|
|
Iraq, un terzo
della popolazione ha bisogno di aiuto urgente
Di Ornella Sangiovanni_ - Osservatorio Iraq -
www.osservatorioiraq.it
30 luglio 2007 - Un terzo della popolazione irachena ha bisogno di
aiuti d'emergenza, a causa della crisi umanitaria
provocata dalla guerra e dalla violenza in atto nel Paese.
Il 15% degli iracheni non può permettersi di mangiare regolarmente,
e il 70% non ha accesso adeguato all'acqua, mentre il 28% dei
bambini è malnutrito, e il 92% ha problemi nell'apprendimento.
<br><br>E' solo una parte del quadro che esce da un nuovo
rapporto sulla situazione umanitaria in Iraq, redatto dall''organizzazione
internazionale Oxfam assieme al NGO Coordination Committee in Iraq
(NCCI) - il coordinamento che raggruppa le Ong che operano
in Iraq - e reso pubblico oggi.<br>Lo studio - dal titolo Rising
to the Humanitarian Challenge in Iraq [Essere all'altezza della sfida
umanitaria in Iraq] - dice che,
nonostante la violenza armata sia la maggiore minaccia che oggi si
trovano ad affrontare gli iracheni, la popolazione sta vivendo anche
un'altra crisi "di portata e gravità allarmante",
minacciata sempre più da malattie e malnutrizione.
A
circa 8 milioni di persone servono urgentemente acqua, servizi fognari,
cibo, e alloggio, mentre sono oltre 2 milioni - in
maggioranza donne e bambini - quelli che sono stati costretti ad abbandonare
le loro case, e ora vivono da sfollati all'interno
dell'Iraq, senza un reddito su cui poter contare.
Altri 2 milioni sono fuggiti dal Paese, rifugiandosi per lo più
nelle vicine Siria e Giordania, scrive il rapporto, confermando le
cifre diffuse dalle Nazioni Unite. <br>La "fuga dei cervelli"
in atto in Iraq sta mettendo ulteriormente a dura prova i servizi
pubblici già inadeguati, dato che migliaia di
medici, insegnanti, ingegneri, e altri professionisti sono costretti
ad andarsene, si legge nel documento. Le stime danno attorno al
40% (a fine 2006) la percentuale di coloro che sono fuggiti dal Paese.
Peggio di prima Molti
dei dati riportati nel rapporto mostrano un deterioramento marcato
delle condizioni di vita degli iracheni rispetto a prima
dell'invasione Usa.<br>L'accesso all'acqua, ad esempio, è
sceso al 70%, dal 50% del 2003, mentre la malnutrizione infantile
è oggi del 28%, rispetto al 19% di
prima dell'invasione. Attualmente, solo il 60%
degli iracheni ha accesso alle razioni alimentari governative - il
"sistema pubblico di distribuzione" (PDS)
creato nel settembre 1990, sotto Saddam Hussein, per far fronte agli
effetti devastanti delle sanzioni economiche, imposte al Paese
dopo l'invasione del Kuwait, e poi mantenute fino alla guerra del
2003. Il 43% vive nella"povertà assoluta",
si legge nel rapporto, mentre, secondo alcune stime, più di
metà della popolazione è senza lavoro.
"I
servizi essenziali, distrutti da anni di guerra e sanzioni, non sono
in grado di soddisfare le necessità degli iracheni", ha
detto
Jeremy Hobbs, direttore di Oxfam International. "Milioni di iracheni
sono stati costretti a fuggire dalla violenza, o in un'altra parte
dell'Iraq, o all'estero. Molti di questi stanno vivendo in una tremenda
povertà".
Fare di più Hobbs
ha esortato il governo iracheno, le Nazioni Unite e la comunità
internazionale a fare di più per aiutare gli iracheni. "Il
governo iracheno deve impegnarsi ad aiutare i suoi cittadini più
poveri, compresi gli sfollati, estendendo ai più vulnerabili
la
distribuzione di pacchi di generi alimentari e denaro in contanti",
ha detto.
L'organizzazione umanitaria internazionale
ha chiesto in particolare che l'attuale indennità mensile di
100 dollari Usa che viene data
alle famiglie irachene che hanno come capofamiglia una vedova venga
raddoppiata.
Crescono le necessità, diminuiscono i fondi Ma
il direttore di Oxfam si rivolge anche ai donatori occidentali, che,
dice "devono lavorare attraverso le organizzazioni umanitarie
internazionali e quelle irachene, e sviluppare sistemi più
flessibili, per garantire che queste organizzazioni operino in modo
efficace
ed efficiente". I risultati di una recente indagine
di Oxfam sui donatori mostrano che nel 2006 i finanziamenti per gli
aiuti umanitari all'Iraq sono
diminuiti in modo allarmante - scendendo a soli 95 milioni di dollari
(da 862,48 per il 2003, 875,09 per il 2004, e 453,43 per il 2005)
- nonostante l'aumento evidente delle necessità. E
si tratta di dati incompleti, dato che solo 19 dei 22 donatori che
fanno parte del Development Assistance Commitee (DAC) sono stati
disposti a fornire informazioni per l'indagine. Un ulteriore
problema per i fondi, si legge nel rapporto, è rappresentato
dal fatto che molte organizzazioni umanitarie non accettano
soldi dai governi che hanno truppe in Iraq, dato che questo potrebbe
mettere in pericolo la loro sicurezza e indipendenza.
Questa è anche la politica di Oxfam. E' per questo, viene rimarcato,
che è particolarmente importante che i Paesi che non hanno
truppe
- ad esempio Belgio, Canada, Francia, Germania, Svezia, e Svizzera
- acconsentano ad aumentare il loro budget per le attività
umanitarie in Iraq.
Nel rapporto, inoltre, si sottolinea
il ruolo vitale che le Nazioni Unite, in particolare la United Nations
Assistance Mission in Iraq
(UNAMI) - la Missione di assistenza all'Iraq - e l'Ufficio per il
coordinamento degli affari umanitari (OCHA), devono avere nel fornire
assistenza umanitaria, anche se quello che svolgono attualmente è
fortemente limitato dalle condizioni della sicurezza nel Paese. La
stessa Oxfam non opera in Iraq da fine 2003, a causa dei rischi per
la sicurezza, ma sostiene le organizzazioni partner che vi
lavorano da una base ad Amman, in Giordania, come del resto fa ormai
la quasi totalità delle Ong internazionali che hanno programmi
nel
Paese (80, secondo il rapporto)- comprese quelle che compongono il
NCCI.
E l'80 % di queste organizzazioni potrebbero fare di più, se
avessero i fondi, ha concluso una indagine condotta da Oxfam nell'aprile
di
quest'anno.
|
|
|