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DAI CARACOLES ALLA OTRA CAMPAŅA
Tratto
da IL Chiapas: la storia di una rebeldia. Prodotto dal gruppo
Chiapas del Roma Nord-Est Social Forum
Tra il 2003, anno dell'annuncio della formazione dei Caracoles, e
il 2005, anno dell'Allerta Rossa e della Sesta Dichiarazione,
c'è un periodo di cosiddetto"silenzio" zapatista,
in cui non compaiono alla ribalta dichiarazioni e novità eclatanti.
In realtà
sono due anni di intensissimo lavoro, che non appare sulla ribalta
dei mezzi di comunicazione, ma che crediamo abbia costituito
per le comunità zapatiste un momento di grande coinvolgimento
e il farsi di un'esperienza nuova che sicuramente sta alle spalle
delle grandi novità del 2005-2006, cioè Sesta Dichiarazione
e lancio della Otra Campagna.
Infatti, la grande festa di Oventic in cui, annunciando la morte delle
Aguacalientes e la nascita dei Caracoles, si dava inizio alla
applicazione unilaterale della parte degli Accordi di San Andrès
riguardante l'autonomia indigena, diceva solo questa volontà
di autonomia,
che, pur prefigurata per certi versi nei Municipi Autonomi esistenti
da diversi anni, era ancora tutta da inventare nei fatti e nel vivere
concreto. In altre parole questi due anni sono stati dedicati alla
realizzazione effettiva di tale autonomia nei settori che si erano
individuati come pilastri portanti e imprescindibili per il miglioramento
della vita delle comunità, e cioè produzione, educazione
e salute.
Si trattava di elaborare progetti per ciascuno di questi settori in
base alle necessità e alle esigenze formulate dlle varie comunità,
nei
contesti diversi delle varie regioni, quindi dei vari Caracoles e
delle loro espressioni decisionali, le Giunte di Buon Governo.
E già questo è stato uno sforzo organizzativo gigantesco,
se si tengono presenti tutte le difficoltà di comunicazioni,
trasporti,
non ultima l'abitudine all'isolamento in cui sono state mantenute
per secoli le comunità medesime,ma soprattutto l'intento fermo
di "comandare obbedendo" vale a dire di ascoltare prima
di tutto le comunità cui si riferiscono tali progetti. Si trattava
poi di
far funzionare gli organismi, Municipi e Giunte, dove chi ricopre
l'incarico, su mandato della comunità, non solo non è
pagato,
ovviamente, ma deve essere sostituito nel suo lavoro quotidiano per
il mantenimento della famiglia,; il viaggio, per raggiungere
i municipi o le sedi delle giunte, spesso assai lungo, comporta disagi,
spese ( camionetas, colectivos, ecc.) o lunghe fatiche
di percorsi a piedi o con mezzi di fortuna. I componenti delle giunte
durano in carica per tempi brevi, sia per le ragioni succitate,
sia perché è un pò passata l'idea che tutti,
più o meno, devono poter fare l'esperienza del "comando",
tutti devono imparare a capire
quali sono i problemi, quali sono le possibili modalità di
soluzione, diminuendo, in tal modo,la distanza fra chi chiede e chi
decide,
fra chi "comanda" (la comunità) e chi "obbedisce"
(la giunta).Concretamente un nuovo modo di far politica, una nuova
relazione fra la società
e gli organismi decisionali, una vera scommessa storica. Non esente,
è chiaro, da difficoltà di percorso, da contraddizioni,
da
rallentamenti nel lavoro, da confusioni e intoppi: ogni volta che
cambiano i membri della giunta, essi, nell'arco di un tempo brevissimo,
devono farsi carico di capire tutto quello che è stato fatto
prima di poter proseguire, ogni volta che cambiano i membri della
giunta, i
collaboratori della società civile nazionale e internazionali
si trovano di fronte a persone nuove con cui devono riallacciare i
discorsi
già iniziati....E tuttavia, nonostante queste difficoltà
passi, non piccoli, sono stati fatti, risultati sono stati ottenuti,
senza
rinunciare al valore di fondo dell'autonomia, e del comandare-obbedendo.
In questi due anni, dunque, si è cominciato a dar vita all'autonomia,
si sono preparati progetti, si è dato l'avvio alla loro realizzazione.
Nel campo della salute, oltre alla costruzione di piccole cliniche
, soprattutto di pronto soccorso, oltre alla formazione, importantissima,
di personale diciamo paramedico ( i promotores de la salud ) che agisce
in ogni comunità, in alcuni caracoles si è proceduto
alle prime
vaccinazioni di massa. Nel campo dell'educazione,oltre alla costruzione
puramente fisica delle scuole primarie di comunità si è
dato inizio
a una scolarizzazione di massa, nonostante le difficoltà inerenti
alle possibilità concrete di frequenza ( ricordiamo che i bambini
delle
comunità, già in giovanissima età, scolare per
intenderci,sono gravati da compiti vari, dall'accudimento dei più
piccoli, all'aiuto in casa>
o sul lavoro)e contemporaneamente alle scarse risorse di insegnanti
in grado di gestire effettivamente la situazione;si sono costruite
altre
scuole secondarie e si continuano, importanti proprio per quello che
si è detto sopra, i corsi di formazione e capacitazione per
chi dovrà
insegnare ( i promotores de educacion); si è continuato a riflettere
su cosa e come insegnare.
Nel campo della produzione si sono iniziati
progetti di allevamento bestiame e di produzione agricola diversificata
( gli orti)per migliorare l'alimentazione di base. In tutte queste
attività i Caracoles e le Giunte sono autonomi l'una dall'altra
e dunque i risultati sono diversi fra loro. La cosa che li accomuna
è la
costante riflessione su ciò che va e ciò che non va,
sui passi positivi e sugli eventuali errori, su cosa e su come correggere
senza, pare, idee prefissate, ma con la volontà di intervenire
sui casi singoli, provando e riprovando, aggiustando il tiro, immaginando
soluzioni alternative......Un processo lungo, complicato, ma che non
sfugge mai di mano perché costantemente a contatto con la realta
concreta delle cose e delle persone, non guidato da un "alto"
che pensa astrattamente, decide,ordina su una situazione concreta
che conosce di lontano e su un materiale umano, su persone, di cui
non conosce né le esigenze, né tanto meno i problemi
e le difficoltà; un processo defatigante forse, ma anche pieno
di fattività e di speranza.
Il percorso di questi due anni è stato
possibile con l'aiuto economico della società civile nazionale
e internazionale e proprio in questo
aspetto la novità della presenza delle Giunte è stato
determinante: gli aiuti arrivano ora non più come "carità"
indiscriminata, verso chi non "ha", secondo ipotesi
più o meno pensate, ma comunque pensate a tavolino dall'esterno
( per di più un esterno lontano geograficamente e
culturalmente ), secondo un'immagine dei bisogni e delle esigenze
mutuata su parametri occidentali; gli aiuti sono ora richiesti e accettati
in base ai progetti formulati dalle Giunte, e poi ridistribuiti dalle
medesime secondo le modalità egualitarie proprie della cultura
indigena.
Anche il movimento degli occidentali nei territori zapatisti è
controllato in ultima istanza dalle Giunte, cosa che a volte ha creato
frizioni
e malcontenti, soprattutto per i tempi di attesa, per le difficoltà
di comprensione, perché "perdere tempo" ( magari
giustamente per un
giovane che ha tempi precisi di permanenza in Chiapas, biglietti aerei,
budget minimo ecc. ) è, per un occidentale, il massimo dei
peccati e
imparare il tempo lungo e la pazienza è la sua più grande
difficoltà. Tuttavia le difficoltà vengono presto archiviate
di fronte
all'attività, alla speranza palpabile, al senso del futuro,
ai pur minimi risultati visibili, al senso del costruire insieme che
ormai
l'occidente ha dimenticati da secoli, invischiato in attività
quasi mai propositive ma di rincorsa e rifiuto e lotta rispetto alle
malefatte del potere.
I tempi si sono rivelati più lunghi di quelli che le comunità
avevano forse sperato: 500 anni di oblio e di abbandono richiedono
recuperi
di cui difficilmente immaginiamo la difficoltà, richiedono
in definitiva una volontà e una pazienza che l'indigeno zapatista
mette in>
campo come la sua qualità più forte, proprio perché
questi 500 anni hanno cementato l'attacamento alle sue radici e la
consapevolezza
delle differenze non rinunciabili. Uno dei dati più interessanti,
tornando in Chiapas nelle comunità dopo l'avvento delle giunte,
è
proprio il fermento che si può notare a livello di comunità,
di autorità, di singoli individui, relativo a questo "fare",
relativo
alle decisioni da prendere, il pollame collettivo o gli orti gestiti
dalle donne, relativo alla volontà di prendere in mano la
propria vita e la propria storia: non più oggetti di disprezzo
ed oblio,ma soggetti e attori del proprio cambiamento, non più
oggetti di ingiustizia che si ribellano "contro", ma soggetti
di una "costruzione" per sé.
Non più la danza immobile ma il vento del nuovo.
In questo contesto come un fulmine a ciel sereno
(anche se qualcuno più attento si aspettava un'uscita eclatante
da parte dell'EZLN)nel 2005
l'Allerta Rossa e la Sesta Dichiarazione della Selva
Lacandona.
Il 19 giugno 2005 l'EZLN improvvisamente decreta in tutto il territorio
rebelde l'allerta rosso generale. In termini concreti questo
significa la chiusura delle sedi dei Caracoles, delle Giunte e dei
Municipi, l'evacuazione dei membri di questi organismi ai fini della
loro sicurezza, ma non il blocco delle attività che continueranno,
anche se in condizioni diverse, in forma clandestina e itinerante,e
significa inoltre il richiamo alle armi di tutti gli elementi dell'esercito.
Negli stessi giorni la Segreteria della Difesa Nazionale (SEDENA)
dichiara di aver distrutto 44 colture di marijuana in territori zapatisti
( da notare che nei territori zapatisti non solo è proibito
l'uso di droga, ma nelle comunità è proibito anche l'uso
di bevande alcoliche).
L'ìntento, abbastanza smaccato, è quello di criminalizzare,
come narcotrafficanti, gli zapatisti e di giustificare in tal modo
qualsiasi
azione a venire. E si sa che la semina di colture in territori che
si decide di attaccare fa parte dei manuali di controinsurgencia delle
forze armate ( v. al riguardo le analisi di Montemayor ). Nel giro
di breve tempo, queste accuse verranno smantellate e la SEDENA dovrà
fare marcia indietro.
All'improvviso si scopre che la pace presunta tra lo stato messicano
e l'EZLN, o, meglio, gli zapatisti, le basi di appoggio zapatista,
è
una fandonia, una rimozione della politica: dai 15 minuti che Fox
riteneva necessari per portare la pace in Chiapas in poi, non si è
più
parlato delle tensioni continue, del dispiego sempre più forte
dell'esercito federale in Chiapas,della presenza sempre più
incombente dei
paramilitari, incoraggiati armati e difesi dalle forze federali, della
presenza insomma di un conflitto latente continuo , dagli sgomberi
forzati ai conflitti per l'acqua, per la terra , dalle lotte e resistenze
contro le ipotesi di modernizzazione e di turistizzazione delle
zone più interessanti all'intervento paramilitare con sequestri,
sparizioni e morti. Siccome, non c'è stata più una guerra
guerreggiata
da titoli di giornale e riprese televisive, vuol dire che c'è
la pace.
L'allerta rossa è uno scossone che riporta in chiaro ciò
che succede in Chiapas. Tutto ciò che abbiamo descritto prima,
la costruzione
dell'autonomia, non è avvenuto in un giardino di rose, tra
colori e profumi, è avvenuto in e nonostante un campo minato.
Nelle agende e
negli sproloqui della campagna elettorale che sta per iniziare tutto
il "problema Chiapas" è inesistente, rimosso, e con
ciò è
inesistente e rimosso tutto il problema del collocamento, dei diritti
e della "questione" indigena. Nel 2001 , agosto, la riforma
costituzionale sui diritti e la cultura indigena, approvata dal Congresso
Federale, una vera e propria caricatura di riforma, che
ignora gli Accordi di San Andrés, ha di fatto sancito di nuovo
e con forza l'esclusione politica non solo dello zapatismo ma di
tutta la popolazione indigena messicana. Dice Navarro ( giugno 2005)
" anche se a foxilandia non esiste guerra nel sudest messicano,
l'esercito continua a pattugliare la regione e i paramilitari continuano
ad operare". Queste semplici verità non sono ignorate
solo
dal governo, sono dimenticate da tutta la classe politica, da tutti
"los de arriba". Ebbene, l'allerta rossa sta lì a
rimettere le
cose al loro posto, sta lì a dire "attenzione, non è
così" ma soprattutto a ribadire " noi siamo qui".
Che non vuol dire siamo pronti
a ricominciare una guerra guerreggiata, significa dire che, se il
processo di costruzione dell'autonomia viene attaccatto militarmente
o comunque con azioni di violenza, lo zapatismo, l'Ezln, sono pronti
alla difesa e sono pronti a rilanciare, a dare inizio a una nuova
fase di azione politica che smascheri il silenzio e la rimozione dei
"los de arriba", che parta dalla realtà e non dalle
parole della
politica.
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