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Occupazione
Il Tibet ha una storia di nazione
indipendente, che risale al 127 a.C.
Nel 1949 e' stato occupato
dalla Repubblica Popolare Cinese, una sistematica conquista che ha
provocato innumerevoli atti di repressione. Il 10 marzo
del 1959, la resistenza tibetana
e' culminata in una rivolta nazionale contro gli occupanti. L'esercito
cinese ha schiacciato l'insurrezione uccidendo, in quella data piu'
di 87.000 tibetani solo nel Tibet centrale; in quell'occasione il
Dalai Lama, capo di stato e guida spirituale del Tibet insieme ai
membri del suo governo e 80.000 tibetani sono fuggiti dal Tibet
riparando in India, in Nepal e in Bhutan.
Oggi sono piu'
di 120.000
tibetani in esilio e il numero continua ad aumentare. Solo
nell'esilio, infatti, il popolo tibetano riesce, tra mille difficoltà
e ristrettezze, a mantenere viva la propria identità culturale,
religiosa
e linguistica (la lingua tibetana non è più insegnata
nelle scuole).
I profughi preferiscono affrontare l'Himalaya nella speranza
di potersi sentire ancora con orgoglio tibetani. Si viaggia
a piedi per intere settimane, attraversando tratti difficoltosi
in piccoli gruppi o da soli, di notte o in inverno per evitare la
cattura dalle autorità cinesi.
I più fortunati che superano anche l'assideramento e riescono
ad arrivare in Nepal passano dal Centro di Accoglienza
di Kathmandu dove vengono rifocillati. Il loro viaggio proseguirà
prima per Dharamsala dove risiede il governo tibetano in esilio e
poi per uno dei campi profughi che si trovano nel territorio indiano.
Secondo Jampa Chonjor, direttore del
centro di accoglienza, circa il 40 % dei rifugiati sono donne. Il
Progetto tibetano per la sopravvivenza delle vittime della tortura
(TTSP), organizzazione sostenuta dal Governo Tibetano in esilio, ha
raccolto numerose testimonianze sui metodi di tortura usati.
Un milione
e duecentomila tibetani - un quinto della popolazione - sono morti
come risultato dell'occupazione cinese.
Migliaia
di prigionieri religiosi
e politici sono detenuti in prigioni e in campi di lavoro forzato
dove la tortura e' pratica comune. I sopravvissuti hanno denunciato
di essere stati brutalmente picchiati, di avere subito elettroshock,
violenze sessuali ed essere stati sottoposti a temperature estreme.
Le donne tibetane sono soggette a sterilizzazione forzata e a procurati
aborti. I tibetani, nonostante il rischio di torture, di
imprigionamento
e di esecuzioni capitali, non hanno mai accettato l'occupazione cinese
del loro Paese. Dal settembre del 1987, in tutto il Tibet si sono
verificate piu' di 100 dimostrazioni contro il dominio cinese, che
hanno avuto come risultato piu' di 450 morti e la carcerazione di
migliaia di tibetani, senza un regolare processo. Le risorse
naturali
del Tibet e la sua fragile ecologia stanno per essere irremediabilmente
distrutte, come risultato dell'invasione cinese. Gli animali selvatici
sono stati praticamente sterminati, le foreste abbattute, ed il terreno
risulta impoverito ed eroso.
Il Tibet un tempo pacifico
stato cuscinetto
tra l'India e la Cina, e' stato trasformato in una vasta base milltare,
che ospita non meno di 300.000 soldati cinesi, ed un quarto della
forza missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente in 350
testate nucleari. Piu' di 6000 monasteri, templi e edifici storici
sono stati razziati e rasi al suolo, le loro antiche e uniche opere
d'arte e i tesori della letteratura sono stati distrutti o venduti,
l'80% durante le "riforme democratiche" prima del 1966,
ed il rimanente
20% durante la Rivoluzione Culturale, secondo le autorita' cinesi.
La Cina, in Tibet, proibisce l'insegnamento e lo studio del Buddhismo.
L'odierna apparenza di liberta' religiosa e' stata inaugurata unicamente
per fini di propaganda politica e per il turismo. Il Tibet e' controllato
strettamente dal partito e dall'esercito Comunista Cinese. Pechino
nomina tutti i funzionari superiori del governo e del partito, la
maggior parte dei quali non parla tibetano. Le cure mediche non sono
accessibili a tutti e le strutture migliori sono riservate agli individui
di nazionalita cinese. Nel 1960 la Commissione di Giustizia
Internazionale
ha rilevato in Tibet sia atti di genocidio sia l'aperta violazione
di sedici articoli della "Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo".Le
Nazioni Unite hanno approvato tre Risoluzioni sul Tibet, nel 1959,
nel 1961 e nel 1965. Qui era espressa seria preoccupazione per la
violazione dei diritti umani e che hanno invocato: la cessazione di
pratiche che privano il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti
umani e liberta', incluso il proprio diritto all'auto-determinazione.
La 43esima sessione della Sotto-Commissione e Nazioni Unite hanno
adottato la Risoluzione 1991/L, 19, denominata "La situazione
in Tibet",
ed il 23 agosto 1991, a Ginevra, dopo aver ricevuto ripetuti resoconti
delle grossolane violazioni dei diritti umani in Tibet, ha dichiarato
la sua "preoccupazione per le continue violazioni dei fondamentali
diritti umani e libertà che mettono in pericolo la particolare
identita'culturale,
religiosa e nazionale del popolo tibetano". Nonostante
questo le autorità
cinesi in Tibet praticano la discriminazione e la segregazione ufficialmente
e apertamente.
Questi anni di occupazione armata da parte di una
potenza straniera, hanno ridotto il Tibet ad un paese in via di estinzione.
Il genocidio culturale ed etnico
sta arrivando alle fasi conclusive, l'immigrazione massiccia di coloni
cinesi (stimati dalle stesse fonti cinesi in 20.000.000 per il 2020)
ha ampiamente superato la popolazone tibetana. |
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