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Alex Jurlaro: Vita I Testi delle canzoni I Romanzi  
vita, blues, canzoni, poesie e l'ultima ballata per un amico povero

Da quando Alex Jurlaro è morto, la nostra vita, reale, affettiva ed artistica, non è più la stessa. Lo so, è banale. Ma davvero non è più vita. Per noi che non abbiamo mai provato la vera routine, perché con lui tutto era un evento straordinario, metafisico, un pezzo di rivoluzione prossima ventura, ora ogni atto torna ad essere un misero affanno quotidiano.

Per trent'anni esatti, Alex è stato il punto di riferimento materiale e spirituale delle nostre esistenze. Con quel suo esserci immancabile, sempre con noi , ma come se stesse per i fatti suoi. E, invece, era il modo di lasciarci fare il gioco, che invece era lui a guidare. Se non interveniva, voleva dire che la direzione era giusta.

giovaniE, quando non riuscivamo a trovare l'orientamento oppure eravamo in disaccordo, bastava rivolgergli uno sguardo, chiedergli cosa ne pensasse. Alex risolveva tutto con una battuta, riportando la situazione ad un altro livello, rimedi semplici che ci sembravano geniali , ci riempivano di sentimenti e di ideali, oltre che di buon umore e di voglia di fare cose utili.

Sembrava una di quelle guide indiane con la leggerezza nei piedi e la saggezza pratica fra le dita. Di quelli che se ne stanno lì a fare le proprie cose, mentre la carovana attraversa gole e deserti. E parla solo quando si rischia di finire fuori percorso o in bocca ad un agguato. Oppure, la sera, dopo il bivacco, diventa disponibile a rari momenti di incontri personali, nei quali ti rigira dolcemente il mondo dentro. Il mondo, come un territorio di caccia invaso da bianchi cinici e senza storia né sentimenti, rozzi conquistatori che profanano la grandezza indiana.

Così, dopo gli anni grandi del '68, quasi un decennio, finimmo a vivere tutti in Riserva, confinati nei nostri spazi contrattati dopo la sconfitta, prima tutti assieme, poi ognuno con la propria occupazione, con la propria famiglia para-borghese, il proprio destino. Ma, ancora uniti nei pascoli del '68 che portavamo dentro. Grazie ad Alex Jurlaro che restava il custode di quegli spazi inviolabili.

IndianiUna vita al contrario. L'irrealtà delle nostre occupazioni quotidiane, in ostaggio alla società che l'uomo bianco ha costruito sulle nostre terre. La realtà, sui sentieri di sempre, diventati immaginari, che hanno continuato ad esistere nei nostri cuori, mediante i nostri riti.

Ora che Alex è morto o, piuttosto, è uscito di scena in modo misterioso, così come era entrato in quella primavera del 1968, senza che si possa neppure sapere dove abbia portato il suo corpo per sempre, è venuto il momento di chiudere la Riserva, di riunificare le nostre vite sdoppiate, di prendere il pezzo di società che ci spetta, senza starcene auto-confinati nel mondo che l'uomo bianco del progresso materialista ci consentì di abitare.

E non possiamo che farlo cantando, come in una cerimonia finale, tutti i blues, le canzoni e l'ultima ballata che Alex ci ha ispirato in trent'anni. Ripercorrendo il grande sentiero del pianto che, dai nostri pascoli felici, servì a deportarci nelle riserve, un rito per sotterrare la diaspora, ma non la memoria, così da portare nella Nazione la ricchezza della cultura e dell'umanità che abbiamo continuato a coltivare.

Seppelliamo il '68 per portarlo con noi.

Piana delle Cinque Miglia, 11.04.98
Sandro Petrone e la sua Tribù

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