timone Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione nell'internet


Numero 56 – 21 marzo 2001

 

 


loghino.gif (1071 byte) 1. Editoriale: I postumi della bolla


È stucchevole ritornare sul tema, tante volte trattato in questa rubrica, della “bolla speculativa” nei mercati finanziari. Ma l’argomento continua a occupare le prime pagine dei giornali, a suscitare le perplessità degli economisti, a preoccupare un po’ tutti – e specialmente chi ha investito i suoi risparmi in un’inaffidabile quanto improbabile “crescita perenne” delle quotazioni azionarie. Che si trattasse si un pallone gonfiato, e che si dovesse inevitabilmente sgonfiare, era evidente da almeno un anno. Il mistero è come gli “esperti” di finanza e l’intero sistema informativo (nonostante alcune disperse e inascoltate voci di buon senso) abbiano continuato a credere che una crescita senza basi potesse continuare all’infinito; e come si possa ancora oggi considerare ogni oscillazione del listino come un fenomeno di reale rilevanza economica.

Nel generale scaricabarile ognuno cerca di dare la colpa all’altro – ma ciò che manca è una diagnosi chiara e coerente sulle origini del fenomeno e soprattutto una ricetta per evitare che si ripeta.

Il fatto sconcertante è che dietro la montagna di errori che ha gonfiato la bolla c’era un ragionamento non infondato. Ci sono davvero nuovi sistemi, basati sull’informatica e sulla comunicazione elettronica, che permettono cambiamenti profondi. Non è irragionevole che in una fase di mutamento possano essere giustificati investimenti che non hanno un ritorno immediato. E che quindi il valore di un’impresa (che sia o no quotata in borsa) possa essere maggiore di ciò che indica un tradizionale “moltiplicatore” – e che si possa investire in progetti che “per il momento” non fanno profitti.

Ma il fatto è che molti di quei progetti non avevano senso né futuro. È mancata, drammaticamente, un’analisi sul reale valore delle iniziative si cui si riversavano i finanziamenti. Non si tratta dell’alternanza (talvolta nevrotica e bizzarra) di quelle oscillazioni che in America si chiamano il toro e l’orso. Migliaia di persone sono state indotte a credere in un’ipotesi irreale e insensata: che ci fosse una crescita senza limiti e senza rischi. Chi è uscito al momento giusto ha guadagnato. Chi ha comprato più tardi, o è rimasto troppo a lungo, ha perso più di metà (talvolta nove decimi) dei suoi soldi. E non c’è rimedio. Parecchie imprese sono fallite – e anche per altri di quei titoli non c’è alcuna speranza di ripresa.

Passata l’ennesima sbornia, come e dove si ritroverà la ragione? Fra tante imprese sballate, quante che invece hanno basi ragionevoli rischiano di essere travolte?
E soprattutto – chi meriterà gli investimenti di domani?

Finché l’attenzione resterà concentrata sulle oscillazioni quotidiane del mercato azionario sarà molto difficile che si trovino soluzioni valide. Eppure un modo c’è. Il sostegno dovrebbe andare quelle imprese che senza finanziamenti, o con investimenti limitati e graduali, dimostrano di saper offrire servizi validi. Misurati non sui fatturati o sui profitti, che nel breve periodo potrebbero derivare da mode poco durature; ma su una reale capacità di realizzare concretamente quella customer satisfaction di cui tanto si parla ma di cui troppo spesso non si ha una definizione o una misura chiara e coerente. Non è molto difficile; ma richiede tempo, attenzione e pazienza. Gli investimenti e i “ritorni” saranno meno veloci? Può darsi. Ma – visti i risultati delle strategie frettolose – è molto meglio così.

 

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loghino.gif (1071 byte) 2. L’internet e la pubblicità


Un altro argomento su cui è un po’ noioso ritornare è il rapporto fra l’internet e la pubblicità. Nei due sensi: quanti investimenti pubblicitari affluiscono online? E come hanno investito i loro soldi (o quelli di incauti finanziatori) le “imprese internet” che hanno speso pesantemente in pubblicità sui mezzi tradizionali?

Negli Stati Uniti ci sono state pesanti conferme dei dubbi diffusi sugli investimenti miliardari delle dot com in televisione e sui giornali. A tal punto che non solo i loro livelli di spesa sono enormemente diminuiti ma il mercato generale della pubblicità sta registrando un rallentamento dovuto alla loro sparizione. In parole povere... miliardi di dollari sono stati buttati dalla finestra, senza ottenere i risultati che quelle imprese si aspettavano e spesso contribuendo pesantemente a mandare in crisi i loro bilanci.

E in Italia? Già nello scorso autunno c’erano segnali di cedimento. Alcune imprese della cosiddetta “nuova economia” avevano tagliato le loro campagne in modo così improvviso da lasciare vuoti spazi che i venditori di pubblicità si erano precipitati a vendere, come potevano, al “migliore offerente”. E dopo qualche sconcertante esperienza c’era una diffusa preoccupazione sulla solvibilità di parecchi inserzionisti.

Il quadro ora si delinea in modo più ordinato nell’analisi annuale degli investimenti pubblicitari svolta da Astra-Intermatrix per l’Upa e presentata il 2 marzo 2001. Come tutti i dati, anche questi possono essere discutibili; ma “fanno testo” perché sono accettati da tutti gli operatori come un punto di riferimento. I dati generali si possono riassumere così.


Investimenti pubblicitari in Italia
(numeri in miliardi di lire)

  2000 2000
su 1999
2001
su 2000
Televisione 8.534 + 12,5 + 6,2
Stampa 5.874 + 12,4 + 7,1
Esterna 1.332 + 15,0 + 6,8
Radio 996 + 15,7 + 10,5
Cinema 105 + 14,1 + 7,6
Totale 18.111 + 12,7 + 6,7

I dati riguardanti il 2001 non sono solo “previsioni”, perché
in parte riflettono ciò che gli operatori del settore già sanno
sui contratti e sulle prenotazioni per i primi mesi
e sui progetti di spesa per il resto dell’anno.


I forti investimenti del settore telecomunicazioni nei “mezzi tradizionali” sono in calo e quelli delle internet company sono in crollo. In Italia come in America. Lo sapevamo già in autunno; ora è pubblicamente confermato. Uno dei risultati è che i prezzi reali, dopo i forti aumenti dell’anno scorso, stanno diventando un po’ più “negoziabili”.

La pubblicità nei “mezzi classici” continua a crescere, ma non con i ritmi “eccezionali” del 1999-2000. Gli aumenti previsti per il 2001 non sono “bassi”, specialmente dopo una crescita “eccezionale” come quella del 2000. C’è un assestamento, ma si continua a prevedere un forte sviluppo nei “mezzi pubblicitari tradizionali”.

La pubblicità online è quasi triplicata nel 2000 rispetto al 1999, ma su basi molto piccole. Da 48 a 141 miliardi (e per almeno metà sono “partite di giro”, cioè chi compra pubblicità è anche chi la vende). Anche dimezzati, sono “tanti soldi” in “cifra assoluta” e presi tutti insieme. Ma suddivisi fra i molti “pretendenti” sono cifre limitate; e comunque molto meno di quello che i venditori si aspettavano. Se potessimo “fare i conti in tasca” ai grossi operatori scopriremmo che ognuno di loro aveva previsto di incassare, da solo, più di quanto si è riusciti a “raccogliere” in totale sul mercato. Il che non vuol dire che ci sia una crisi. Il fatto è che avevano sbagliato i conti nei loro bilanci di previsione. E hanno anche usato male i soldi che quei business plan fasulli li avevano autorizzati a spendere.

Comunque... la pubblicità online è lo 0,8 per cento della spesa pubblicitaria complessiva (in realtà 0,4 o meno). Nessuno prevede che ci sia un cambiamento significativo nel 2001. Le “proiezioni” per il 2002 arrivano a 1,4 % del totale... cioè 0,7 (o meno) al netto delle “partite di giro”. Insomma i fatti verificati finora – e anche le aspettative per il futuro – sono enormemente al di sotto di quanto speravano i venditori di pubblicità online.

Le “imprese internet” hanno speso (e in gran parte sprecato) enormemente di più in pubblicità nei “mezzi tradizionali” di quanto tutte le imprese hanno speso in pubblicità online. E l’hanno fatto nel momento peggiore possibile: cioè quando l’affollamento era estremo e i prezzi al “massimo storico”. La “bolla speculativa” ha fatto sentire i suoi effetti anche nel mercato pubblicitario. Anche in questo settore la “sbornia” sembra passata, ma nessuno vede con molta chiarezza al di là del mal di testa del mattino dopo. Il fatto sconcertante è che tutto questo era facilmente prevedibile – come sanno i lettori abituali di questa rubrica. Che i segnali evidenti siano stati ignorati è solo un’ennesima dimostrazione del fatto che le gatte frettolose fanno gattini ciechi.


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loghino.gif (1071 
byte) 3. Nuovi dati



Dall novembre 2000 le statistiche sulla crescita dell’internet non sono più pubblicate in questa rubrica ma raccolte e periodicamente aggiornate nella sezione dati. Tuttavia può essere opportuno riassumere qui alcune informazioni essenziali, anche per “memoria storica” e futuro confronto.

La nuova serie semestrale dei dati internazionali (aggiornata alla fine del 2000) è stata pubblicata il 14 marzo 2001. Si conferma ciò che già appariva dalle analisi precedenti.
Nel mondo oggi ci sono più di cento milioni di host internet – e in Italia più di un milione. Questi sono i dati per i 17 paesi con più di 500.000 host.


  Numero di host
dicembre 2000
Variazione %
in un anno
% su
totale
Per 1000
abitanti
Stati Uniti 72.456.761 + 43,5 66,1 264,6
Giappone 4.640.863 + 76,0 4,2 36,6
Canada 2.364.014 + 41,6 2,2 76,0
Gran Bretagna 2.291.369 + 20,5 2,1 39,0
Germania 2.163.326 + 27,1 2,0 26,3
Italia 1.630.526 + 147,7 1,5 28,5
Olanda 1.623.567 + 97,8 1,5 102,8
Australia 1.615.939 + 48,2 1,5 85,5
Francia 1.375.081 + 76,3 1,3 23,3
Taiwan 1.095.718 + 83,5 1,0 50,0
Brasile 875.596 + 96,2 0,8 5,4
Finlandia 771.725 + 22,2 0,7 148,4
Svezia 764.011 + 28,5 0,7 85,8
Spagna 663.553 + 59,7 0,6 13,6
Messico 559.165 + 38,1 0,5 5,6
Norvegia 525.030 + 30,6 0,5 105,4
Austria 504.144 + 83,8 0,5 61,8
Totale 109.574.429 + 51,4   5,0


Il quadro delle “grandi nazioni” che avevamo visto nel numero precedente si è evoluto come vediamo in questo grafico (esclusi gli Stati Uniti).

10 nazioni

La parte rossa delle barre indica l’aumento in due anni.

Per un’analisi vedi il documento sulle due grandi comunità etniche.


Questo è un aggiornamento del grafico riguardante la densità rispetto alla popolazione nei 35 paesi che hanno più di 100.000 host internet.

Host internet per 1000 abitanti in 35 paesi

densita

E questa è, negli stessi paesi, l’attività in rete in relazione al reddito.

Host internet in rapporto al reddito (PIL) in 35 paesi

reddito


La situazione in Europa (densità) si riassume in questa mappa.


Host internet per 1000 abitanti

densita

Il fatto più rilevante in questo periodo è un’ulteriore conferma di una forte crescita dell’internet in Italia.



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loghino.gif (1071 byte) 4. Un nuovo libro


Un nuovo libro uscirà nell’aprile 2001. Dedicato alla rete non dal punto di vista delle imprese (come La coltivazione dell’internet) ma da quello delle persone.


libro

Vedi la presentazione.

Alcuni capitoli sono già pubblicati su questo sito
e un po’ per volta l’intero testo del libro sarà disponibile online.

 

 

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