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Il grande casino
mondiale
della finanza
Di Giulietto Chiesa Fonte: www.
megachip.info
Agosto 2007 - Allora facciamo un po' di conti: la Banca
Centrale Europea ha sganciato
più di centoventi miliardi di euro per sostenere le banche
europee
che hanno speculato sulla bolla edilizia e dei facili prestiti americani.
La Federal Reserve ha tirato fuori assai meno per sostenere i truffatori
d'oltre Oceano, cioè 12 miliardi di dollari, più 25,
totale 37. Li
chiameremo truffatori perché stimiamo abbastanza il premio
Nobel Joseph
Stiglitz, il quale ha scritto, senza troppi complimenti, che Alan
Greenspan non poteva non sapere, negli anni scorsi, a partire dal
2002, che la politica della Federal Riserve, da lui guidata, avrebbe
condotto al baratro. Come definire un signore dall'immenso
potere,
come Greenspan, che trascina il mondo intero verso un disastro, sapendo
perfettamente quello che fa? Un truffatore, certamente. Ma anche un
irresponsabile.
E, quindi, seconda domanda: come
possiamo stare tranquilli
venendo a sapere che alla testa di cruciali istituzioni di influenza
planetaria ci sono persone irresponsabili? Anche perché non
è che
Alan Greenspan agisse da solo. Con lui c'era il presidente degli Stati
Uniti, per esempio. E via scendendo per li rami di questa foresta
imperscrutabile che è oggi la finanza mondiale.
L'allarme
rosso è
venuto quando si è scoperto che una delle maggiori banche europee,
BNP Paribas (che è ora anche molto presente sul mercato italiano)
ha dovuto chiudere, per palese insolvenza, ben tre “fondi”
che avevano
speculato, anche loro, insieme alle banche americane, sui mutui ultra-agevolati
che sono stati concessi ai risparmiatori americani. Tanto agevolati
che, quando il denaro ha cominciato a diventare caro anche in America,
hanno smesso di pagare le rate dei loro mutui, cioè hanno fatto
andare
in tilt tutti i “fondi” che avevano rastrellato immense
ricchezze,
costruendo una bolla speculativa talmente gigantesca che aveva tirato
praticamente tutta l'economia americana in questi ultimi sei anni.
Se è vero, com'è vero, che i due terzi degli aumenti
occupazionali,
per esempio, erano dovuti a questa bolla, e altrettanto si può
dire
degl'investimenti. E poi ci dicevano, tutti i commentatori sempre
molto ottimisti, che “i fondamentali” erano buoni, per
cui si poteva
stare tranquilli: ci sarebbe stato un “atterraggio morbido”.
In effetti
l'atterraggio non è stato molto morbido.
Anzi,
per essere più precisi,
al momento in cui scrivo queste righe parlare di atterraggio è
ancora
prematuro: infatti siamo ancora in volo e non si sa su quale aeroporto
atterreremo, sempre che atterriamo. Ma a subire il contraccolpo
più
duro siamo stati, per ora, noi europei. Oltre alla già citata
scelta
di Trichet, per evitare il crollo di Paribas e degli altri complici
truffatori europei, le Borse europee hanno perduto fino ad ora circa
180 miliardi di euro in valore delle azioni. E non è finita
quì. International
Herald Tribune scriveva ad agosto, con l'aria di chi, in questi anni,
non aveva detto e scritto che tutto andava benissimo, che “non
è ancora
chiaro” qual è l'entità dell'infezione che ha
contagiato l'Europa.
Dobbiamo dunque supporre - anzi è certo - che le
banche europee, chi
più, chi meno, abbiano fatto come Paribas. Il che conferma
che l'economia
dell'Occidente è talmente interconnessa - e americano-dipendente
-
che nessuno può salvarsi se gli Stati Uniti perdono il lume
della
ragione. Infatti l'hanno perduto, e non da ieri. Ma noi europei ci
comportiamo come dei sudditi vili, dei vassalli che, dopo avere lasciato
fare un Imperatore irresponsabile, gli pagano anche i debiti.
Una
parte, perché i debiti che gli Stati Uniti (il budget dello
stato,
le imprese, le famiglie) hanno accumulato non potranno essere pagati
da nessuno, nemmeno dagli stessi Stati Uniti. Eppure tutti insieme,
con la complicità della finanza europea, sono andati avanti
fino al
disastro. Disastro che si ripercuoterà su di noi, ma non su
di loro.
Anche perchè all'indebitamento americano non c'è una
cura. E loro
troveranno il modo di distrarci facendo un'altra bella guerra umanitaria
e per i diritti umani. Tutto ciò conferma che gli Stati Uniti
d'America
sono diventati il bubbone infetto che sta trascinando il mondo intero
in un disastro immane. E da noi chiedono ai pensionati di
fare sacrifici,
costruiscono “fondi” pensione con i trattamenti di fine
rapporto.
Fondi che speculano anche loro sul mattone americano che scoppia,
mettendo a repentaglio le future pensioni integrative che i poveri
disgraziati che stanno per andare in pensione potrebbero non vedere
mai più, con l'aria che tira. Ci voleva Eugenio Scalari
per richiamare
alla memoria il 1929. Ci siamo vicini.
La seconda
considerazione nasce
da altre cifre sconcertanti. Risulta che, subito dopo l'11 settembre
2001, la Banca Centrale Europea sborsò, allo stesso, nobile
scopo,
“soltanto” 70 miliardi di euro. Tenendo conto che allora
l'euro valeva
un 10% in meno, diciamo che il conto che dovemmo pagare fu la metà
di quello odierno. Ma dice anche che il crollo odierno è gigantesco,
senza precedenti. E se non si è ancora trasformato in una recessione
come quella del 1929, è solo perché gli organizzatori
della truffa
(John Kenneth Galbraith scrisse prima di morire un aureo libretto
intitolato “L'economia della truffa” , in cui praticamente
svelava
tutti i trucchi) hanno fatto quadrato e, usando i nostri soldi e il
nostro lavoro, hanno protetto il GCMF (Grande Casino Mondiale della
Finanza). Adesso ci diranno, gli stessi commentatori che reggono la
candela, che “i fondamentali” torneranno a essere buoni,
che la crescita
riprenderà, che la globalizzazione è buona e, soprattutto,
non ha
alternative. Ma i pessimisti, come Stiglitz, ci avvertono
che l'indebitamento
americano continua a crescere, e non pare che ci sia mezzo per fermarlo.
E allora - poiché non è ragionevole attendersi che il
prossimo presidente
degli Stati Uniti spieghi ai suoi cittadini che la situazione in cui
vivono non è più sostenibile - la prima cosa da fare,
la più urgente,
sarebbe quella di prendere le distanze dalle loro illusioni di consumatori
compulsavi. Lo so che non è facile e che siamo tutti interconnessi.
Ma qualche cosa l'Europa può fare, esercitando la
sua indubbia forza
finanziaria, tecnologica e commerciale: per esempio condizionando
con decisione le scelte degli Stati Uniti nel Fondo Monetario Internazionale,
nell'Organizzazione Mondiale del Commercio, nella Banca Mondiale.
L'alternativa è non solo pagare un livello dei consumi americani
che
è insostenibile e inaccettabile nelle attuali condizioni del
pianeta,
ma anche precipitare comunque in una recessione mondiale che è
palesemente
all'orizzonte. Anche perché - ed è questo il terzo punto
di riflessione
- i tassi di crescita economica, che continuano a esserci, ma che
si stanno riducendo inesorabilmente, dicono che siamo arrivati, in
molti punti, al “limite”. Non ci sarà qualcuno
che, nei prossimi dieci
(massimo quindici) anni deciderà che è giunto il momento
di ridurre
la crescita: per la semplice ma drammatica constatazione che sarà
la crescita stessa a fermarsi, perché impedita dai limiti “fisici”
che l'attuale sviluppo “insostenibile” ha creato. I nostri
leader
(o ignoranti o truffatori) continuano a ragionare in termini di economia
del denaro. Non capiscono che l'economia del denaro è un'invenzione
sociale, che non è soggetta alle leggi fisiche del pianeta.
Quasi
nessuno tra loro sa (o ha il coraggio di sapere) che questo pianeta
si trova in “overshooting ” dall'inizio degli anni '80,
cioè da oltre
25 anni. Il che significa che in questi venticinque anni i popoli
della terra (e sappiamo che questa espressione è molto falsa,
perché
è solo una minima parte di quei popoli che ne ha tratto vantaggio)
hanno utilizzato le risorse del pianeta, ogni anno, più di
quanto
quelle risorse siano state rigenerate in quello stesso anno. I più
informati tra questi leader (ivi inclusi i manager delle grandi corporations)
ci dicono che tecnologia e mercato risolveranno i problemi. Ma l'una
e l'altro non saranno sufficienti. Cioè, come ha scritto Sartori
qualche
tempo fa, “il mercato non ci salverà”. Perché?
Ma perché essi richiedono
molto più tempo, per agire, di quello di cui ormai disponiamo.
Perché
richiedono essi stessi ulteriori flussi di energia e di materiali,
ed entrambi sono ormai scarseggianti. Perché tutto ciò
può essere
travolto dalla ulteriore crescita della popolazione mondiale e dalla
crescita esponenziale che, pur riducendosi, continua. Poi, a proposito
delle speranze nella tecnologia, nessuno dovrebbe dimenticare che,
per scongiurare i limiti che ormai stanno agendo potentemente sulla
nostra vita, ci vorrebbero investimenti “immediati” cinque,
otto volte
superiori a quelli attuali nella ricerca scientifica e tecnologica.
Valga per tutti l'esempio delle energie alternative.
Infine,
last
but not least , non abbiamo un'architettura internazionale in grado
di prendere queste decisioni di dimensione globale. Le classi politiche
arriveranno a capire quello che ci sta arrivando addosso nel prossimi
quindici anni: cioè quando ci sarà arrivato addosso.
Catastrofe inevitabile,
dunque? Già mi pare di vedere molti lettori storcere il naso:
ma questo
è catastrofismo! Non c'è via d'uscita? Dateci una speranza!
La risposta
la danno - e a loro mi sono riferito abbondantemente in queste ultime
righe - gli autori di “Limits to Growth” (I limiti dello
sviluppo),
l'aggiornamento, trent'anni dopo, con un'imponente serie di dati statistici
e con le moderne capacità di calcolo, sei miliardi di volte
superiori
a quelle di allora, degli scenari del 1972, elaborati dal Club di
Roma: “una crescita esponenziale non può procedere molto
a lungo in
un qualsiasi spazio finito con risorse finite”. E' proprio il
nostro
caso. La notizia del giorno è che quel “molto a lungo”
è quasi terminato.
E' dunque tempo di cambiare, adesso, senza perdere tempo.
Questo vale
per tutti.
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