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INFORMAZIONE > AZIONE COMUNE > L'AFRICA NON E' IN VENDITA
L'Africa non è in vendita! EPAs: la nuova trappola europea
Fonte: Il granello di sabbia, settimanale di informazione elettronico di ATTAC Italia, Luglio 2007 www.attac.it

Cosa sono gli Epas?
Gli EPAs (Economic Partnership Agreements - Accordi di Partenariato Economico) sono nuovi accordi di libero commercio che l’Unione europea sta negoziando con 76 Paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico), nella maggioranza ex-colonie dei suoi Stati Membri. Gli Epas fanno parte dell’accordo di Cotonou - che disegna l’architettura di cooperazione tra le due regione, includendo anche il dialogo politico e la cooperazione allo sviluppo. Cotonou ha sostituito le vecchie Convenzioni di Lomé, che garantivano un accesso preferenziale dei Paesi ACP ai mercati europei.
I negoziati sugli Epas sono iniziati nel settembre del 2002 e la loro chiusura è prevista per il 31 dicembre 2007.

Perché siamo preoccupati?
1. Gli Epas sono accordi di libero scambio tra due partner diseguali. In cambio della continuazione di un regime preferenziale per Paesi Acp al mercato europeo, l’Ue chiede impegni sostanzialmente reciproci in termini di accesso ai mercati ACP per le sue imprese. La reciprocità, imposta dalle regole WTO, sembrerebbe un elemento ragionevole se non fosse che in termini di competitività le imprese europee schiacceranno quelle africane nei mercati dei beni, in particolare i prodotti agricoli, dei servizi e nel settore delle risorse naturali. Una volta che i Paesi ACP apriranno i loro mercati, non saranno in grado di competere con i prodotti europei e milioni di persone perderanno la loro fonte di sostentamento.

2. L’Ue sta usando gli Epas per forzare un avanzamento sostanziale nella sua agenda commerciale, definita in un recente documento dell’ottobre del 2006: Global Europe - Competiting in the World. La Ue sta inoltre utilizzando i negoziati Epas per riaprire la partita su capitoli negoziali esclusi dall’agenda della Wto, come gli investimenti e gli appalti pubblici. Nella maggioranza i Paesi ACP si sono detti contrari a negoziare tali temi, affermando che ciò ridurrà il loro spazio di manovra per una politica di sviluppo nazionale non apportando alcun beneficio alle loro economie.

3. Il processo negoziale è un disastro. La Ue ha enormi capacità nel gestire i negoziati in tutta la loro complessità, mentre i Paesi ACP faticano ad avere un sufficiente numero di personale, l’expertise necessario e le risorse per seguire tutti gli aspetti dei negoziati e valutare i possibili impatti delle proposte di accordo. L’Ue afferma che i Paesi ACP non sono obbligati a firmare gli Epas, ma si rifiuta di prendere in considerazione valide alternative come previsto dall’art. 37.6 dell’Accordo di Cotonou. <br>La mancata firma degli accordi entro il 31 dicembre del 2007, sostiene la Ue, determinerà un peggioramento dei livelli di accesso al mercato europeo per i Paesi ACP. Infine, i negoziati avvengono in maniera poco trasparente, senza il coinvolgimento della società civile e dei movimenti sociali africani, in particolare quelli contadini, che saranno i più colpiti dagli accordi.

Alcuni dati:
il 60% delle esportazioni dei Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico si concentra solo su 9 prodotti e le liberalizzazioni degli ultimi anni hanno ridotto (e non aumentato) la partecipazione di questi Paesi al commercio mondiale: dal 3.4% del 1976 all’1% di oggi.

Gli EPA consentirebbero un azzeramento delle tariffe sulle merci di questi Paesi in arrivo in Europa, ma già oggi il 97% dei prodotti che entrano nel mercato europeo da quei paesi sono esenti da tasse e da quote d’importazione, tuttavia l’Africa non ci ha mai guadagnato.

Viaggiando in senso inverso le produzioni europee hanno invaso i mercati africani più deregolamentati, danneggiando seriamente le economie locali. Ma le ricadute negative della liberalizzazione colpiscono anche il nostro paese: sono già stati identificati 14 prodotti considerati "a rischio" (tra cui fagiolini, riso, pomodori, olio d’oliva, vino e arance) che rappresentano più del 45% del valore aggiunto agricolo di 8 regioni italiane.

La valutazione della Ue
Nel 2003, l’unione europea ha pubblicato uno studio di impatto degli accordi Epas per l’Africa Occidentale. Il rapporto, commissionato alla PricewaterhouseCoopers afferma che gli Epas contribuiranno:

. a soffocare la nascita di un’industria nazionale;
. a ridurre le esportazione de prodotti agricoli tradizionali;
. a generare conflitti interni e lotte sulle risorse;

Ma perché l’Ue vuole cambiare?
La Ue sostiene che l’Accordo di Lomé non è compatibile con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Questo è tecnicamente vero, ma si tratta di un problema della Wto, non della Convenzione di Lomé. Inoltre, i Paesi ACP e quelli europei rappresentano la maggioranza dei Paesi membri della Wto, ma fino ad ora la Ue si è sempre rifiutata di discutere in quell’ambito della questione. Molte regole della Wto permettono ai Paesi poveri di godere di trattamenti speciali nelle relazioni commerciali con i Paesi ricchi. Tuttavia, le regole della Wto in materia di accordi regionali non lo prevedono.

Un passo indietro: la nascita della Campagna sugli Epas
Nell’Aprile del 2003 piccoli gruppi di organizzazioni che lavorano sui temi della giustizia economica, provenienti dall’Europa dalle regioni ACP, si incontrarono a Bruxelles per condividere le preoccupazioni circa l’indirizzo che stavano assumendo i negoziati Epas tra Ue e Paesi ACP.
Nel secondo anno di negoziati, le criticità rilevate furono che:

1. i negoziati Epas erano diretti in maniera predominante dagli interessi delle lobby delle grandi imprese europee ed, in numero minore, dei Paesi ACP

2. i benefici per le popolazioni dei Paesi ACP erano, al meglio, incerti e al peggio negativi. La Ue aveva tutto da guadagnare e niente da perdere dai negoziati Epas. Mentre la stragrande maggioranza dei piccoli produttori dei Paesi ACP avevano molto da perdere e poco o nulla da guadagnare. Dopo quasi cinque anni di negoziati, le previsioni degli impatti degli Epas per i Paesi ACP sono assolutamente negativi. Ma l’Ue continua ad affermare che si tratta di accordi per lo sviluppo di quelle regioni!

3. I negoziati erano, e continuano ad essere, condotti in maniera poco trasparente, al di fuori di uno spazio pubblico e aperto di dibattito, sia nella Ue che nei Paesi ACP.

La Campagna sugli Epas fu lanciata, sia in Africa che in Europa, nel 2004. Le richieste della erano chiare:
. proteggere i piccoli produttori domestici e i loro mercati regionali
. interrompere la pressione per un accordo sugli investimenti
. garantire il necessario spazio politico affinché i Paesi ACP possano portare avanti autonome politiche di sviluppo.

A partire dal novembre del 2006, la Campagna sugli Epas, sia a livello europeo che ACP, ha come obiettivo la proroga delle scadenze negoziali per dare il tempo ai Paesi ACP di valutare gli impatti degli accordi e sondare ipotesi alternative.

A livello italiano, un’ampia coalizione di organizzazioni (Beati Costruttori di Pace, Campagna EuropAfrica, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Centro Internazionale Crocevia, Fair, Legambiente, Rete di Lilliput, Mani Tese, Terra Nuova, Tradewatch, WWF Italia), in coordinamento con le organizzazioni della società civile europee ed ACP, e con i movimenti sociali africani, in particolare il Roppa, la rete di contadini dell’Africa Occidentale, sta promuovendo la campagna di mobilitazione L’Africa non è in vendita!
L’obiettivo è impedire la conclusione dei negoziati entro il 2007 e chiedere all’Ue un cambio di rotta nel negoziato di tali accordi. <br>Le richieste specifiche sono:
- di promuovere un processo di revisione del negoziato che sia inclusivo e che preveda il coinvolgimento di stakeholders diversi dai governi, primi fra tutti i movimenti sociali, i parlamenti nazionali e la società civile organizzata;
- di focalizzare il negoziato su logiche di sviluppo basate sul rispetto del diritto alla sovranità economica ed alimentare, sulla coerenza tra le politiche commerciali e quelle di sviluppo orientata ad una maggiore equità e giustizia sociale, e la promozione dell’integrazione regionale come proposta dai paesi africani;
- di rinunciare alla liberalizzazione degli investimenti e dei servizi essenziali e alla rigida imposizione dei brevetti appoggiando così la richiesta avanzata sin dal 2003 in sede WTO da molti governi dei paesi africani, in quanto pregiudicherebbero le loro possibilità di sviluppo;
- di svincolare la concessione di fondi ai governi africani dallo svolgimento del negoziato, ed assegnandoli secondo le priorità di cooperazione internazionale già definite dalla Commissione europea ed i paesi membri, e non per sostenere le liberalizzazioni commerciali in discussione o la riparazione dei danni a queste associati.

Anche il governo italiano deve dare un segnale forte, facendosi promotore in sede europea di una visione nuova delle relazioni di cooperazione della Ue con i Paesi ACP.
Nella Piattaforma costitutiva della Campagna possiamo leggere: "Crediamo, infine, che l’Unione europea debba adoperarsi in sede WTO affinché si ottenga il riconoscimento di un regime transitorio per mantenere un sistema di preferenze commerciali a vantaggio dei paesi ACP fintantoché un nuovo accordo non sarà finalizzato. E’ in ballo il futuro dei più poveri e l’Europa deve accettare di pagare il prezzo politico ed economico, se necessario, pur di difenderlo. L’Africa ha braccia e gambe per camminare da sola e non ha bisogno di mettersi in vendita per conquistare il suo futuro. E’il primo partner economico e politico per un Europa che vuole pensare se stessa, il proprio ruolo e la propria economia come articolazione di economie globali interconnesse, solidali e giuste, capaci di futuro".

Cosa possiamo fare?
E’ fondamentale che nella società civile e nei movimenti si cominci a parlare di Epas, promuovendo momenti pubblici di riflessione e dibattito.
Sul fronte istituzionale, è necessario aumentare la pressione sulla Commissione europea e sul governo italiano. È possibile anche attivarsi singolarmente spedendo una mail alla cancelliera Angela Merkel dal sito www.epa2007.org/it.

La partita è ancora aperta, ma dobbiamo giocarla fino in fondo ed è importante che ognuno faccia la sua parte!

Per aderire alla campagna: http://www.tradewatch.it/osservatorio/
Per info: epa2007@faircoop.it

Fonte: Il granello di sabbia, settimanale di informazione elettronico di ATTAC Italia, Luglio 2007 www.attac.it
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