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DA GRENADA A PANAMA. I TRIONFI
DEL LIBERO MERCATO.
Fonte archivio web Noam Chomsky
Non
si può comunque negare che la ricetta del Fondo Monetario Internazionale
e della Banca Mondiale, imposta ora all'ex impero sovietico, abbia
avuto in passato alcuni importanti successi. Tra questi uno dei più
famosi è senza dubbio la Bolivia, salvata nel 1985 dal disastro
grazie alla 'nuova politica economica' somministratale da quegli esperti
che adesso esercitano le loro arti nell'Europa Orientale: il numero
dei dipendenti pubblici venne drasticamente ridotto, l'ente nazionale
delle miniere fu venduto ai privati provocando il licenziamento di
gran parte dei suoi dipendenti, i salari reali diminuirono, gli insegnanti
nelle campagne si dimisero in massa, nuove tasse indirette colpirono
i lavoratori, l'economia si contrasse insieme agli investimenti produttivi,
le ineguaglianze aumentarono. Nella capitale boliviana, scrive Melvin
Burke, "c'è un contrasto tra venditori ambulanti e mendicanti
da una parte e le boutique di lusso, gli alberghi sfarzosi e le Mercedes-Benz
dall'altra". Il prodotto nazionale lordo pro capite si è
ridotto a tre quarti di quello del 1980, mentre il debito estero assorbe
il 30% dei guadagni provenienti dalle esportazioni. Come premio per
questo miracolo economico, il F.M.I., l'"Interamerican Development
Bank" ed il club parigino dei G7 offrirono alla Bolivia un'ampia
assistenza finanziaria, compresi fondi neri per i ministri del governo.
Il miracolo tanto osannato consisterebbe nel fatto che i
prezzi si sono stabilizzati e le esportazioni sono in netta crescita.
Ma oggi, secondo Burke, circa due terzi dei proventi delle esportazioni
derivano dalla produzione e dal commercio della coca e quindi la stabilizzazione
dei prezzi ed il rafforzamento della divisa si spiegherebbero proprio
con gli introiti del narcotraffico. Del resto i traffici boliviani
della coca danno anche una mano all'economia nordamericana, dal momento
che l'80% dei 3 miliardi di dollari di profitti annui di quel settore
sono spesi e tenuti nelle banche straniere, soprattutto negli Usa.
La redditizia esportazione di stupefacenti "chiaramente giova
agli interessi della nuova borghesia e dei 'narco-generali' della
Bolivia", continua Burke, e "ovviamente serve anche gli
interessi nazionali degli Stati Uniti, in quanto il riciclaggio del
denaro sporco non solo è tollerato dagli Usa ma è, in
realtà, incoraggiato". Sono "i contadini poveri che
coltivano la coca", scrive Burke, gli unici a "lottare per
la sopravvivenza contro le forze militari degli Stati Uniti e dell'esercito
boliviano". E, quando non riescono a sopravvivere, ce ne sono
sempre altri per assicurare la continuazione di quel miracolo economico
così osannato dai teorici del libero mercato.
;Confermando questi dati, Waltrad Morales sostiene che in
Bolivia il 20% della manodopera si guadagna da vivere con la produzione
ed il commercio della cocaina, che ammonta alla metà del prodotto
interno lordo del paese. La 'miracolosa' crescita delle esportazioni
(di coca) ha sconvolto i prezzi della terra e lo sviluppo agricolo,
"e di conseguenza i boliviani non sono più in grado di
sfamarsi da soli". La malnutrizione dei bambini sotto i cinque
anni è più alta del 50% rispetto alla, già terribile,
media regionale. Ormai un terzo dei prodotti alimentari del paese
deve essere importato. "Questa 'crisi alimentare nazionale' -
aggravata dal modello economico neoliberista - ha contribuito all'emarginazione
dei contadini, costringendoli in molti casi a coltivare la coca per
sopravvivere", in un circolo vizioso che si avvita sempre più
verso l'abisso (24). Ed ora toccherà alla Polonia.
Ma sono molti i paesi che hanno registrato importanti successi,
grazie all'intervento tempestivo degli Usa ed ai loro saggi rimedi.
Prendiamo Grenada. In seguito alla sua 'liberazione' nel 1983 - dopo
diversi anni di guerra economica Usa e di minacce ormai cancellate
dalla storia - l'isola diventò il maggior destinatario (pro
capite) di aiuti Usa (dopo Israele, che è un caso a parte).
L'amministrazione Reagan volle che diventasse una 'vetrina del capitalismo',
formula convenzionale usata ogniqualvolta un paese viene salvato dai
propri abitanti e rimesso sulla retta via; il Guatemala, invaso nel
1954, era stato un altro di questi 'successi' (vedi cap. 7, par. 7).
I programmi di riforma imposti a Grenada provocarono i soliti disastri
sociali ed economici, ed ora sono criticati persino da quel settore
privato che godeva i benefici di tali imposizioni. Inoltre, "l'invasione
ha avuto l'effetto sui tempi lunghi di soffocare la vita politica
dell'isola", scrive da Grenada l'assistente speciale di Carter,
Peter Bourne, insegnante in quell'istituto di medicina i cui studenti
sarebbero stati 'salvati' dall'intervento Usa: "I leader locali
deboli e compiacentemente pro-americani non sono stati in grado di
elaborare alcuna politica creativa per risolvere i problemi sociali
ed economici di Grenada" mentre sull'isola si registrano livelli
record di alcolismo e tossicodipendenza, "un malessere sociale
paralizzante" cosicché a gran parte della popolazione
non resta che "fuggire dal suo bellissimo paese".
In realtà l'invasione ha prodotto qualcosa di positivo,
scrive Ron Suskind in un articolo apparso sulla prima pagina del "Wall
Street Journal" con il titolo "Resa sicura dai Marines,
Grenada adesso è un paradiso per le banche offshore".
Anche se, come osserva un parlamentare, capo di una ditta di investimenti,
l'economia è in "uno stato terribile" - grazie ai
piani di ristrutturazione gestiti dall'"Usaid" ("U.S.
Agency for International Development"), ma questo il "Journal"
non lo dice. Quel che conta è che per gli Usa, con 118 banche
offshore, una per ogni 64 abitanti, la capitale di Grenada "è
diventata la Casablanca dei Caraibi, un rifugio sicuro per il riciclaggio
del denaro, l'evasione fiscale e varie truffe finanziarie". Avvocati,
ragionieri ed alcuni uomini d'affari se la passano bene; come, senza
dubbio, i banchieri stranieri, i riciclatori di denaro ed i signori
della droga, al sicuro dalle grinfie della tanto reclamizzata 'guerra
alla droga' (25).
Anche la liberazione di Panama da parte degli Usa ha registrato
un analogo trionfo. Basti pensare che, dall'invasione del 1989, il
numero delle persone al di sotto della soglia di povertà è
aumentato dal 40 al 54%. Un sondaggio del 1992 sostiene che se si
tenessero libere elezioni, Guillermo Endara, nominato presidente in
una base militare Usa il giorno dell'invasione, otterrebbe non più
del 2% dei voti. Il suo governo in occasione del secondo anniversario
dell'invasione Usa proclamò una "giornata nazionale di
riflessione" - scrisse l'agenzia "France Press" - ma
migliaia di panamensi "parteciparono quel giorno ad una 'marcia
a lutto' nelle strade della capitale per denunciare l'invasione Usa
e le politiche economiche di Endara". I manifestanti denunciarono
anche l'uccisione da parte delle truppe Usa di circa 3000 persone,
i cui corpi sarebbero stati sepolti in fosse comuni o buttati in mare.
L'economia di Panama non si è più ripresa dai colpi
dell'embargo Usa e dell'invasione. Un capo della Crociata Civica,
che aveva guidato l'opposizione delle classi medie contro Noriega,
dichiarò al giornalista del "Chicago Tribune", Nathaniel
Sheppard: "Le sanzioni economiche imposte contro la nostra volontà
nel 1987 per scacciare Noriega non solo non lo danneggiarono minimamente
ma, anzi, hanno rovinato la nostra economia. Così ci siamo
convinti che le sanzioni potrebbero essere state parte di un piano
tendente proprio a raggiungere questo obiettivo in modo tale da toglierci
la possibilità di chiedere agli Usa il rispetto della nostra
dignità ed un miglior trattamento per il nostro paese".
In occasione della visita a Panama di George Bush, nel giugno del
1992, conclusasi rapidamente in un fiasco ampiamente pubblicizzato,
Sheppard scrisse che quel giorno era emersa "la profonda ostilità
che da tempo la popolazione cova verso il presidente Usa" a causa
dell'invasione; la "presenza delle truppe americane armate di
fucile" nei quartieri residenziali era già particolarmente
irritante, e gli umori della gente si fecero ancor più neri
quando forze di sicurezza accompagnate da "circa otto americani"
invasero la residenza di un membro dell'Assemblea Nazionale e, secondo
quanto dichiarato dalla moglie, saccheggiarono i suoi documenti, presero
dei passaporti e spararono in aria minacciando la donna che era in
casa da sola.
Un rapporto sulla situazione a Panama dopo l'invasione,
presentato dall'ambasciatore messicano Javier Wimer al Comitato per
i diritti economici sociali e culturali dell'Onu, afferma che l'economia
è al collasso, con "effetti catastrofici per la sopravvivenza
della popolazione, per la situazione abitativa e la fornitura di servizi
fondamentali quali la salute, l'istruzione e la cultura". In
aumento anche, come risultato dell'invasione e dei successivi tentativi
di "liquidare i residui del nazionalismo panamense", le
violazioni dei diritti umani e sindacali, e la repressione di qualsiasi
organizzazione che potrebbe "esprimere la protesta della società
civile e l'opposizione politica".
I governi di Panama e degli Usa, conclude il rapporto, sono entrambi
responsabili di "serie e sistematiche" violazioni dei diritti
umani. Secondo l'autorevole CAR ("Central America Report",
Guatemala), la guerra Usa alla droga servirebbe anche come copertura
per attacchi ad attivisti di base da parte delle forze di sicurezza,
e per altri abusi dei diritti umani.
Ma non tutti i dati relativi alla situazione economica panamense
sono negativi. Il "Gao" ("General Accounting Office",
Ufficio Generale del Bilancio) del Congresso ha reso noto che il volume
del narcotraffico a Panama "sarebbe raddoppiato" dopo l'invasione
mentre 'prospera' il riciclaggio di denaro sporco, come poteva immaginare
chiunque conoscesse la piccola élite di origine europea che
fu riportata al potere dagli Usa. Una ricerca finanziata dall'"Usaid"
rivela inoltre che l'uso delle droghe a Panama è il più
elevato dell'America Latina, con un aumento del 400% dal mese in cui
sbarcarono i marines. Il segretario generale del Centro per gli Studi
Latinoamericani, che partecipò alla ricerca, afferma che le
truppe Usa "costituiscono un mercato molto redditizio per la
droga", contribuendo ulteriormente alla crisi. L'aumento delle
tossicodipendenze è "senza precedenti... specialmente
tra i poveri ed i giovani", scrive il "Christian Science
Monitor" (26).
Un altro trionfo della democrazia del libero mercato è
avvenuto in Nicaragua, dove il governo Chamorro e l'ambasciatore americano
Harry Shlaudeman hanno firmato un accordo per permettere nel paese
le operazioni della "Dea" ("Drug Enforcement Agency")
"nel tentativo di controllare il problema del narcotraffico",
come riferisce il bollettino del CAR. Un agente dell'organismo Usa
antidroga in Costa Rica ha dichiarato che il Nicaragua "è
diventato un corridoio per il trasporto della cocaina colombiana negli
Stati Uniti" e, secondo un magistrato del Dipartimento della
Giustizia, il sistema finanziario nicaraguense sarebbe anch'esso coinvolto
nel riciclaggio dei narcodollari.
All'interno del Nicaragua l'uso degli stupefacenti è
in aumento, alimentato sia dall'alto consumo dei rimpatriati da Miami
che dal continuo declino economico e dalle nuove vie apertesi al narcotraffico
da quando gli Usa hanno preso il controllo della situazione. "Dall'insediamento
del governo Chamorro e dal ritorno in massa dei nicaraguensi da Miami
- scrive il CAR - il consumo di droga è aumentato considerevolmente
in un paese che per molto tempo non aveva avuto questo problema".
Da parte sua il capo dei Miskito, Steadman Fagoth, ha accusato di
complicità con i cartelli colombiani due membri del gabinetto
Chamorro, il suo ex socio nei Contra Brooklyn Rivera ed il ministro
della Pesca sulla costa atlantica. Il delegato nicaraguense alla Nona
Conferenza Internazionale sul Narcotraffico dell'aprile 1992 sostenne
che il Nicaragua "è diventato un punto di snodo nelle
spedizioni di cocaina in Usa e in Europa". A Managua, intanto,
aumenta rapidamente il numero dei 'bambini di strada' e si aggrava
il fenomeno delle tossicodipendenze, piaghe che erano state praticamente
eliminate a partire dal 1984. Bambini di dieci anni fiutano ora la
colla perché "toglie la fame".
Ed a questo proposito, in tutta sincerità, non possiamo
nascondere un segnale di vivacità economica registratosi a
Managua ora che gli Usa hanno riassunto il comando: la vendita della
colla da scarpe fiutata dai bambini (importata tramite una ditta multinazionale)
è diventata un affare molto redditizio (27).
Nell'agosto del 1991, in una conferenza di funzionari pubblici
e di organizzazioni non governative a Managua, si giunse alla conclusione
che il paese aveva circa 250 mila tossicodipendenti ed era diventato
una stazione di transito per il trasporto della droga (in Costa Rica
si registrano 400 mila tossicodipendenti, 450 mila in Guatemala, 500
mila in Salvador). Le tossicodipendenze sono in aumento particolarmente
tra i giovani. Uno dei promotori della Conferenza affermò che
in Nicaragua "nel 1986 non c'era un solo caso di consumo di droghe
pesanti" mentre "nel 1990, se ne erano registrati almeno
12 mila". Inoltre, se nella sola Managua la polizia ha scoperto
118 operazioni legate al narcotraffico, la costa atlantica è
diventata un vero punto di transito internazionale delle droghe pesanti,
e vi si è registrato anche un aumento in loco delle tossicodipendenze.
La giornalista Usa, Nancy Nusser, riferisce da Managua che la cocaina,
secondo i venditori, è divenuta "di facile reperibilità
solo da quando il presidente Violeta Chamorro ha preso il potere nell'aprile
del 1990". "Non c'era coca durante l'epoca dei sandinisti,
solo marijuana", ha confermato un trafficante. Il ministro Carlos
Hurtado ammette, da parte sua, che "il fenomeno del traffico
della cocaina esisteva anche prima, ma era di dimensioni assai più
ridotte". Adesso invece il fenomeno, secondo "un alto diplomatico
occidentale esperto in materia" (probabilmente dell'ambasciata
americana), starebbe invece fiorendo soprattutto nella costa atlantica,
divenuta "terra di nessuno". Sul "Miami Herald",
Tim Johnson riferisce che anche il vicino Salvador "è
afflitto da una nuova peste: il narcotraffico" e che come via
per le spedizioni di coca negli Usa, è ora sorpassato solo
da Panama e dal Guatemala (28).
La droga sta diventando "l'industria emergente nel
Centroamerica", scrive il CAR, a causa delle attuali "dure
condizioni economiche e della mancanza di lavoro che portano l'85%
della popolazione a vivere in povertà"; una situazione
aggravatasi in seguito all'offensiva neoliberista. Comunque, l'insieme
di questi problemi non ha ancora raggiunto la gravità della
Colombia, dove le forze di sicurezza, armate e addestrate dagli Usa,
continuano a praticare il terrorismo, la tortura e le uccisioni extragiudiziali,
prendendo di mira figure dell'opposizione politica, attivisti, sindacalisti,
difensori dei diritti umani e le comunità contadine in generale;
il tutto mentre gli aiuti Usa "contribuiscono ad aggravare la
corruzione delle forze di sicurezza colombiane ed a cementare l'alleanza
di sangue tra politici di destra, ufficiali dell'esercito e spietati
narcotrafficanti", come sostiene l'attivista per i diritti umani
Jorge G¢mez Lizarazo, un ex giudice. La situazione in Perù,
poi, è ancora peggiore (29)
Note:
N. 24. Burke, "Current History", febbraio 1991. Morales,
"Third World Quarterly", vol. 13.2, 1992. Vedi anche Peter
Andreas et al., 'Dead-End Drug Wars', "Foreign Policy",
inverno 1991-92.
N. 25. McAfee, "Storm Signals", cap. 7. Bourne,
"Orlando Sentinel", 12 aprile 1992. Suskind, "The Wall
Street Journal", 29 ottobre 1991. Chomsky, "Deterring Democracy",
p. 162; sulla storia occultata, vedi "Necessary Illusions",
177n.
N. 26. "Central America Report", 27 settembre
1991, 5 giugno 1992. "Latinamerica press", Lima, 4 giugno
1992. A.F.P., "Chicago Sun-Times", 22 dicembre 1991. Sheppard,
C.T., 18 giugno, 22 maggio, 1 settembre 1992. "Proceso",
Messico, 2 dicembre 1992 (LANU). Kenneth Sharpe, C.T., 19 dicembre
1991. Andreas, op. cit. Joachim Bamrud, "Christian Science Monitor",
24 gennaio 1991.
N. 27. "Central America Report", 20 settembre,
29 novembre, 3 maggio 1991. "Links" (National Central America
Health Rights Network), estate 1992
N.28. Felipe Jaime, I.P.S., "Subtext", Seattle,
3-16 settembre. Nusser, "New York Times news service", 2
settembre. Johnson, "Miami herald", 3 dicembre 1991
N. 29. "Central America report", 11 ottobre 1991. Gemez,
"New York Times", 28 gennaio 1992. Vedi "Americas Watch",
"Drug War"; Wola, " Clear and Present Dangers".
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