gassa

I nodi della rete
di Giancarlo Livraghi
giugno 2010


Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)


Forse c’è qualche speranza di avere
un po’ meno stupidità nelle tecnologie

Si comincia finalmente
a capire l’importanza
della semplicità?



Secondo un articolo pubblicato dall’Economist il 10 giugno 2010, Technology and complexity – In praise of techno-austerity, sembra che nel mondo della information technology stia spuntando, con trent’anni di ritardo, un barlume di buon senso.


tecnologia
Copyright © 2010 Claudio Munoz The Economist

«The technology industry seems to be coming around
to the idea that less is more»

L’immagine è un po’ drastica, ma riflette un sentimento
spesso provocato dalle disfunzioni delle tecnologie


Nei limiti in cui è vera, è una buona notizia. Ma il cammino è ancora lungo per poter invertire una tendenza così diffusa da sembrare incontrastabile.

Che “meno è più” (o, per dirlo con maggiore chiarezza, “meno è meglio”) non è solo un concetto interessante, è anche un fatto concretamente verificato. Ed era chiaro molto prima che le mostruosità della speculazione finanziaria provocassero la “crisi” economica, sociale e culturale in cui siamo precipitati.

Non è un caso che i due fenomeni, insieme ad altre forme di perversa stupidità, si siano sviluppati nello stesso periodo. Ma la stupidità delle tecnologie ha una sua particolare – e ciecamente ostinata – anomalia.

Il problema non è nuovo, ma ha avuto un’enorme (e abnorme) espansione con le tecnologie elettroniche. La disponibilità di crescenti capacità di elaborazione è diventata una droga. Una generale ubriacatura ha portato a credere che la complessità sia una risorsa in quanto tale, indipendentemente dalla sua utilità. Che aggeggi e software smisuratamente complicati siano utili, o addirittura necessari, quando invece provocano un’infinità di disfunzioni spesso fastidiose, talvolta catastrofiche.

Siamo abituati a pensare che la tecnologia sia una risorsa (e un’afflizione) dell’umanità “moderna”. Ma non è vero. Non è mai esistita una cultura umana senza risorse tecniche. I recenti (e sempre più interessanti) sviluppi della paleoantropologia ci insegnano che fin da quella che chiamiamo “età della pietra” c’erano tecnologie più raffinate e precise di quanto si potesse immaginare quando gli studi erano meno approfonditi.

In tutte le epoche è sempre stato un vantaggio avere migliori conoscenze e risorse, per prevalere sugli avversari e per tenere in soggezione i “non iniziati”. Ciò che è diverso, nella situazione di oggi, è la continua proliferazione di tecnologie inutili, o anche pericolose, per un assurdo distacco fra le elucubrazioni di chi le progetta (o le applica) e le esigenze reali di chi le usa.

L’Economist parla di techno-austerity. Osserva che «la parola austerità ricorre spesso sulle labbra di economisti e politici in questo periodo» ma «la si sente raramente pronunciare dai tecnologi».

Aggiunge che «benché l’idea “meno è più” abbia molti aderenti in architettura, design e abbigliamento, il mondo della tecnologia ha storicamente sostenuto l’opinione contraria».

Dopo aver elencato alcuni esempi della frustrante proliferazione di pseudo-innovazioni sempre più complesse e sempre meno utili, conclude: «ma adesso alcuni segnali indicano che i tecnologi si stanno svegliando e scoprendo i vantaggi della semplicità, grazie a due fatti: gli utilizzatori stufi dell’accumulo di complicazioni, che vogliono cose semplicemente funzionanti, e la forte domanda di tecnologie meno costose nei paesi in via di sviluppo».

A questo proposito l’Economist propone anche il concetto di “frugalità”. Non è sbagliato, ma la prospettiva è un po’ troppo ristretta. Come lo è parlare di “austerità”. Se è vero che, anche indipendentemente dalla “crisi”, dobbiamo imparare a essere meno spreconi, nel caso delle tecnologie il problema è più complesso.

Che ci sia turbolenza, confusione, esplorazione anche in direzioni di dubbia o non verificata utilità, è inevitabile. Sarebbe sbagliato porre qualsiasi limite alla fantasia, all’invenzione e alla sperimentazione. Ma c‘è una sostanziale differenza fra ciò che si immagina nei laboratori e ciò che è utile nella realtà diffusa.

Occorre tracciare una netta e forte linea di separazione fra l’esplorazione delle risorse possibili, che deve essere libera di complicare quanto vuole, e le applicazioni pratiche che devono essere le più semplici (e perciò le meno fragili) adatte allo scopo. Ed è necessario distinguere altrettanto chiaramente gli sviluppi scientifici, che possono richiedere strumenti e metodi molto più complessi, da ciò che serve per l’attività quotidiana delle persone e delle organizzazioni.

È sorprendente che una delle riviste più attente e meglio documentate del mondo non consideri, in questo quadro, il ruolo fondamentale delle risorse opensource. (Vedi Il “passo avanti” di Linux). Non solo perché evitano spese inutili (comunque un vantaggio importante, non solo per i “meno abbienti” o per “i paesi in via di sviluppo”) ma anche (e soprattutto) perché sono più solide e affidabili.

Però anche in quel campo occorre un cambiamento di prospettiva. Offrire funzioni complesse solo per chi ne ha davvero bisogno. Assicurare a tutti soluzioni semplici, solide, facili e concrete. Le risorse e competenze tecniche ci sono – se e dove è opportuno, non è difficile svilupparle. Quella che manca è una chiara definizione delle priorità.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono troppo importanti per essere il giocattolo dei programmatori – o solo il divertimento di chi si trastulla con i gingilli di moda. Quella che occorre (dispiace doverlo ripetere) è una rivoluzione copernicana. Mettere le macchine e i meccanismi al servizio delle persone. Mai viceversa.



Per una notizia recente vedi Il computer da 25 euro



I frequentatori di questo sito (e i lettori dei miei libri) sanno che sulle distorsioni delle tecnologie, nel corso degli anni, ho scritto molto. Forse troppo... ma quando un problema rimane così a lungo irrisolto, e continua a peggiorare, qualche insistenza è inevitabile.

Un elenco online contiene i link a oltre cinquanta testi, dal 1996 al 2010. Qui ne cito venti, fra i più rilevanti, per chi avesse il desiderio di leggere (o ricordare) qualche osservazione sui diversi aspetti di queste imperversanti difficoltà.

Il pendolo di Ermete e l’arte della leggerezza – 1996

Il computer a manovella – 1997

Finalmente! Tutto funziona – 1997

’O scarrafone – 1998

Il pane spremuto e il limone tostato – 1999

Il problema delle tecnologie – 2000

I malanni delle tecnologie – 2001

Il letargo dell’ergonomia – 2001

La congestione tecnologica – 2001

Il paradosso della tecnologia – 2001

Il telefono nemico – 2004

Il morbo di powerpoint – 2004

La stupidità delle tecnologie – 2004

Tecnofobia e tecnofilia – 2005

Tecnologie di male in peggio – 2006

Applicare le leggi di Asimov – 2007

La folle rincorsa delle complicazioni – 2008

Il fascino della semplicità – 2009

Eliminare la cattiva complessità – 2010

E anche... non solo i capitoli 19 e 20,
ma tutto il libro Il potere della stupidità




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