Passiflora
incarnata
Si dovrà tener conto, oltre che della durata del trattamento
terapeutico, di particolari situazioni come la gravidanza ove l'uso di alcune piante può
risultare dannoso per l'embrione, per il feto e anche per la madre. Tra le sostanze in
grado di provocare danni: il fumo, l'alcol (una modica quantità può essere permessa),
l'abuso di caffeina. Droghe vegetali contenenti salicilati e retinoidi possono essere
rischiose (teratogene) per l'embrione e vanno quindi sconsigliate in gravidanza. I
salicilati, inoltre, espongono la gestante a un maggior rischio di fenomeni
emorragici al momento del parto, e nel corso dell'allattamento rendono meno gradevole il
latte materno. Sono sempre sconsogliate in gravidanza tutte quelle piante medicinali che,
aumentando la motilità dell'utero, possono provocare aborto. E' bene tener sempre
presente che bisogna limitarsi a prescrivere, in una donna in stato di gravidanza, una
droga medicinale solo quando se ne ha un reale bisogno, somministrando solo quelle piante
medicinali di provata sicurezza. Anche l'allattamento richiede particolari attenzioni,
evitando in particolare la somministrazione, alla madre, di droghe antrachinoniche, droghe
contenenti basi xantiniche (bevande nervine), lattoni sesquiterpenici e salicilati (che
possono anche provocare reazioni allergiche).
La terapia con le piante medicinali va attuata con grande
prudenza nei bambini e negli anziani, in particolare nei sofferenti di patologie
debilitanti.
Ribadire gli effetti negativi dell'abuso delle cosiddette
bevande nervine (caffè, tè, guaranà, matè, cola, ecc.) è scontato, particolare
attenzione andrà posta alle loro interferenze con farmaci che contengono caffeina
(diversi analgesici) e al loro utilizzo in pazienti con patologie psichiatriche. Stesso
discorso andrebbe fatto per l'alcol e per la contemporanea somministrazione di piante
medicinali (valeriana, passiflora, escolzia, piscidia, iperico, arancio, papavero rosso,
kawa-kawa, olio essenziale di menta, ecc.) con benzodiazepine, antidepressivi e altri
farmaci neuropsichiatrici. Si ricorda, inoltre, la possibile influenza sull'attenzione,
sulla vigilanza e sulla capacità di guidare mezzi meccanici. Pazienti affetti da
patologie renali, quali a esempio le glomerulonefriti, non dovrebbero assumere piante
quali kawa-kawa, levistico, sandalo, yohimbee, ginepro, cappuccina, asparago (in
particolare nell'insufficienza renale) ed elavate dosi di peperoncino. Molta attenzione
deve essere posta all'uso di aglio, meliloto, china e ginkgo biloba sia con una
contemporanea somministrazione di farmaci anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici, o in
tutti coloro che abbiano patologie della coagulazione sanguigna. Non bisogna dimenticare
tutte quelle piante che esercitano un'azione sulla tiroide (es.: laminaria) e un'attività
estrogenica (si ricordino in particolare gli epilettici) quali a esempio la salvia, il
luppolo, la trigonella, l'erba medica, la cimifuga racemosa, il cipresso.
Agli asmatici, ai sofferenti di allergia cui si consiglia di fare
attenzione all'abete e al pino (in particolare all'olio essenziale) che potrebbero
produrre broncospasmo; altrettanta cautela va posta con il propolis e l'aglio. Nei
pazienti sofferenti di patologie delle vie biliari particolare prudenza andrà posta
all'uso di piante ad azione colagoga e coleretica, valutando attentamente ogni situazione
e ricordando che in caso di fenomeni ostruttivi è preferibile evitare l'uso di tali
piante. Diverse erbe medicinali (anche l'olio essenziale di eucaliptus e Niaouli) possono
aumentare la metabolizzazione epatica con un fenomeno di induzione enzimatica; un accenno,
inoltre, a quelle piante adoperate dal sistema medico cinese che necessitano,
nell'applicazione terapeutica, di grande attenzione, in particolare per quanto riguarda
gli aspetti tossicologici.
Aumentano sempre più segnalazioni e studi che ne evidenziano la
tossicologia e le controindicazioni; a tal proposito si ricorda che le erbe Chuen-lin
e Ying-chen (Artemisia capillaris) aumentano il rischio di
iperbilirubinemia e non dovrebbero essere somministrate ai neonati. L'erba dazao (Ziziphus
jujuba var. inermis) induce edema angioneurotico, mantre la Danshen
(Salvia miltiorrhiza) ha un'importante e pericolosa interazione con il warfarin:
induce un aumento della coagulazione. L'infuso di Aristolochia debilitis, e altre
specie di aristolochie, sono stati imputati di causare epatiti acute; mentre la Jin
Bu Huan ha dimostrato di provocare epatiti croniche. Uno studio (J. Altern,
Complement Med., 1998), inoltre, segnala circa 100 casi di danni renali in donne che
avevano adoperato alcune erbe cinesi (Aristolochia fangehi, Stephania tetranda).
Sono dunque necessari accurati controlli e indagini per valutare la tossicologia, le
controindicazioni delle erbe adoperate nella medicina cinese, senza trascurare gli aspetti
tossicologici legati a possibili contaminazioni dovute a pesticidi, metalli pesanti,
batteri e altro.
Nel concludere si fa presente che nella prescrizione di una pianta
medicinale, o di un suo prodotto o derivato, è importante un'accurata diagnosi o
anamnesi, al fine di individuare la "pianta giusta", di stabilirne il corretto
dosaggio e di tenere conto del periodo di somministrazione. Un gran numero di piante può
essere tranquillamente e vantaggiosamente utilizzabile nella pratica terapeutica corrente,
anche in alternativa a molti farmaci. In moltissimi casi, inoltre, le reazioni
indesiderate si hanno per dosaggi eccessivi e protratti nel tempo. Attenendosi alle dosi
consigliate i problemi sono molto limitati; non è quindi un criminalizzare o demonizzare
l'utilizzo delle piante medicinali, ma costruire un "percorso" più sicuro e
valido, che ci possa permettere di sfruttare al meglio le grandi possibilità che il mondo
naturale offre.