Nella prima parte di questo ragionamento
avevo osservato che un accento sulla e distingue due concetti
diversi. Less and better, meno e meglio è
un modo di pensare e di comportarsi. Less is better,
meno è meglio, è un altro che
parte da premesse diverse e ha diverse conseguenze.
Mi sembra opportuno sottolineare, anche in questo caso,
che non si tratta di scelte ascetiche, di rinunce
o di sacrifici. Si tratta di benessere, di efficienza, anche
di agio e comodità. La continua ricerca del
più o del troppo non solo non
ci migliora la vita, ma spesso ce la complica inutilmente.
In alcuni aspetti del comportamento umano si è
capito, da molti anni, che meno è meglio.
Per esempio nellalimentazione. Abbiamo imparato (almeno in
teoria) che è meglio mangiar bene ma non troppo, che a
una pesante abbuffata è preferibile una cucina gustosa
e leggera, che un bicchiere di vino fa bene, ma lubriachezza
è molesta e lalcolismo è una malattia.
Un altro esempio evidente è il problema
ambientale. Molte delle soluzioni più importanti ed
efficienti si basano sul concetto che less is better.
E cè ancora una lunga e impegnativa
strada da percorrere in quella direzione.
Questi sono solo due fra i tanti, molteplici aspetti
della crescente necessità di capire quando e come
meno è meglio. In quasi tutte le cose
labbondanza ha un limite e al di là di quella
soglia continuare ad aggiungere non solo è inutile, ma
spesso è nocivo. Il concetto di
sobrietà ha bisogno di essere capito,
vissuto, praticato, come risorsa di benessere e di
qualità della vita.
Gli esempi potrebbero essere infiniti dai più
semplici ai più complessi. E ognuno, ovviamente, ha
diritto di scegliere quale livello di abbondanza e di complessità
corrisponde meglio alle sue esigenze. Ma è importante capire
che una casa ingombra di cose inutili è molto meno abitabile
e gradevole di una più ariosa e ricca di spazio libero (ed è
anche più faticosa da gestire). E questo è vero di tutti gli spazi,
fisici o mentali. (Vedi Elogio della semplicità).
Possono esserci, naturalmente, ogni sorta di
eccezioni individuali e intenzionali. Per esempio il
collezionismo. Se qualcuno desidera avere una
raccolta di francobolli, orologi, schede telefoniche o tappi
di bottiglia (o se, come lautore di queste righe, è
malato di bibliofilia cronica e non sa più dove
mettere i libri) non si tratta di ingombri inutili ma di
quelle libere scelte personali che, anche quando sono
puro svago, arricchiscono la vita e rendono
lesistenza più piacevole.
Sono molti gli ingombri che occorre eliminare o
governare. Uno dei casi più ovvi, e preoccupanti,
è quello delle tecnologie. Si continuano a complicare,
appesantire e moltiplicare senza motivo né
giustificazione. Il risultato è che funzionano sempre
peggio. (Vedi I malanni delle tecnologie e
La congestione tecnologica).
Unaltra, pericolosa conseguenza della bulimia
tecnologica è che tende a renderci tecno-dipendenti.
Avere risorse tecniche che ci evitano compiti e incombenze
può essere molto comodo. Ma se ci affidiamo troppo
agli automatismi, o a meccanismi che non siamo in grado di
controllare, possiamo trovarci in grave difficoltà nel
momento in cui qualcuna di quelle abituali comodità
viene a mancare. E più si moltiplicano le
tecno-dipendenze, più aumenta la probabilità di
guasti o disservizi.
Ci sono anche molte situazioni in cui, al di là
delle scelte individuali, less is better è unesigenza
collettiva. Fra le più ovvie ci sono le risorse
energetiche, linquinamento chimico, i problemi ambientali.
Ma non si tratta solo di quelle. In uninfinita e crescente
varietà di circostanze le esigenze personali e le
responsabilità sociali portano a capire (e, si spera,
praticare) il concetto che meno è meglio.
Sembra logico affermare che questo problema si pone nei
paesi (o nei settori sociali ed economici) più
ricchi o benestanti e che in
condizioni di povertà o privazione rimane valido il
concetto più è meglio. Ma non
è così semplice.
Anche in situazioni in via di sviluppo
le soluzioni più fertili ed efficaci sono quelle
che non puntano indiscriminatamente verso una generica
abbondanza o una pericolosa ripetizione degli errori
che affliggono le economie più evolute. In ogni
condizione e in ogni fase è vantaggioso evitare gli
sprechi, i sovraccarichi inutili, le complicazioni
inefficienti. Ci sono (anche se non sono applicate con
sufficiente ampiezza) molte soluzioni funzionali ed efficaci
che valorizzano le risorse disponibili ed eliminano, o
riducono, la dipendenza da apporti esterni o da soluzioni
troppo complesse e pesanti per uneconomia che
non se le può permettere o per una società poco
compatibile con valori estranei.
Nel caso delle economie più ricche...
siamo in un periodo di riduzione dei consumi o,
più propriamente, di prudenza negli acquisti. Questo
è dovuto alle incertezze della situazione politica ed
economica (che non sono di breve periodo il
sistema è gravemente in crisi da parecchi anni). Il
fatto è che, al di là dei cicli di
non facile interpretazione, si tratta di capire con quanta
forza e continuità si stia manifestando una tendenza
più profonda e durevole nel tempo: la percezione del
fatto che in molti casi (per motivi individuali o collettivi)
meno è meglio.
Se prenderà forma con la solidità che
merita, potrà portare a cambiamenti importanti nella
società, nella cultura, nelleconomia e nel mercato.
Non è una rinuncia al benessere. Non è la fine
dello sviluppo economico, né dellinnovazione di
prodotti e servizi. Al contrario, apre la strada a nuove
strategie e nuove proposte: e già oggi potrebbe essere
unottima occasione per chi la sapesse interpretare con
offerte orientate a scelte più consapevoli.