Ma intorno alla "collana viola" tra 
			Pavese e de Martino non c'era propriamente un sodalizio. Fu anzi un 
			rapporto conflittuale, più o meno sottotraccia, in cui precipitavano 
			contraddizioni, dubbi, colpevoli arrendevolezze e puntate di orgoglio 
			d'una cultura comunista molto più mossa di quanto non abbia 
			fatto credere, negli ultimi anni, la polemica di Ernesto Galli della 
			Loggia. Il braccio di ferro tra l'autore dei Dialoghi con Leucò 
			e quello del Mondo magico (primo titolo, peraltro, della collana, 
			datato 1948) è stato raccontato nel '91, con dovizia documentaria 
			e acume saggistico, da Pietro Angelini, in un libro Bollati Boringhieri 
			dove pubblicava le lettere tra i 
			due sulle scelte editoriali da farsi. Ne sortivano chiarissimi i termini: 
			da una parte de Martino, più implicato, sebbene criticamente, 
			
			nelle vicende del Pci (che ambiva indubbiamente a una egemonia sulla 
			Einaudi), il quale riteneva di dover presentare i testi 
			irrazionalisti con introduzioni "profilattiche", che ne sottolineassero 
			i pericoli politico-culturali; dall'altra Pavese, redattore della 
			
			casa editrice torinese, che soggiogato dal magismo e dal mito, com'è 
			chiaro dal suo lavoro letterario di quegli anni, considerava 
			quella una politica da "pretini", e suggeriva di limitare gli apparati 
			per dare il più possibile liberi e parlanti i testi in questione. 
			La 
			pedagogia marxista si scontrava con un modo all'apparenza più 
			sciolto e indipendente, ma forse, in realtà, coinvolto in oscuri 
			
			traffici con la morte, mascherati da letteratura (lo stesso Angelini 
			ha suggerito di riconsiderare la vicenda della "collana viola" dopo 
			la "scoperta" dei taccuini "fascisti" di Pavese). 
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