Talvolta una piccola notizia può dare
lo spunto per qualche meditazione. Il 24 maggio 2001
cè stato un ennesimo allarme virus
che è sfuggito allattenzione dei cronisti. Infatti,
in sé, non è gran cosa. Non ha scatenato ondate
planetarie di sgomento, non ha messo in crisi qualche grossa
organizzazione con difese inadeguate, software colabrodo e
tecnici sprovveduti. Ma nel suo piccolo è
un caso interessante.
La storia è questa. Circola in rete un messaggio
di rutilante e urgente allarme che ha il tono e lo stile del
solito hoax uno dei tanti scherzi messi in giro apposta
che trovano molta più eco di quella che meritano.
Dice che cè un virus e che il file si chiama
SULFNBK.EXE.
Spiega che è a tempo: per il momento
è inattivo ma si scatenerà il giorno dopo.
Segnala che non viene identificato dagli antivirus (il che
è vero: quel file cè e lantivirus non lo
riconosce come infetto). Qualcuno, spaventato,
cancella o rinomina il file, come suggerito del messaggio di
allarme. Ma non risolve il problema... il virus
si devessere messo in azione, perché alcune cose non
funzionano. Perplessità. sgomento, smarrimento...
Dove sta la trappola? È semplicissimo. Il file
incriminato non è un virus, ma uno dei
tanti eseguibili nascosti nelle viscere di
windows. Mettendolo fuori uso, si mandano in crisi alcune
funzioni del programma. Insomma la vittima è indotta a
nuocere a se stessa.
La notizia sarebbe solo comica se non fossero cadute
nella trappola persone tuttaltro che inesperte della rete e
con nozioni non superficiali di informatica. Lautore della
burla potrebbe non essere un genio della tecnologia ma
è un buon conoscitore della natura umana.
Che cosa ne dobbiamo dedurre? Che gli allarmi
virus sono quasi sempre falsi, come sappiamo da anni,
quindi non vanno creduti (e tantomeno diffusi) prima di aver
controllato con attenzione? Che non si cancella un file prima
di aver controllato bene che cosè? Sarebbe banale.
Ma non è così semplice.
Questo è solo uno di tanti virus
culturali che circolano in tutti i sistemi di
informazione (vecchi e nuovi). E cè
nellumanità una pericolosa tendenza non solo a
subirli, ma anche a diffonderli senza neppure rendersene conto.
Lorigine delle bufale (notizie false o deformate)
può essere di varia specie. Scherzo, errore, superficialità
o intenzionale manipolazione. Che esistano è inevitabile.
Che sopravvivano e si moltiplichino con efficacia spesso straordinaria...
è preoccupante.
Se si trattasse solo di un danno al software, non grave e
facilmente riparabile, come nel caso di quel dispettoso ma bonario
pseudo-virus... potremmo dormire sonni tranquilli. Ma il fenomeno
è molto più grave, maligno e profondo.
Cè chi, preoccupato di perdere i suoi privilegi
nel sistema informativo, punta il dito contro linternet.
È nella rete, dice, lorigine del male. Dove le
informazioni circolano liberamente, fuori dal controllo di
chi è istituzionalmente incaricato di fornirle e
spiegarle, aumentano i rischi. Quindi la rete devessere
imbavagliata, controllata, censurata. Questa non è
solo unidiozia; è anche una pericolosa insidia per la
nostra libertà.
Naturalmente è vero il contrario. La rete, usata
bene, è la nostra migliore difesa contro le
deformazioni del sistema informativo. Ci permette di dubitare,
verificare, controllare. Ma ci sono due facce della medaglia.
Da un lato dobbiamo difenderci, in modo più
risoluto e ostinato, contro ogni limitazione della nostra
libertà. Dallaltro... non dobbiamo smettere di
chiederci se stiamo davvero usando bene le risorse
dellinternet. Non solo per evitare di spargere bufale,
spamming, catene di SantAntonio o altri
materiali inquinanti. Ma cosa ancora più importante
per affinare la nostra capacità di usare gli
strumenti di conoscenza che la rete ci offre. E così
capire e interpretare le informazioni molto meglio di quanto
sia possibile nel sempre più omogeneo, ripetitivo,
addomesticato, manipolato e distorto pastone che
ci offrono i cosiddetti mass media.
Su recenti tentativi di restrizione della libertà nellinternet
vedi Timeo Danaos e Una legge molto confusa.
Su spamming vedi il capitolo 44 di Lumanità dellinternet.
Su virus, catene e altri problemi il capitolo 39.
Post scriptum
Dopo la pubblicazione di questo articolo ho avuto segnalazioni
di ulteriore diffusione della stessa burla nellottobre 2001
e poi di nuovo nel febbraio 2002. Pare che avesse avuto anche
una propagazione in periodi precedenti. Nata in Brasile,
poi diffusa in Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia...
alcune fonti ritengono che fosse in circolazione fin dal 1995. Accade
abbastanza spesso che vecchi trucchi rispuntino dopo anni
di apparente letargo. Probabilmente non sapremo mai, in
questo caso, se chi ha tradotto il falso allarme in varie
lingue lha fatto apposta o è ingenuamente caduto nella trappola.
E poi è arrivato lorsacchiotto
Più tardi, nellaprile 2002, si è trovato
in circolazione un altro falso allarme della stessa
specie, chiamato little bear perché un orsacchiotto
è licona di jdbgmgr.exe, un java debugger
che si trova normalmente in alcuni sistemi windows e che lallarme
truccato induce a cancellare.