L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 15
Timori infondati
e problemi reali


Benché ormai l’internet non sia più una cosa così arcana e remota come sembrava qualche anno fa, si continuano a leggere e scrivere cose piuttosto bizzarre. La rete è ancora circondata da un intrico di leggende e di incomprensioni. Questo capitolo, e i due che seguono, non sonoi nuovi. Li avevo scritti la prima volta per un libro che uscì all’inizio del 1997. Da allora li ho riletti varie volte, riveduti e aggiornati; ma la sostanza è rimasta la stessa. Una di tante conferme del fatto che le tecnologie possono sbizzarrirsi in innovazioni più o meno effimere, ma la cutura umana si evolve secondo un suo ritmo, più graduale e “naturale”. E anche di una persistente difficoltà per la “cultura dominante” nel capire che cos’è e come funziona l’internet. Il fatto non è nuovo. Anche in passarto molte innovazioni ed evoluzioni sono state mal capite nella loro fase iniziale.

Pare che quando, cent’anni fa, cominciavano a circolare le prime automobili, il mondo fosse percorso da un fremito di paura e da infinite leggende. Illustri professori spiegavano che un organismo umano non era in grado di sopravvivere alla velocità di 25 chilometri all’ora. Quando, nella prima metà dell’Ottocento, si videro le prime ferrovie, erano circondate da un diffuso timore, vissute come un’invenzione diabolica, come raccontava Giosuè Carducci in quell’Inno a Satana che molti di noi hanno dovuto studiare quando andavano alle scuole medie.

Le cose non sono molto cambiate ai nostri giorni. Chissà che cosa scriverebbe un Carducci redivivo sui tanti asini che farebbero meglio a brucare cardi invece di scrivere sui giornali o dissertare in televisione... parleremo poco più avanti di “demonizzazione” dell’internet.

Anche il telefono, alle sue origini, sembrava chissà quale pericolosa negromanzia. Si dicono, ancora oggi, cose non meno assurde sull’internet.

La “mitologia” sulla rete si può dividere, “grosso modo”, in due categorie. L’esagerazione teatrale o fantascientifica – e un’irrazionale, “tecnofobica” paura. Le due cose, naturalmente, si mescolano, producendo una confusione che sembra affliggere gran parte dei cosiddetti “mezzi di informazione”.

La lista sarebbe interminabile... ma ecco alcuni esempi delle “leggende negative” che circondano la rete, come hanno sempre circondato tutte le nuove tecnologie e, in generale, qualsiasi modo nuovo di pensare o di comportarsi. Benché l’uso del computer e le connessioni alla rete siano ormai diffuse anche in Italia, rimangono ancora molti dubbi e diffidenze.


Il “cervello elettronico”

Chi non ha mai usato un computer (o anche chi lo usa, ma solo per una specifica applicazione, come fare i conti o seguire qualche routine d’ufficio) ne ha una specie di mistico terrore. Conosco persone colte, intelligenti, aperte all’innovazione, che mi considerano un po’ strano quando scoprono che scrivo con un word processor o uso la “posta elettronica”. E se mi chiedono di cercare qualcosa online usano espressioni come «prova a guardare dentro il tuo computer». Come se fosse uno scatolone misterioso che contiene tutto lo scibile umano. C’è una specie di “luddismo culturale”, rinforzato da quella vasta letteratura che va alla ricerca del pittoresco o del pauroso. C’è il timore che un “cervello meccanico” finisca con l’impadronirsi della nostra povera mente biologica; che la nostra identità si perda nel mondo “virtuale”, che un’identità estranea, un “avatar”, si impadronisca della nostra anima. Se solo sapessero quanto sono stupidi, in realtà, i computer e i software con cui siamo costretti a convivere...


Pornografi, pedofili, criminali e terroristi

Continua a ripetersi l’ossessiva diffusione di notizie e commenti catastrofici e scandalistici sulla rete. Per molti anni si è insistito nel descrivere l’internet come un posto pericolosissimo, in cui si annidano varie specie di “pirati” e malandrini – nonché mafiosi, terroristi, nazisti, pornografi, pedofili e criminali d’ogni sorta. Ogni tanto sembra che la burrasca si calmi, ma ogni pretesto è buono per scatenare nuove ondate di “demonizzazione” della rete.

Certo: ci sono, in rete, personaggi “poco raccomandabili”. Come ci sono dovunque intorno a noi. La probabilità di incontrarli è minima; evitarli è molto più facile che nella nostra vita di tutti i giorni, perché una banda di malintenzionati “veri” incontrati in una strada buia non si può cancellare dalla faccia della terra semplicemente cambiando percorso con la pressione di un tasto – o chiudendo la connessione.

Questa è stata una delle cause (forse la più importante) dell’arretratezza italiana in rete. Per fortuna la situazione sta cambiando e, con una più diffusa esperienza reale dell’internet, anche questi timori un po’ per volta tenderanno ad attenuarsi.


“Non è naturale”

Non sarebbe sano che un bambino, o un adulto, passasse tutta la sua vita davanti a un computer e non prendesse mai una boccata d’aria. Ma, nei limiti del ragionevole, usare un computer o collegarsi alla rete non è più “artificiale” che usare un telefono, una radio, una macchina fotografica o una bicicletta. L’unica differenza è che solo ora sta diventando un’abitudine diffusa e sono ancora poche le persone con più di un anno di esperienza.


“Consuma tempo”

Questo, ahimè, è vero. Specialmente quando si è costretti a subire i capricci dei software o le snervanti lentezze e farraginose complicazioni di molti “siti web”. Ma si tratta solo di valutare con equilibrio come suddividiamo il nostro tempo. Se la rete è usata bene, il tempo è altrettanto ben speso che se lo usassimo per leggere un libro o partecipare a una conversazione interessante. Molto meglio, nove volte su dieci, che guardare la televisione o intontirsi con il fracasso di una discoteca.

Ma il consumo di tempo rimane un problema, specialmente quando il tempo è “perso” in attività improduttive e noiose, come i problemi provocati da tecnologie inutilmente complesse, da ricerche infruttuose di contenuti o da lentezze di collegamento. Il compito di chi fa comunicazione in rete è evitare in tutti i modi di far sprecare tempo ai suoi interlocutori: perché dall’esperienza imparano presto a diventare impazienti. Questo è vero specialmente nel caso delle persone più attive e impegnate – proprio quelle con cui è più interessante stabilire un dialogo.


“È una fuga dalla realtà, porta alla solitudine”

Non è vero. Se qualcuno per natura è misantropo, forse può trovare un rifugio nella rete. Ma se c’è in giro qualche persona così dev’essere abbastanza rara, perché in sette o otto anni di frequente attività in rete non ne ho incontrata neanche una.

È ricorrente il caso di psicologi, sociologi e “tuttologi” che vanno a cercare anomalie e patologie nell’uso della rete. Un esempio, fra tanti, è uno studio svolto da un gruppi di ricercatori a Cleveland, da cui risultava che le persone collegate all’internet erano più depresse della media. Prontamente una ricercatrice, che abita in un’altra parte degli Stati Uniti, rispose: «Se fossi a Cleveland, e con la rete scoprissi com’è il resto del mondo, sarei depressa anch’io». Ma non finiscono mai le dissertazioni su immaginarie sindromi e malesseri. Una raccolta di esempi potrebbe riempire facilmente un intero libro. Ma proprio mentre questo stava per andare in stampa... uno straordinario concentrato di idiozia si trovava in un titolo apparso su Repubblica del 1° febbraio 2001: Internet e mucca pazza, le nuove ansie d’Italia.

Anzi, la maggior parte delle persone che frequenta la rete è piuttosto socievole. Qualche volta ride e scherza, qualche volta litiga, ma ha sempre una forte spinta allo scambio, non solo di opinioni, ma anche di emozioni e sentimenti.






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