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TUTTI I NUMERI
DELLA MORTE DI STATO
Il rapporto annuale 2007 di Nessuno Tocchi Caino (Ntc) sulla pena capitale
Gabriele Carchella Fonte :
www.lettera22.it
Venerdi' 31 Agosto 2007 Diminuiscono i paesi mantenitori,
ma aumentano le esecuzioni. Il rapporto annuale di Nessuno
Tocchi
Caino (Ntc) sulla pena capitale delinea due tendenze contrastanti:
la morte di stato è cancellata da un numero sempre maggiore
di paesi,
ma nelle nazioni dove resiste il boia è sempre più impegnato.
Sono 146 i paesi dove la pena capitale è stata abolita per
legge o nella
pratica. Di questi, ben 93 sono totalmente abolizionisti (non applicano
in nessun caso la pena di morte), mentre nove l'hanno abolita
solo per i crimini ordinari. Il fronte dei mantenitori conta invece
51 stati, contro i 54 del 2005 e i 60 del 2004. Un dato incoraggiante.
Ma se è vero che la schiera dei mantenitori si sfoltisce in
modo costante, nel 2006 sono aumentati i paesi che hanno applicato
la pena
capitale: 27 contro i 24 del 2005 e i 26 del 2004. In totale,
quindi, le esecuzioni sono aumentate arrivando almeno a 5.628, con
un
aumento rispetto sia al 2005 (5.494) sia al 2004 (5.530). Il
primato spetta all'Asia, e in particolare alla Cina, dove nel 2006
si stima
siano avvenute almeno 5mila esecuzioni (l'89% del totale). Secondo
Ntc, tuttavia, il dato relativo alla Cina è fortemente sottostimato,
perché le notizie ufficiose che trapelano dall'impero celeste
farebbero pensare a
circa 8mila giustiziati l'anno. In generale, l'Asia è il continente
con il maggior numero di esecuzioni (almeno 5.492). Nelle
Americhe,
solo gli Stati uniti non hanno licenziato il boia di stato (53 giustiziati
nel 2006), mentre in Africa le morti sono state almeno 80,
con un deciso aumento rispetto alle 19 del 2005 e alle 16 del 2004.
In Europa, la pena capitale sarebbe completamente abolita se non
fosse per la Bielorussia (3 esecuzioni nel 2006). Un caso a parte
è poi la Russia , che in qualità di membro del Consiglio
d'Europa si
è impegnata ad abolire la pena capitale e ha decretato una
moratoria delle esecuzioni. Il rapporto di Ntc analizza
anche il regime
politico dei paesi mantenitori: su 51 ben 40 sono definiti “dittatoriali,
autoritari o illiberali” e undici di “democrazia liberale”.
In particolare, sono tre paesi classificati come autoritari a occupare
i primi tre posti per numero di esecuzioni: dopo la già citata
Cina, l'Iran e il Pakistan. Nel 2006, l'Iran ha quasi raddoppiato
le esecuzioni (almeno 215 contro le 113 del 2005). E se si tiene in
conto il rapporto tra esecuzioni e popolazione, il paese degli ayatollah
si piazza al primo posto. Tra le democrazie liberali,
applicazioni della pena si registrano negli Stati uniti (53), in Giappone
(4), Mongolia (almeno 3), Indonesia (3) e Botwsana (1).
Sommate insieme, queste esecuzioni costituiscono l'1,2% del totale.
USA: un condannato su dieci è malato di mente
Gabriele Carchella Fonte: www.lettera22.itwww.lettera22.it
Mercoledi' 1 Febbraio 2006 Incapaci di intendere e di volere, ma non
di morire. Negli Usa, non basta essere malati di mente per
sfuggire alla pena capitale. Lo denuncia Amnesty International
in un rapporto che esamina i casi di cento prigionieri affetti da
gravi infermità mentali messi a morte dal 1977, anno in cui
ripresero le esecuzioni negli Stati uniti. Lo studio rivela che il
10%
delle oltre mille esecuzioni avvenute da allora ha riguardato malati
di mente. La percentuale è solo indicativa. Non è dato
sapere,
infatti, quanti tra gli altri condannati soffrissero di patologie
simili. Per molti di loro l'ipotesi è stata sollevata nel corso
dei
processi, ma l'insufficienza di fondi non ha permesso un esame psicologico
approfondito.
C'è poi da dire che anche
chi è sano quando
in cui finisce dietro le sbarre, può perdere il senno dopo
anni passati nel braccio della morte. E' significativo, inoltre, che
non
esistano numeri certi neanche per i condannati ancora vivi: secondo
l'Associazione americana della salute mentale, i malati di mente
costituiscono oggi dal 5 al 10% dei detenuti in attesa di esecuzione.
Non si tratta, insomma, di episodi isolati, ma di casi così
frequenti che meritano di essere messi sotto la lente d'ingrandimento.
Il sistema sanitario e giudiziario americano non sembra in
grado di affrontare la questione nel modo migliore. I problemi cominciano
sin dalla fase processo. Spesso i “matti” non sono difesi
in modo adeguato e la giuria non si rende conto della portata della
loro infermità. Atteggiamenti spavaldi o autolesionisti durante
il giudizio sono favoriti dai trattamenti a base di farmaci somministrati
agli imputati. Capita così che le bizzarrie dei malati di
mente vengano scambiate per mancanza di rimorsi di fronte ai crimini
contestati, fatto che aggrava la loro posizione.
La condanna
di
Amnesty è netta: “Negli Stati Uniti d'America centinaia
di persone affette da gravi forme di malattia mentale sono danneggiate
da un
sistema sanitario troppo lento nell'aiutarle e da un sistema giudiziario
troppo veloce nel mandarle a morte”. L'esecuzione dei malati
mentali risulta ancora più difficile da accettare dopo che,
nel giugno del 2002, la Corte suprema Usa ha messo al bando la pena
di
morte per i ritardati mentali sulla base del divieto contenuto nell'ottavo
emendamento per le punizioni crudeli e inusuali.
A giudizio della Corte, il disturbo mentale attenua la responsabilità
personale. Ma tra ritardo e malattia mentale il confine è
molto sottile, tanto che gli effetti sul comportamento possono essere
molto simili se non identici.
Eppure la distinzione
rimane e
la morte di stato continua a colpire anche chi, per la medicina, non
ha tutte le rotelle a posto. Il rapporto ricorda il caso di
Scott Panetti, schizofrenico soggetto a allucinazioni e più
volte ricoverato, che nel lontano 1955 fu condannato a morte in Texas
per aver ucciso i genitori adottivi. La sua storia ricorda la trama
di un film noir made in Hollywood: Panetti si presentava al
processo vestito da cowboy, si difendeva da solo e raccontava di demoni
apparsi dopo il suo delitto per dileggiarlo. Secondo un
medico presente al processo, l'imputato “era completamente ignaro
dell'effetto delle sue parole e delle sue azioni”. Nonostante
i chiari sintomi di follia, Panetti aspetta da cinquant'anni il giorno
dell'esecuzione rinchiuso nella sua cella. La giustizia
Usa non si ferma. Neanche se i condannati soffrono di gravi patologie
mentali o fisiche, come dimostra anche la storia di
Clarence Ray Allen, l'indiano cieco, cardiopatico e paralizzato ucciso
dal boia quindici giorni fa.
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