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Diritti

L'intervista
2 - Cresce nei consumatori la consapevolezza dei propri diritti

Quali sono le priorità politiche dell'Unione Europea per favorire la tutela dei consumatori?

Non c'è nessun discostamento rispetto alla direttiva italiana. Le direttive comunitarie in materia di tutela dei consumatori vengono recepite negli ordinamenti degli Stati membri, quindi anche dall'Italia, sotto due forme. Se sono dei regolamenti, sono automaticamente applicabili nel territorio dei Paesi della Comunità Europea. Se sono direttive, impegnano i Paesi in quanto al contenuto, lasciando i tempi e la forma agli Stati membri. Quindi non esiste direttiva che riguardi il credito al consumo, le vendite al di fuori dei locali, o altro, che non sia stata recepita in Italia. La legislazione italiana a tutela dei consumatori non è altro che la trasposizione di tutte le direttive europee.

Esiste una politica comune dell'Unione Europea sui problemi della sicurezza dell'alimentazione? Esistono delle ricerche promosse dall'Unione Europea per monitorare il problema della sicurezza alimentare europea?

La politica comune della sicurezza alimentare è stata fissata nel "Libro Bianco di Sicurezza Alimentare", che la Commissione ha pubblicato e ha cominciato ad attuare nel 1999. Ovviamente, prima di emanare questo decreto, questo grande Libro Bianco, che riporta 88 direttive che trasformano la sicurezza in Europa, sono partite delle ricerche che hanno monitorato il problema. Non ultima, una del 1998, che addirittura si era basata sulle opinioni dei consumatori, per vedere quali erano le loro paure, con risultati abbastanza immaginabili.

Che peso hanno le associazioni dei consumatori come interlocutrici nelle decisioni dell'Unione Europea? Quali leggi in particolare hanno concorso a far approvare o a modificare? Ci può fare qualche esempio?

Le associazioni dei consumatori sono presenti in un organismo che si chiama "Consiglio dei Consumatori", che è un organismo consultivo, l'unico esistente a livello europeo. Io sono il rappresentante per l'Italia. Da questo Consiglio, che si riunisce ogni due o tre mesi a seconda delle necessità, vengono emanati dei pareri o addirittura delle proposte alla Commissione. Gli ultimi riguardavano la riforma della politica agricola comune, ancora prima che scoppiasse il caso Bse. Noi - tutti e 15 i Paesi - abbiamo fatto un documento durissimo in cui dicevamo alla Commissione, che non era possibile andare avanti con scelte di quel tipo. Nell'ultima riunione, invece, di un mese fa, abbiamo pubblicato congiuntamente un documento che riguarda le pratiche commerciali che vanno a toccare i bambini. Si tratta di pratiche commerciali come la pubblicità, le promozioni, tutta una serie di informazioni che possono danneggiare enormemente la psiche e la crescita del bambino.

Il peso delle associazioni dei consumatori sta aumentando anche in Italia. Che cosa separa ancora l'influenza che le associazioni dei consumatori hanno nella vita pubblica italiana da quella che hanno negli Stati Uniti?

Intanto nella storia degli Stati Uniti l'associazionismo inizia nel 1929, in concomitanza con la famosa crisi. Quindi sono stati loro i pionieri. Successivamente Kennedy, che era un presidente lungimirante, lanciò un messaggio al Congresso degli Stati Uniti del 1960, in cui richiamava, un principio fondamentale per i Paesi democratici e industrializzat: se è vero che le aziende devono svilupparsi, crescere e fare business, è anche vero che tutto ciòo deve avvenire rispettando dei diritti dei consumatori. Diritti che poi stati ripresi dalla Carta Costituzionale di alcuni Paesi, dalla Carta delle Nazioni Unite. Ricordiamo che questi stessi diritti sono stati inseriti nella prima legge a tutela dei consumatori, in Italia nel 1998. In questo momento, però', posso affermare che, se è vero che siamo partiti tardi, di strada ne abbiamo fatta tanta. Posso dirlo perché partecipo in prima persona al Trans Atlantic Consumer Dialogu, Tacd, con gli Stati Uniti.

Quali sono per il consumatore i problemi che provengono dalla globalizzazione dei mercati in termini di sicurezza alimentare?

Un capitolo del mio libro, "Cibo sicuro", parla proprio dei dieci rischi della globalizzazione, "le dieci piaghe del mondo", come le chiamo io. Il primo è un problema di carattere igienico, per quei prodotti che provengono da Paesi che non rispettano le convenzioni internazionali, le norme di base. Il secondo, non meno importante, deriva dall'importazione di derrate alimentari, quali legumi, cereali, spezie, che affrontano viaggi via nave assai lunghi e portano con sé il pericolo di avere sviluppato nelle stive dei microrganismi dannosi. Il terzo rischio è quello della pratica dell'irraggiamento degli alimenti. A questo proposito c'è proprio un recentissimo documento internazionale che dice che l'irradiazione non è poi così innocua come si potrebbe pensare. Il quarto rischio è legato al binomio tempo/temperatura nelle condizioni di trasporto, che, soprattutto nelle grandi spedizioni, porta a un prodotto poco sicuro. Il quinto rischio è quello che deriva dalla cattiva qualità degli alimenti, perché spesso le materie prime - penso alla carne - fanno dei viaggi lunghissimi e giungono al limite della loro commestibilità. Il sesto è quello dell'importazione e della circolazione di alti residui di contaminanti, intesi come sostanze che non vengono intenzionalmente aggiunte ai cibi, ma possono provenire da contaminazioni ambientali o da prassi agricole che non sono opportunamente controllate. Un caso è quello della diossina nei mangimi per gli animali in Belgio. Il settimo rischio riguarda le sostanze che arrivano negli alimenti a seguito di un uso intenzionale di agenti dannosi, come nel caso di un massiccio uso di pesticidi in alcuni Paesi in via di sviluppo. Questo fa sì che noi importiamo merci che hanno un contenuto di residui che nel nostro Paese sono vietati. L'ottavo può essere quello della presenza di additivi o di sostanze aromatizzanti, o addirittura di farmaci usati per gli animali. Per quanto riguarda gli additivi, ciò avviene con criteri di purezza non fissati; per i farmaci, si tratta di sostanze che da noi sono proibite. Il nono rischio è non tener abbastanza conto del benessere dell'animale. Un problema che stiamo pagando duramente in questi giorni, con la storia della Bse. E l'ultimo è quello che deriva dai "novel food", cioè da quei nuovi alimenti come gli organismi geneticamente modificati e dai mangimi che da essi derivano.

(7 marzo 2001)


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