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a cura di Stefania Grassia
La pubblicità ingannevole. Il messaggio pubblicitario non deve mentire sulle qualità del prodotto. La normativa europea detta disposizioni contro la pubblicità ingannevole, cui i Paesi membri dell'Unione europea devono adeguarsi. Contro la pubblicità ingannevole i consumatori - ma anche produttori concorrenti, e i soggetti pubblici interessati - possono chiedere l'intervento del Garante della concorrenza e del mercato, un'amministrazione pubblica indipendente istituita nel 1990, che può deciderne la cessazione. Il procedimento è relativamente semplice e breve. Inoltre, anche in Italia, è ora ammessa la pubblicità comparativa, proibita fino al 1999, perché considerata utile per il consumatore.
Altri limiti. La pubblicità non può essere oscena o offensiva, né avere contenuti razzisti o mettere in ridicolo una religione.
Sigarette e alcool. In Italia la pubblicità delle sigarette e degli altri prodotti da fumo è vietata dal 1983, mentre quella delle bevande alcoliche è soggetta ad alcuni limiti, ad esempio non deve presentare come potenziali consumatori i minorenni.
Il codice di autodisciplina. Oltre alle norme europee e nazionali, la pubblicità è regolata anche dal codice di autodisciplina, cui aderiscono le agenzie e in genere tutti i soggetti che hanno a che fare con la pubblicità. Le violazioni al codice di autodisciplina sono portate davanti a un giurì un giudice "privato" che può decidere che un determinato messaggio non dice la verità sul prodotto o comunque viola qualche regola dell'autodisciplina. Il messaggio allora viene ritirato, volontariamente, da chi lo ha prodotto.
I bambini. Per i più piccoli sono previste tutele particolari e la Commissione parlamentare per l'infanzia ha di recente proposto l'eliminazione completa della pubblicità nelle trasmissioni televisive per i bambini.
Le associazioni di consumatori. Sono organizzazioni nate per tutelare i consumatori da problemi, insidie e pericoli del mercato. Negli ultimi anni hanno assunto un ruolo di grande rilievo sociale, politico ed economico, in quanto controparte accreditata (e temibile) anche per l'azienda più potente. La legge 281, che disciplina i diritti dei consumatori e degli utenti, riconosce le associazioni dei consumatori e le regolamenta, istituendo un elenco ufficiale delle associazioni che rispondano a determinati requisiti. La legge è diventata operativa con il decreto di attuazione del gennaio 1999.
La legislazione - a livello europeo e nazionale - riconosce alle associazioni ampie possibilità d'intervento e poteri di rappresentanza dei consumatori anche nei processi, come soggetti portatori di interessi "diffusi" o "collettivi", che riguardano cioè una intera categoria di persone o addirittura tutta la società. Dal 1986, la legge italiana consente infatti alle associazioni di intervenire nei processi penali contro frodi e sofisticazioni alimentari, come "parte civile", ovvero come soggetto autonomo danneggiato dal reato.
Negli altri casi, le associazioni possono ancora costituirsi parte civile in base alle regole generali stabilite per tutte le associazioni collettive con il decreto legislativo 271 del 1989, ma sono soggette ad alcune limitazioni: per il loro intervento nel processo è necessario, ad esempio, il consenso della persona direttamente danneggiata dal reato. Le associazioni possono inoltre denunciare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) gli abusi commessi dalle imprese in violazione delle regole sulla concorrenza, che è considerata dalla legge una garanzia per il consumatore, altrimenti indifeso di fronte al potere di monopolisti.
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