gassa

I nodi della rete
marzo 2003


Libertà e cultura dell’internet

Intervista a Giancarlo Livraghi
di Monia Alessandrini
(per la sua tesi di laurea)

 
Come nel caso di altre interviste, si tratta di argomenti
su cui ho già scritto in varie occasioni.
Ma poiché si continuano a porre queste domande,
mi sembra utile pubblicare le risposte.


Iniziamo con Cassandra. In questo suo “storico” articolo pubblicato nel 1996 ha scritto che “i proprietari dei mezzi tradizionali temono che con l’internet l’informazione sia fuori dal loro controllo e che il loro potere si indebolisca”. Dopo sette anni crede che la situazione sia sempre la stessa? Se è così, da cosa nasce questo timore secondo lei?

Da tempo sto pensando che potrei scrivere un altro aggiornamento di Cassandra. Forse, un giorno o l’altro, lo farò. La situazione è ovviamente cambiata, perché l’internet è molto più diffusa e perché “non è più di moda” parlarne male. Ma le resistenze e le ostilità rimangono, anche se mascherate da un apparente consenso (spesso intriso di ipocrisia).

Molti di coloro che hanno qualche potere nel sistema culturale (quindi non solo i mass media) hanno paura della rete. Perché temono di perdere i loro privilegi.

Le loro paure sono sostanzialmente infondate, perché anche il più molteplice e libero dei sistemi non abolisce il ruolo dei “mediatori culturali” – e perché se qualcuno sa bene di che cosa sta parlando e ha maggiori capacità di spiegare mantiene la sua sostanziale “autorevolezza” anche in un sistema aperto al dialogo.

Ma molti di loro non sono abituati a situazioni “interattive” e le vedono con timore e imbarazzo. E non pochi hanno la “coda di paglia” perché il loro ruolo è di posizione più che di sostanza – e perciò temono un confronto più aperto e meno controllabile.

Sembrano particolarmente ostili e diffidenti, per comprensibili motivi, i protagonisti del mondo televisivo – che hanno sempre visto l’internet con ostilità e anche quando sembrano accettarla tendono a definirla come un “sottoscala” della televisione.




La rete può veramente essere così pericolosa per il mondo dell’informazione? Oppure può arricchirsi con fenomeni come l’open publishing?

Come ho già detto nella prima risposta, la rete non è affatto pericolosa per il mondo dell’informazione, anzi è un arricchimento.

È potenzialmente pericolosa e temibile solo per chi vuole controllare, dominare o incanalare l’informazione. Cosa che, da che mondo è mondo, tendono a fare (in modo più o meno repressivo secondo le situazioni culturali e politiche) tutti i sistemi di potere.

Quanto all’open publishing, può evolversi e svilupparsi in molti modi, ma in sostanza la rete è, per sua natura, un sistema di open publishing e di offerta estesa di contenuti. Si stima che già oggi la quantità di testo disponibile online è superiore al totale di tutti i libri pubblicati nel mondo e catalogati dalla Library of Congress.

Come ho scritto varie volte (vedi per esempio il capitolo 22 di L’umanità dell’internet) non solo la rete, ma anche altri sistemi diffusi di riproduzione, mettono in crisi il sistema tradizionale di copyright e di “diritto d’autore”.




Nel suo sito c’è un utile breve saggio sull’ambiguità delle traduzioni di parole inglesi. Prendiamo la parola free che significa “libero” e anche “gratis”. È un termine molto usato quando si parla della rete (free software, free mail, free space eccetera). Potrebbe essere questa la parola che non piace a molti “apocalittici” dell’internet, cioè che questo medium è libero e pure gratis?

Sono due concetti diversi. Una cosa può essere libera ma non gratis, oppure gratis ma non libera. Vedi Gratis o non? Un falso problema

(Fra parentesi, l’internet non è un “medium” nel senso in cui viene abitualmente usata questa parola – “mass media” – ma un sistema complesso in cui convivono e si incrociano vari sistemi di informazione e di comunicazione. Vedi i capitoli 1, 3 e 5 di L’umanità dell’internet e l’appendice Che cos’è l’internet e come funziona).

Non solo per l’ambiguità dell’aggettivo inglese free, ma anche per una varietà di manipolazioni o di errori interpretativi, c’è in giro molta confusione, sia sul concetto di “libero”, sia sul significato di “gratis”. Occorre sempre, e continuamente, insistere sul precetto socratico... ti estì, cioè di che cosa stiamo parlando?




A proposito di free, cinque dei libri che ha scritto possono essere letti direttamente dal suo sito. Come mai questa scelta che molti considererebbero “poco editoriale”?

Perché sono un convinto sostenitore del concetto open source non solo in fatto di software ma anche in fatto di contenuti. Come ho spiegato nei capitoli 21 e 22 di L’umanità dell’internet.

Nel caso specifico di quei cinque libri , le situazioni sono diverse (come spiegato nella presentazione). Dei tre usciti in libreria, solo uno è totalmente disponibile online (perché nel caso degli altri due non avrei avuto il consenso dell’editore a metterli in rete per intero). Due non sono “in commercio” e solo la versione online è diffusamente disponibile. Ce ne sono altri che si stanno sviluppando – come Il potere della stupidità

Insomma le situazioni dei singoli libri sono un po’ diverse, ma in generale faccio tutto il possibile per “razzolare come predico”.




Lei è stato il primo presidente di Alcei e anche ora continua ad essere molto attivo per la salvaguardia della libertà dell’informazione elettronica. Quali sono stati i peggiori attacchi che hanno minato questa libertà?

Sono tanti – e molti sono spiegati nella documentazione disponibile sul sito Alcei e in vari articoli nella sezione “libertà e censura” del sito gandalf – oltre che nel capitolo 34 di L’umanità dell’internet.

In molti paesi del mondo l’accesso all’internet è’ pesantemente limitato. Per repressione politica e censura, come in Cina, in altre parti dell’Asia, eccetera. In altri paesi ci sono problemi economici e strutturali: l’accesso è troppo costoso rispetto al reddito e al tenore di vita, le risorse non sono adeguatamente diffuse, eccetera.

Anche in paesi come l’Italia, dove non ci sono esplicite repressioni, continuano fastidiosi fenomeni di inquinamento (come lo spamming e altre forme di invasività) e altri molteplici tentativi di controllare, dominare, filtrare o centralizzare la rete. (Per una breve sintesi della situazione italiana vedi anche le relazioni al congresso cfp2000).

La libertà della rete è un valore e una risorsa. Dev’essere costantemente ed energicamente difesa. Anche se, naturalmente, libertà non significa irresponsabilità. Vedi i capitoli 15 e 51 di L’umanità dell’internet.




Infine una previsione: l’internet oggi fa ancora paura oppure è diventato ormai un elettrodomestico?

Non mi azzardo a fare previsioni. Finora chi ne ha fatte ha sbagliato quasi sempre. Ci sono abbondanti (e anche divertenti) antologie di previsioni sballate. Per esempio nel caso dell’internet erano palesemente insensate le proiezioni di “crescita esponenziale” che quasi tutti prendevano come oro colato alcuni anni fa.

Molti lettori mi dicono che per capire l’evoluzione dell’internet (e in generale delle tecnologie dell’informazione e dalla comunicazione) è utile la cronologia in appendice a L’umanità dell’internet (la versione online è molto più estesa e completa di quella nel libro stampato). Ci sono anche indicazioni, spero utili e interessanti, nella sezione “dati” del sito gandalf.

L’internet esiste da trent’anni, ma è ancora un fenomeno “giovane” e in complessa evoluzione. La sua diffusione sta crescendo e continuerà a crescere – anche se, molto probabilmente, con discontinuità e variazioni in gran parte imprevedibili. Che dipendono in parte dalle tecnologie, ma molto di più dalla cultura e dai comportamenti umani. (“La rete è fatta di persone” – come è spiegato in tutto il libro L’umanità dell’internet e in particolare nella prima parte).

Ci sono “paure” e diffidenze, ancora non del tutto superate, dovute alla diffusione di un’immagine sbagliata della rete – come un terreno pericoloso e piano di insidie, o come un mondo supertecnico e difficile, o come un ambiente disumano popolato di androidi e di robot.

Sono dannose anche le inutili complessità e i molti difetti delle tecnologie – e la falsa percezione (diffusa da chi ha interesse a vendere cose inutilmente costose) che per accedere alla rete sia necessario avere macchine superpotenti o connessioni superveloci. C’è anche una moltiplicazione di soluzioni invasive, di orpelli fastidiosi e di tentativi di “catturare” le persone online che rendono l’esperienza della rete (specialmente per i “nuovi arrivati” e per le persone poco esperte) meno gradevole e interessante di come dovrebbe essere.

Per quanto riguarda il concetto di “elettrodomestico”... devo ripetere qui una premessa che ho fatto altre volte. Se mi soffermo sul significato di una parola rischio di sembrare un pedante. Cosa che certamente non sono. Spero invece di essere percepito come un umile allievo di Socrate – cosa che tento di essere. Ma in quel modo si rischia la cicuta...

L’internet non è un “elettrodomestico”. Non è un robot, come una lavatrice o un frigorifero. Non è neppure un “apparecchio ricevente” come un televisore o una radio.

Neppure il computer è un “elettrodomestico”. Somiglia più a quelle che tradizionalmente si chiamavano “macchine per ufficio” (benché si potessero usare, e fossero usate, anche in casa). Una bella definizione del computer (“un coso che fa cose”) fu data alcuni anni fa dalla figlia di Don Tapscott (vedi il breve “epilogo” a pagina 247 di La coltivazione dell’internet – che si trova anche online).

La rete... non è una macchina, né un sistema di macchine. Non è un oggetto. È una realtà “immateriale”, fatta di relazioni fra persone e di informazioni, opinioni, espressioni umane di ogni specie. Potremmo immaginare infinite tecnologie diverse che ottengano lo stesso risultato e sarebbero, in pratica. la stessa cosa. Ciò che conta è la funzione, non l’applicazione tecnica di cui si serve.

Non so se e quando la rete sarà “in tutte le case” – come il telefono o la luce elettrica. Dipende dal modo in cui le persone la useranno, dai servizi e dai contenuti che saranno offerti, eccetera. L’uso della rete nelle famiglie sta crescendo e siamo ancora lontani da ogni possibile livello di “saturazione” (vedi dati italiani).

Mi sembra evidente che la rete ha possibilità molto estese di crescita e di sviluppo. Di cui alcune sono evoluzioni di cose che già conosciamo – mentre altre potrebbero essere diverse da ciò che siamo in grado di immaginare o “prevedere”.

La cosa più importante non è una noiosa, ostica e spesso disorientante “alfabetizzazione” tecnica. È una comprensione dei valori culturali e umani della rete. A questo argomento è dedicato un libro di 380 pagine L’umanità dell’internet per non parlare delle tante altre cose che ho scritto e pubblicato...




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