Numero 65 25 agosto 2002 |
Consiglio a chi legge abitualmente il Mercante in Rete di tener docchio la segnalazione delle novità per verificare se cè qualcosaltro che possa trovare interessante.
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1. Editoriale: La piaga dello spam |
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Il cosiddetto spamming
non è un problema nuovo. Era noto, definito e condannato
ventanni fa. Ma continua a imperversare e il problema si sta
aggravando. Il fatto curioso è che, mentre nella cultura
tradizionale della rete cera generale concordia
sullinaccettabilità dello spam, oggi cè
chi lo difende soprattutto come strumento commerciale.
Mentre è evidente che un eccesso di invasività
nelluso delle-mail è un danno per tutti
e in particolare per le imprese che svolgono attività online.
Linvasione di spam è continuamente
crescente e le iniziative per frenarlo si sono rivelate, finora, inefficaci.
Anche le buone intenzioni dellUnione Europea,
che (con molto ritardo) dichiara di aver preso coscienza del
fenomeno e di volerlo contrastare, rimangono teoriche. Sembra
molto improbabile che provvedimenti restrittivi possano
essere efficaci, mentre cè il palese rischio
che il rimedio possa essere peggiore del male se anche
questo fosse un ennesimo pretesto per ingombri burocratici
o interferenze con la libertà della rete.
Intanto il malanno è ulteriormente aggravato da
un particolare tipo di virus che genera automaticamente una
grande quantità di posta insensata e ingombrante (si
tratta di worm come kletz, di cui avevo
già parlato in un articolo
dellaprile 2002).
La soluzione del problema non è facile, ma
è chiaro che si tratta soprattutto di un fatto
culturale. Non cè sufficiente informazione
fra le persone sui danni dello spam e su come difendersi.
E non cè sufficiente chiarezza nelle imprese sui
motivi per cui questo comportamento deve essere evitato.
Oltre a essere una mostruosa seccatura per chi lo riceve,
lo spam ormai è un marchio dinfamia
per chi lo manda. È usato in prevalenza da gente molto
ambigua, compresi pataccari, truffatori e imbroglioni di ogni
specie. Credo che sia molto pericoloso per qualsiasi impresa
(o persona) seria confondersi con quella gentaglia.
Fra gli imbroglioni, naturalmente, ci sono i venditori
di liste. Che spudoratamente promettono di offrire liste
selezionate o addirittura di persone che
hanno accettato di ricevere questa o quella cosa
quando palesemente non è vero. Chi ci casca o
è in malafede o è imperdonabilmente cretino.
Ma se è ragionevole dire che sono sciocche e
autolesioniste (oltre che scorrette) le imprese che fanno spam
non è accettabile che si trattino con disprezzo le persone
che lo ricevono. È un po troppo facile dire
«lo spam è stupido e chi ci casca
è scemo» (come fanno alcuni difensori di questa
pratica perversa). Conosco persone di notevole intelligenza,
e non prive di esperienza della rete, che sono cadute in ogni
sorta di trappole da catene falsamente
umanitarie a hoax di varia specie, cioè burle
spesso innocue ma talvolta pericolose, come le segnalazioni
di finti virus. (Non tutto lo
spam è un tentativo di vendere qualcosa).
La definizione di spam, naturalmente, è
soggettiva. Ciò che a una persona sembra interessante
o perdonabile per qualcun altro può essere
inaccettabile e viceversa. Questo è uno dei motivi
per cui i tentativi di soluzioni generiche o
imposte non funzionano (se non forse nel caso
degli imbroglioni e truffatori sistematici, che producono una
parte importante dello spam in circolazione, e che non
sarebbe difficile identificare e perseguire se ci fosse
davvero la volontà di farlo). Comunque il principale
rimedio sta in una migliore diffusione della conoscenza del
problema e in una migliore capacità delle persone
di difendersi da sole, secondo criteri di loro scelta (e con
strumenti, anche tecnici, che in parte esistono, ma
potrebbero essere molto migliorati).
Sarebbe utile anche che le aziende fossero più
coscienti dei rischi che corrono se si confondono con i
pataccari e gli imbroglioni o se si fanno illudere da uno
dei tanti venditori di liste fasulle.
Mi scuso (specialmente con i miei lettori
abituali) di essere tornato su un argomento su cui
scrivo da molti anni. Ma il fatto è che il problema
continua a esistere, anzi si sta aggravando. Non è
una malattia letale della rete ma è
uninfezione perniciosa. Come sempre per questo genere
di malanni la premessa di ogni terapia è una più
diffusa e chiara conoscenza del problema.
Post scriptum
Questo articolo è stato pubblicato su
InterLex
il 12 settembre 2002. In quel contesto si trovano anche una
documentazione
sulle iniziative dellUnione Europea a questo proposito (sulla
cui efficacia, purtroppo, ci sono molti dubbi) e un articolo di Manlio
Cammarata Qualcosa
si muove contro spammatori e spam. Largomento
rimane controverso e complesso. Ritornerò sul tema nel
prossimo numero di questa rubrica.
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2. Nuovi dati internazionali |
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Da due anni laggiornamento dei dati sullinternet non
è più in questa rubrica ma nella sezione
dati. Tuttavia mi sembra
opportuno continuare a riportare qui alcuni dei dati più
rilevanti, anche perché così si conservano per
eventuali futuri confronti (mentre nella sezione dati sono
disponibili analisi più complete ma solo nella
versione più aggiornata).
Lanalisi internazionale che è stata pubblicata
il 14 agosto 2002 segnala un ulteriore aumento del hostcount
in Italia, confermando una tendenza in corso da tre anni.
Suscita tuttavia qualche dubbio, perché non è
credibile (se non ci saranno altre conferme in futuro) che
lItalia sia ora al quarto posto nel mondo, e al primo in
Europa, per attività online. Sembra più
probabile che sia ancora al di sotto della Germania e della
Gran Bretagna e che rimanga in quella posizione nel prossimo
futuro. Ormai comunque è chiaro che la situazione
è cambiata rispetto al passato e che lItalia oggi
è fra i primi dieci (probabilmente fra i primi sei)
paesi del mondo nelluso dellinternet.
Pur con questa riserva, e con i dubbi che è sempre
opportuno avere in materia di statistiche, le linee di
evoluzione continuano ad apparire significative.
Lanalisi dei dati internazionali
sembra indicare un rallentamento della crescita dellinternet
su scala mondiale, che tuttavia rimane veloce. Questa è
levoluzione dal 1995 al 2002.
|
Numero di host |
crescita annuale |
1995 |
8.200.000 |
+ 107 % |
1996 |
16.729.000 |
+ 104 % |
1997 |
26.053.000 |
+ 56 % |
1998 |
36.739.000 |
+ 41 % |
1999 |
56.218.000 |
+ 53 % |
2000 |
93.047.000 |
+ 66 % |
2001 |
125.888.000 |
+ 35 % |
2002 |
162.128.000 |
+ 29 % |
È evidente che con laumento delle quantità
le percentuali di aumento tendano a diminuire, ma la velocità
di crescita ha un andamento irregolare. Lo sviluppo dellinternet
non è un fenomeno coerente e omogeneo, ma la combinazione
di molti fattori diversi.
La tabella che segue analizza i dati per i 22 paesi (su 240) con più
di 500.000 host internet.
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Numero di host giugno 2002 |
Crescita % in un anno |
% su totale |
Per 1000 abitanti |
Stati Uniti |
105.546.383 |
+ 29,6 |
65,1 |
379,1 |
Giappone |
8.713.920 |
+ 78,3 |
5,4 |
68,8 |
Canada |
3.129.884 |
+ 16,5 |
1,9 |
100,6 |
Italia |
2.958.899 |
+ 46,8 |
1,8 |
51,6 |
Germania |
2.923.327 |
+ 21,9 |
1,8 |
35,5 |
Olanda |
2.632.803 |
+ 2,0 |
1,6 |
166,6 |
Gran Bretagna |
2.508.172 |
+ 6,7 |
1,6 |
42,7 |
Australia |
2.496.683 |
+ 33,8 |
1,5 |
132,1 |
Francia |
2.052.770 |
+ 46,1 |
1,3 |
34,7 |
Brasile |
1.988.321 |
+ 94,0 |
1.2 |
11,7 |
Taiwan |
1.814.090 |
+ 41,7 |
1,1 |
82,8 |
Spagna |
1.682.434 |
+ 82,6 |
1,0 |
42,5 |
Finlandia |
1.217.983 |
+ 39,6 |
0,8 |
234,2 |
Svezia |
1.187.942 |
+ 14,4 |
0,7 |
133,5 |
Messico |
1.004.637 |
+ 48,9 |
0,6 |
10,2 |
Danimarca |
872.328 |
+ 61,9 |
0,5 |
164,6 |
Belgio |
832.853 |
+ 35,7 |
0,5 |
81,7 |
Russia |
800.277 |
+ 118,7 |
0,5 |
5,5 |
Polonia |
731.371 |
+ 39,3 |
0,5 |
18,9 |
Austria |
720.587 |
+ 19,9 |
0,4 |
87,9 |
Svizzera |
667.509 |
+ 28,8 |
0,4 |
90,2 |
Norvegia |
634.098 |
+ 7,4 |
0,4 |
140,9 |
Totale |
162.128.493 |
+ 28,8 |
|
9,3 |
Questo grafico rappresenta la situazione, a metà del 2002, per i
12 paesi con più di un milione e mezzo di host internet.
host internet in 12 paesi
paesi nel mondo con più
di un milione di host
Se per una migliore leggibilità togliamo dal
grafico gli Stati Uniti, questa è la situazione per
gli altri 21 paesi con più di 500.000 host.
Host internet in 21 paesi
paesi nel mondo con più di 500.000 host (Stati Uniti esclusi)
Le velocità di crescita sono molto diverse, come
vediamo in questo confronto fra 10 dei 12 paesi con più
di un milione e mezzo di host internet (eclusi Stati Uniti
e Giappone per una migliore leggibilità del grafico)
Host internet
Numeri in migliaia
La parte rossa delle barre rappresenta la crescita in due anni (dal 2000 al 2002)
Le differenze sono ancora più evidenti nel prossimo grafico,
dove le fasi di sviluppo sono indicate come percentuali del totale.
Host internet
Percentuali
Per quanto riguarda la densità (host per 1000
abitanti) questo è un aggiornamento del grafico per i
25 paesi con più di 400.000 host internet.
Host internet per 1000 abitanti in 25 paesi
La situazione della densità assume una particolare
evidenza se si rappresenta come mappamondo.
Host internet per 1000 abitanti
Questa è la situazione, in relazione al reddito, per
i 25 paesi con più di 400.000 host internet.
Host internet in relazione al reddito (PIL) in 25 paesi
Analisi più dettagliate, e commenti sulle evoluzioni,
si trovano nel già citato documento online sui
dati internazionali.
Unaltra analisi disponibile in questo sito
riguarda la crescente presenza nellinternet di
due comunità culturali
(spagnola e cinese). In quel quadro cè anche
unapprossimata valutazione delle nove principali
lingue attive nella rete.
Lingue
più diffuse nellinternet
È ovvio il predominio dellinglese, ma altre
otto lingue hanno una presenza rilevante nellinternet.
Se si considera il fatto che il giapponese non è molto
conosciuto o usato fuori dal Giappone, e che le velocità
di crescita sono diverse, risulta evidente che lo spagnolo
tende ad affermarsi come la seconda lingua internazionale.
Larea di cultura cinese potrebbe già oggi essere
pari o superiore al Giappone se non ci fossero pesanti
restrizioni sulluso dellinternet in Cina.
Qualche ulteriore segnale di evoluzione potrà
forse essere colto nei prossimi mesi, ma una nuova analisi
complessiva del quadro internazionale non sarà
possibile prima del febbraio o marzo 2003.
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3. Nuovi dati europei |
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Anche per lEuropa unanalisi più completa
si trova nella sezione dati.
Qui sono riassunte solo alcune delle informazioni disponibili.
La situazione è riferita al giugno 2002 perché
dalle statistiche europee del luglio 2002 (pubblicate il 21
agosto) non risultano novità rilevanti.
A metà del 2002 cerano 24 milioni di host
internet in Europa circa il 15 per cento del totale
mondiale. Con questo andamento di crescita dal 1990 al 2002.
1990 29.200
1991 129.700
1992 284.400
1993 553.400
1994 1.029.300
1995 2.206.400
1996 3.674.300
1997 5.790.000
1998 7.872.000
1999 10.268.000
2000 15.804.000
2001 22.332.000
2002 24.237.000 (primo semestre)
Questa è la situazione, a metà del 2002, per i
21 paesi europei con più di 100.000 host internet.
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Numero di host giugno 2002 |
% su Europa |
Per 1000 abitanti |
Italia |
2.958.899 |
12,2 |
51,6 |
Germania |
2.923.327 |
12,1 |
32,6 |
Olanda |
2.632.803 |
10,9 |
166,6 |
Gran Bretagna |
2.508.172 |
10,4 |
42,7 |
Francia |
2.052.770 |
8,5 |
34,7 |
Spagna |
1.682.434 |
7,0 |
42,5 |
Finlandia |
1.217.983 |
5,0 |
234,2 |
Svezia |
1.187.942 |
4,9 |
133,5 |
Danimarca |
872.328 |
3,6 |
164,6 |
Belgio |
832.853 |
3,5 |
81,7 |
Russia |
800.277 |
3,3 |
5,5 |
Polonia |
731.371 |
3,0 |
18,9 |
Austria |
720.587 |
3,0 |
87,9 |
Svizzera |
667.509 |
2,8 |
90,2 |
Norvegia |
634.098 |
2,6 |
140,9 |
Repubblica Ceca |
362.083 |
1,5 |
36,2 |
Portogallo |
266.991 |
1,1 |
27,0 |
Ungheria |
228.303 |
0,9 |
22,8 |
Grecia |
184.716 |
0,8 |
17,4 |
Ucraina |
130.569 |
0,6 |
2,6 |
Irlanda |
130.487 |
0,6 |
35,3 |
Unione Europea |
20.136.164 |
83,1 |
53,9 |
Europa |
24.236.913 |
|
34,5 |
Come già osservato a proposito dei dati su scala mondiale,
sembra improbabile che lItalia sia al primo posto in Europa.
È più credibile che sia al terzo, dopo la Germania
e la Gran Bretagna (che probabilmente è sottovalutata
in questa fase). Ma in ogni caso la situazione italiana è molto
cambiata rispetto al passato. I grafici che seguono sono basati sui dati
così come sono, pur con le opportune
riserve che è sempre prudente avere con ogni genere
di dati e statistiche (in attesa di verifiche che saranno possibili solo
in un periodo abbastanza lungo). Pur con qualche temporanea
anomalia, landamento dei dati nel corso degli anni mostra
tendenze coerenti e comprensibili.
Questo grafico riassume la situazione nei 15 paesi europei
con più di 500.000 host internet.
15 paesi europei
Le velocità di crescita sono molto diverse, come
vediamo nel prossimo grafico
Host internet in 15 paesi europei
Numeri in migliaia
La parte rossa delle barre rappresenta la crescita in due anni (dal 1999 al 2001)
Per quanto riguarda la densità (host per 1000
abitanti) questo è un aggiornamento del grafico per
i paesi europei con più di 100.000 host.
Host internet per 1000 abitanti in 21 paesi europei
La situazione della densità assume una particolare
evidenza se si rappresenta come carta geografica.
Host internet per 1000 abitanti
Questa è la situazione, in relazione al reddito,
per gli stessi paesi del grafico sulla densità.
Host internet in rapporto al reddito (PIL) in 21 paesi europei
Nuove statistiche europee sono disponibili ogni mese,
ma non sempre ci sono variazioni sufficientemente rilevanti
per poter giustificare una nuova analisi. Ci saranno
aggiornamenti della situazione in Europa quando i dati
segnaleranno evluzioni significative.
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4. Linternet in Italia |
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La situazione di chi usa linternet in Italia
non è sostanzialmente cambiata rispetto ai dati
pubblicati nel numero 62 di questa
rubrica (febbraio 2002). Come sempre, unanalisi più
dettagliata si trova nella sezione dati
italiani, cui si è aggiunto un supplemento per i confronti
con altri paesi dellUnione Europea.
Non è facile capire perché, mentre i dati
di hostcount conservano una tendenza di forte crescita, per
quanto riguarda il numero di persone online si rilevi un
rallentamento nel 2001-2002. Ma sembra improbabile che si
tratti solo di errori o problemi tecnici nei metodi di
rilevazione. Non è impossibile che ci sia un continuo
aumento di offerta mentre cresce meno la
domanda e comunque anche altre osservazioni
confermano che cè un fondamentale problema di
qualità. Non si è raggiunta una soglia
e ci sono ampie possibilità di espansione delluso
della rete, ma la crescita del numero di persone online
dipenderà sostanzialmente dalla disponibilità
di servizi che siano davvero utili e interessanti.
Come abbiamo visto nellanalisi internazionale e in quella
europea, la situazione dellItalia è cambiata
negli ultimi tre anni. Questo grafico riguarda la crescita
del hostcount in Italia rispetto alla media mondiale.
Host internet 1995-2002 fine 1994 = 100 Dati semestrali
Unevoluzione analoga si nota in questa progressione della
presenza italiana in rete come percentuale del totale europeo
dal 1990 am 2002.
Host internet in Italia come % dellEuropa 1990-2002 Dati semestrali
Se osserviamo, invece, il numero di persone che dicono
di collegarsi allinternet in Italia, vediamo questo
andamento dal 1997 al 2002.
Utenti internet in Italia 1997-2002 Numeri in migliaia
Si conferma, dopo una fase di crescita veloce, un
rallentamento nel 2001. È ancora presto per poter valutare
se ci sia una nuova fase di crescita nel 2002. Si tratta, come si era
già osservato,
di un fenomeno culturale, non tecnico né economico.
Un assestamento che poteva essere prevedibile, cui
probabilmente seguirà una nuova fase di sviluppo di
cui è difficile prevedere lintensità e
levoluzione nel tempo. Si rilevano rallentamenti, o
comunque discontinuità di crescita, anche in altri paesi.
Continua la tendenza, già evidente da due o tre anni,
verso un maggiore equilibrio per categorie sociali, culturali
ed economiche. Come si può verificare nei numerosi
grafici disponibili nella già citata sezione
dati italiani.
Sarà opportuno continuare a seguire le tendenze
nei prossimi mesi, ma è improbabile che una nuova
sintesi significativa sulluso dellinternet
in Italia si possa avere prima del dicembre 2002
e comunque levoluzione dei comportamenti
si valuta meglio su periodi relativamente lunghi.
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