreni agricoli, la scomparsa delle foreste, il crescente divario
tra
ricchi e poveri. In alcuni casi è ormai troppo tardi, le conseguenze
non possono più essere evitate. Quindi il nostro obiettivo
deve
essere quello di cercare di frenare il ritmo del peggioramento di
questi fenomeni per ritrovare un giusto equilibrio.
Nel suo libro lei spiega che ciò che la preoccupa
non è la limitatezza degli stock d'energia, piuttosto è
il «costo crescente dello
sfruttamento delle sorgenti e dei pozzi». Molti scienziati,
come il geologo Jeremy Leggett nel suo ultimo libro, «Fine corsa»,
dice il
contrario, cioè che l'umanità è giunta al «peak
oil», il picco del petrolio, l'inizio dell'esaurimento. Cosa
ne pensa?
Mi preoccupa la scomparsa, l'esaurimento di queste risorse da un punto
di vista fisico, per via delle conseguenze sociali di questo
fenomeno e l'impatto che può avere sul pianeta. Mi preoccupa
certamente il costo che comporterà l'esaurimento di queste
risorse perché
meno risorse potranno essere destinate all'alimentazione, alla nutrizione
e alla salute. Ha ragione nel dire che molti esperti la
vedono diversamente. Ma voglio anche aggiungere che avevano un'opinione
diversa dalla mia anche nel '72, quando ho affermato che la
crescita avrebbe trasformato il nostro pianeta. All'epoca dissero
che era impensabile. Adesso questi esperti affermano che, in
effetti, vi è stato un danno ma ritengono che sia possibile
ovviarvi grazie alle forze di mercato e alla tecnologia. Io dico di
no,
perchè questi danni sono stati provocati da determinati valori
umani che, invece, non sono cambiati. Di conseguenza continueremo,
temo, ad assistere a questo tipo di danno. Nel 1972 i problemi a cui
facevo cenno sembravano tanto lontani da poter essere in effetti
ignorati. Oggi non è più così. Sappiamo bene
che si sta prospettando il raggiungimento del limite massimo di sfruttamento
delle risorse
petrolifere, alimentari, idriche, e che lo stato del clima continuerà
a peggiorare.
Qual è, se c'è, la soluzione? Le fonti
rinnovabili?
Potrei fare riferimento a quello che dissero i Romani di fronte agli
Unni. Anche loro magari avranno detto «ma allora non c'è
via
d'uscita ». Beh, eccoci qua. Sono entusiasta circa la potenzialità
delle nuove fonti d'energia, in particolare lo sviluppo del solare,
sul quale ho un'esperienza personale e pratica: però da solo
questo non basterà. Tra vent'anni la notevole riduzione nella
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disponibilità di fonti di energia farà sì che
diventerà obbligatorio ripensare, modificare i nostri modelli
di «crescita » e di
«sviluppo».
Cosa pensa del concetto di decrescita?
È giusto distinguere tra crescita economica e sviluppo umano
della società. Il nostro sistema è tale per cui ad una
crescita economica
non corrisponde un miglioramento delle possibilità per l'umanità.
Anzi, è vero il contrario. Anche perché gli utili vengono
sempre
mantenuti da coloro che sono responsabili delle decisioni. E in questo
momento i costi di queste politiche superano di gran lunga i
loro benefici. Per quanto riguarda la possibilità di raggiungere
un sistema economico più equo e solidale c'è da dire
che sia in
Italia che negli Stati uniti abbiamo assistito al crescente potere
degli economisti neoconservatori. Credo che la loro popolarità
si
stia riducendo, tra tre o quattro anni ritengo che non avranno più
tanto seguito, il che significa che si invertirà l'attuale
tendenza, che mira ad una diffusa e assoluta liberalizzazione del
mercato. Questo, credo, potrà portare ad un sistema economico
più
equilibrato. Ma perché gli economisti neoconservatori stanno
assumendo un rilievo sempre maggiore sia in Italia che negli Stati
uniti? Perché il sistema economico non genera più una
ricchezza reale nuova: l'unico modo che hanno per catturare una ricchezza
crescente e quella di toglierla ad altri.
Nel novembre del 2007 a Roma ci sarà il congresso
mondiale dell'energia organizzato dal Wec [World energy council].
Il tema sarà la
riduzione dell'anidride carbonica. Claude Mandil, direttore esecutivo
dell'Iea [Agenzia internazionale per l'energia], sostiene che
l'alternativa è negli «scenari di tecnologie accelerate»:
energia nucleare, gas, carbone. Cosa risponderebbe?
Una cosa da sapere sul Congresso mondiale sull'energia è che
concentra la la propria attenzione essenzialmente sul petrolio. E
tutti
coloro che fanno parte del sistema petrolifero sono portati ad avere
forti motivazioni a mentire. Parlo dei consumatori, dei produttori
e delle società petrolifere, che non sono disposte a dire la
verità circa l'effettiva entità delle risorse petrolifere.
La riduzione di
Co2 si può ottenere con una limitata disponibilità di
petrolio.
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