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A cura di Stefania Grassia
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Il tempo della cura. La legge sui congedi "parentali" dei genitori, entrata in vigore il 28 marzo del 2000, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico delle sostanziali novità e non solo nel campo dei permessi che i genitori possono prendere per seguire i propri figli.
La legge tratta infatti della qualità della vita e della distribuzione del tempo nelle famiglie, con l'intento di recuperare il tempo della "cura", cioè di quell'occuparsi reciprocamente gli uni degli altri e in particolare dei più deboli - bambini, disabili, anziani - che sarebbe il modo "naturale" di vivere in famiglia, senza le costrizioni dei tempi di lavoro e degli altri ritmi imposti dalla vita quotidiana.
Una zona franca. Il tempo per i figli, per la cura di chi ha bisogno di assistenza, ma anche per sé stessi, diventa una zona franca dove il lavoro non può entrare. Forse per questo suo contenuto così "popolare", forse perché comunque i tempi erano maturi per una rivoluzione in questo senso, la nuova normativa non ha trovato seri ostacoli alla sua attuazione.
Dopo la legge sono state tempestivamente emanate numerose circolari attuative (Inps e Ministero del lavoro), per specificarne i dettagli e chiarirne i dubbi. L'ultimo atto è una circolare del Dipartimento della Funzione pubblica che "spiegando" la legge agli impiegati pubblici dà numerose e definitive indicazioni utili per tutti.
Indipendentemente dalla legge, le disposizioni più favorevoli al lavoratore prevalgono. Premettendo che le disposizioni più favorevoli al lavoratore, eventualmente contenute nei singoli contratti collettivi, prevalgono sulla nuova legge, in modo che il lavoratore non ne sia in nessun modo svantaggiato, il Dipartimento della Funzione pubblica commenta e chiarisce, entrando nel dettaglio, le innovazioni apportate dalla nuova legge alla normativa precedente.
I congedi parentali: il padre non è più un sostituto della madre. Prima di tutto, i "congedi parentali": i genitori possono assentarsi dal lavoro anche contemporaneamente per periodi che non superino complessivamente i dieci mesi nei primi otto anni di vita dei loro figli.
Per i congedi, i genitori hanno diritto ad un'indennità pari al 30 per cento dello stipendio per i primi sei mesi di congedo ed entro i tre anni di vita del bambino. Se i permessi vanno oltre i sei mesi e/o dopo i tre anni i genitori hanno diritto alla stessa indennità solo se il reddito familiare è al di sotto di un certo limite.
Ma se il padre si assenta per un periodo di almeno tre mesi consecutivi viene "regalato" alla coppia un bonus di un mese, vengono cioè riconosciuti complessivamente congedi per undici mesi negli otto anni. Gli stessi diritti hanno i genitori adottivi.
Il messaggio è chiaro: il padre non è più il sostituto della madre, ma il suo coinvolgimento è invece considerato così importante da venire incentivato. Sono così superate le precedenti norme sulla maternità (legge 1204 del 1971) e sulla parità tra donne e uomini sul lavoro (legge 903 del 1977) che - innovative per i loro tempi - non arrivavano però a tanto.
(5 marzo 2001)
1 - continua
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