timone Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione nell'internet


Numero 67 – 27 dicembre 2002

 

 
Consiglio a chi legge abitualmente il Mercante in Rete
di tener d’occhio la segnalazione delle

novità
per verificare se c’è qualcos’altro
che possa trovare interessante.
 

 


loghino.gif (1071 byte) 1. Editoriale: Non tutto è “punto com”


È diffusa un po’ dovunque (in particolare in Italia) la strana abitudine di pensare che tutto, o quasi, sia “punto com”. Non solo ci sono imprese italiane che si presentano (anziché con il più sensato “punto it”) con domain “.com”, ma addirittura ci sono casi in cui quel TLD è usato da organizzazioni “non commerciali”.

Per alcuni anni ho avuto il dubbio che queste abitudini potessero influenzare il calcolo di hostcount nelle analisi dei dati europei e internazionali. Ma l’esperienza ha confermato che (con l’introduzione di qualche piccolo fattore correttivo) gli indicatori di tendenza rimangono significativi. Il che vuol dire, fra l’altro, che l’abuso di “.com” è più una percezione culturale che un comportamento pratico.

Ci sono quasi 44 milioni di nodi attivi (host) su domain .com – il 27 % del totale. Cioè sono tanti, ma sono molto lontani dall’essere “tutti”.
 

Non è solo una questione di consapevolezza nazionale, ma anche di praticità, preferire i TLD “geografici”. Se un’impresa o un’organizzazione ha sede in Italia, è probabile che da tutto il mondo sia cercata come “.it” più che con qualsiasi altro suffisso. (Sull’uso di vari TLD vedi Le bizzarrie dei domain). Ma la mania del “puntocom” ha anche altri significati.

Da quando, fra il 1994 e il 1995, i mezzi di informazione diffusa hanno cominciato a scoprire l’esistenza dell’internet, l’attenzione si è sempre più concentrata sugli aspetti “commerciali” della rete. Con molte conseguenze bizzarre, come i cicli perennemente ripetuti di esagerazione e delusione, l’enfasi su speculazioni avventate e destinate al fallimento, eccetera. Ma dietro a tutti quei vaneggiamenti c’è una tendenza culturale che continua – ed è nociva non solo per lo sviluppo umano della rete, ma anche per ogni attività d’impresa online. Dispiace doverlo ripetere, ma purtroppo sembra ancora necessario. La linfa vitale della rete è fatta di rapporti umani. La struttura fondamentale dell’internet non è “commerciale”.

Se l’internet fosse solo (o principalmente) un mercato – un posto dove si compra e si vende e si gestiscono rapporti di affari – non sarebbe altro che un “punto com”, cioè una banale e modesta succursale delle attività economiche. Per fortuna è un sistema molto più esteso e rilevante di relazioni umane di ogni specie. Perciò è un terreno molto più ricco e interessante anche dal punto di vista del business – che tuttavia non può e non potrà avere successo duraturo online se non sa capire, rispettare e interpretare la vera natura della rete.


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loghino.gif (1071 byte) 2. Prudenze natalizie


Com’era prevedibile, il natale 2002 ha visto diminuire la spesa delle famiglie. In Italia come negli Stati Uniti e in molti altri paesi. Sembra che gli italiani non abbiano risparmiato molto sul cibo, conservando la tradizione di pranzi e cene nei giorni di festa (più in famiglia che al ristorante). Ma sono stati attenti a non spendere troppo per i regali.

Era prevedibile anche il sostanziale fallimento delle offerte natalizie di prodotti “tecnologici” complessi e costosi. Per quanto riguarda l’internet, pare che negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi la tendenza a un natale più “cauto” abbia favorito le vendite online – anche se su una scala che rimane molto piccola rispetto al totale degli acquisti. È difficile capire se ci sia stato un fenomeno analogo in Italia, dove comunque lo sviluppo del “commercio elettronico” è ancora molto limitato.

Un segno di relativa maturità sta nel fatto che quest’anno non c’è stata, o è stata più sommessa, la rituale affermazione che si ripeteva negli anni scorsi con sciocca monotonia. Non è mai stato vero che la scadenza natalizia fosse la verifica radicale, la prova di sopravvivenza, per le attività di vendita in rete. Ora, forse, si comincia a capire che i risultati online si misurano in periodi lunghi e che una crescita continua e graduale è molto più forte e premiante di ogni ipotetica “esplosione” stagionale.

Al di là delle ricorrenze e dei rituali, sarà interessante capire nei prossimi mesi e anni se si sta consolidando un atteggiamento di acquisto più prudente e meditato. Comportamenti di quel genere potrebbero favorire l’uso della rete, come strumento di verifica di prezzi e qualità.


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loghino.gif (1071 byte) 3. Diminuisce la pubblicità (online e non)


Le previsioni sugli investimenti pubblicitari in Italia si sono rivelate, due volte, sbagliate. L’analisi svolta nel 2000 da Intermatrix-Astra per l’Upa prevedeva un aumento (in termini reali) del 4,4 per cento della pubblicità nei “mezzi classici” nel 2001 e del 5,5 per cento nel 2002. Invece si è registrata una diminuzione del 6 per cento nel 2001 e 5,6 nel 2002.

Va ricordato che quell’analisi viene elaborata, ogni anno, in base alle informazioni e opinioni degli “operatori del settore”. Cioè non riflette il punto di vista di un’associazione o di un istituto di ricerca, ma le esperienze e le convinzioni degli “addetti ai lavori”.

È sconcertante che tutti gli operatori del mercato abbiano sbagliato così grossolanamente. Non avevano capito che la crescita “anomala” del 1999-2000 era, evidentemente, una fase temporanea cui sarebbe seguito un inevitabile assestamento.

Nel corso del 2002 sono state diffuse da varie fonti constatazioni ed opinioni che indicavano una situazione molto diversa da quella prevista. Si parlava di una diminuzione del 6-7 per cento (in nei “mezzi classici” – ma in realtà la diminuzione è stata meno “drammatica’ (in termini “nominali” – 3,2 %). Contemporaneamente si prevedeva (in “controtendenza”) un forte aumento della pubblicità online – mentre è accaduto il contrario. Tutte le previsioni precedenti, e le valutazioni diffuse nel corso dell’anno, risultano sballate in base ai dati presentati il 10 dicembre 2000 da Intermatrix-Astra-Upa.


Investimenti pubblicitari in Italia
1998-2002

(milioni di euro)

  1998 1999 2000 2001 2002
Televisione 3.503 3.837 4.047 4.139 4.147
Stampa 2.419 2.698 3.304 3.086 2.887
Esterna 327 598 688 915 857
Radio 370 431 499 458 432
Cinema 36 48 54 69 73
Totale * 7.285 8.303 9.354 9.389 9.007
Internet n.a.   25 73 44 36

* Mezzi pubblicitari “classici” compresi i costi di produzione


Continua a confermarsi un predominio della televisione in Italia molto più forte che nella maggior parte dei paesi europei. Dopo un leggero assestamento nel 2001 la pubblicità televisiva appare stabile nel 2002, mentre diminuiscono tutti gli altri mezzi – fuorché, nelle sue piccole dimensioni, il cinema (sembrava che nel 2000 la pubblicità sui siti web avesse superato quella nelle sale cinematografiche, ma quell’ipotesi non è confermata negli anni seguenti). Un aumento “anomalo” della pubblicità esterna nel 2001 era dovuto prevalentemente alle campagne elettorali (ma i dati del 2002 sembrano indicare una crescita non “episodica”).

Può essere utile osservare questo andamento anche in un grafico.


Investimenti pubblicitari in Italia
1998-2002

(miloni di euro)

pubblicita


Il tracciato “pallido” per il totale, nella parte alta del grafico, rappresenta la tendenza come era stata prevista dalla stessa fonte all’inizio del 2001. Era stato sottovalutata la dimensione della “bolla” che aveva creato una crescita anomala e “insostenibile” nel 1999-2000. Tuttavia la diminuzione nel 2002 risulta minore di quanto indicassero i “segnali di allarme” variamente manifestati durante l’anno – e contenuta entro termini “fisiologici” dopo lo svuotamento della “bolla”.

Le attuali previsioni per il futuro sono più prudenti. Si parla di una stasi, o leggera diminuzione, in termini reali nel 2003, seguita da una “leggera ripresa” nel 2004. Queste proiezioni sono un po’ inferiori alle tendenze internazionali previste da altre fonti – ma naturalmente tutte le ipotesi per il prossimo anno sono poco attendibili, non solo perché in generale è difficile fare previsioni, ma anche perché la situazione economica (nazionale e internazionale) è in una fase incerta e confusa. Rimane sorprendente il fatto che agli analisti (non solo della pubblicità, ma in generale dell’economia) fosse sfuggita l’evidente debolezza delle “orge finanziarie” di fine secolo, con gli inevitabili assestamenti che ne sono derivati (i cui effetti sono tutt’altro che conclusi).

Per guanto riguarda l’internet, sembra probabile che l’attività online delle imprese (pur con molti errori e tendenze ancora confuse) stia continuando a crescere. Ma non la pubblicità su siti web, il cui potenziale è sempre stato molto “sovrastimato” rispetto alla realtà (almeno nel breve periodo) e i cui tentativi isterici negli ultimi due anni (con la moltiplicazione di forme fastidiosamente invasive e di contenuti irrilevanti) hanno avuto un effetto autodistruttivo.

Il fatto è che, dopo un incremento (percentualmente alto, ma molto piccolo in “cifra assoluta”) nel 2000, non solo non ci sono gli aumenti previsti ma c’è una drastica diminuzione. Sembra chiuso il ciclo delle previsioni miracolistiche, con una visione un po’ più sobria della realtà. Una nuova crescita nei prossimi anni è possibile, ma perché non sia effimera e instabile richiede una revisione radicale di criteri e di metodi.

Finora si è verificato che (contrariamente alle avventate previsioni di chi, qualche anno fa, immaginava che la pubblicità online avrebbe sostituito quella nei mezzi “tradizionali”) gli investimenti pubblicitari nell’internet sono lo 0,4 % di quelli nei mezzi “classici” e lo 0,2 % delle spese totali in comunicazione d’impresa – anzi la metà di quelle minuscole percentuali se si escludono le “partite di giro”. Non si prevede un significativo aumento nei prossimi due o tre anni. Nessuno è in grado di fare proiezioni attendibili su ciò che potrà accadere nel medio-lungo periodo.

Questo grafico mostra le differenze fra l’andamento reale e ciò che si “prevedeva” due anni fa.


Pubblicità online in Italia
1999-2002

e “previsioni” 2003
(milioni di euro)

internet

Il tracciato verde rappresenta le previsioni che erano state diffuse all’inizio del 2001.
Il dato ora stimato per il 2003 (rosso “a puntini”) è una proiezione ridefinita,
dalla stessa fonte, in base all’andamento riscontrato nel 2001-2002.
 

Le previsioni fatte dalle “fonti più accreditate” all’inizio del 2001 sembravano “modeste” rispetto alle enfasi esagerate degli anni precedenti – ma neppure in questa forma ridotta hanno trovato conferma nei fatti.

La linea blu nel grafico rappresenta una valutazione più realistica di quelle dichiarate dagli operatori del settore, per tener conto del fatto che almeno metà della pubblicità online è attribuibile a “partite di giro” – cioè a scambi fra imprese che sono contemporaneamente compratrici e venditrici di pubblicità. In pratica è probabile che il totale dei ricavi pubblicitari dei siti web in Italia sia meno di 20 milioni di euro.

Intanto l’inizio di attività dell’audiweb, che per l’ennesima volta era stato annunciato come “certo” entro il 2002, rimane insabbiato. Non è ancora chiaro se, dopo cinque anni di incertezze e di “false partenze”, qualcosa sarà realizzato nel 2003.

Precedenti osservazioni su questo argomento si trovano nei numeri 6, 16, 44, 56, 57, 60 e 64 del Mercante in rete.


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loghino.gif (1071 byte) 4. Dati europei (aggiornamento)


Non ci sono grandi cambiamenti nella situazione dell’internet in Europa rispetto ai dati riassunti nel numero 65 di questa rubrica (agosto 2002). Tuttavia può essere opportuno rivedere il quadro in una versione aggiornata. Come il solito, un’analisi più estesa si trova nella sezione dati.

Una revisione più significativa si potrà fare, probabilmente, con i dati internazionali in febbraio o marzo 2003. Intanto rimane qualche dubbio sul fatto che l’attività online dell’Italia possa essere al secondo posto “in cifra assoluta” in Europa. Ma la situazione è sostanzialmente cambiata rispetto a due o tre anni fa.

Il totale europeo si avvicina a 25 milioni di host internet (in realtà, probabilmente, ha già superato quella cifra). Questo è un aggiornamento della situazione nei 21 paesi europei con più di 100.000 host..


  Numero di host
novembre 2002
% su
Europa
Per 1000
abitanti
Olanda 3.054.236 12,3 193,3
Italia 2.958.899 11,9 51,6
Germania 2.923.327 11,8 35,6
Gran Bretagna * 2.711.078 10,9 46,1
Francia 2.052.770 8,3 34,7
Spagna 1.682.434 6,8 42,5
Finlandia 1.217.983 4,9 234,2
Svezia 1.187.942 4,8 133,5
Danimarca 872.328 3,5 164,6
Belgio 832.853 3,4 81,7
Russia 800.277 3,2 5,5
Polonia 731.371 2,9 18,9
Austria 720.587 2,9 87,9
Svizzera 667.509 2,7 90,2
Norvegia 634.098 2,6 140,9
Repubblica Ceca 362.083 1,5 36,2
Portogallo 266.991 1,1 27,0
Ungheria 228.303 0,9 22,8
Grecia 184.716 0,7 17,4
Irlanda 136.463 0,6 36,9
Ucraina 130.569 0,6 2,6
Unione Europea 20.776.471 83,4 55,6
Europa 24.902.774   35,5

* Il dato della Gran Bretagna è probabilmente “sottostimato”
(e perciò è leggermente corretto nei grafici)
 

Questo è un aggiornamento del grafico per la densità.

Host internet per 1000 abitanti
in 21 paesi europei

densita

Vediamo il quadro della densità in Europa anche sotto forma di mappa.

Host internet per 1000 abitanti

mappa


E vediamo, come il solito, un grafico del hostcount in rappporto al reddito.


Host internet in rapporto al reddito (PIL)
in 21 paesi europei

reddito


La situazione continua a evolversi, ma si confermano alcuni fatti “storici“, come il predominio dell’Europa settentrionale (e in particolare della Finlandia). L’Italia da tre anni sta crescendo più velocemente del totale europeo e mondiale, ma non ha ancora raggiunto (né in rapporto alla popolazione né rispetto al reddito) la media dell’Unione Europea.

 

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