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Alex Jurlaro: Vita I Testi delle canzoni I Romanzi 
vita, blues, canzoni, poesie e l'ultima ballata per un amico povero

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MIMETIZZO BLUES

Se non mi trovi, non allarmarti vecchia mia.
Se non mi riconosci, non chiedermi "che hai, sei nervoso?"
Da te non me l'aspetto, vecchia mia,
alla tua età dovresti aver imparato come agisce
il Mimetizzo Blues.

Mi nascondo sotto la mia stessa carne,
non rispondo alle provocazioni della gente,
evito per un po' di dire stupidaggini,
rinuncio a reagire come una scheggia impazzita,
rotolo l'anima nel blues.

Se non vuoi trovare uno scudo d'energia,
se non puoi riconoscere i miei occhi quando sono freddi,
fatti forza anche tu, vecchia mia,
ho il telefono del sentimento che dà occupato
a ritmo di blues.

Un guru, un santone indiano, un indiano napoletano,
neppure un monaco buddista è capace,
neppure una donna che si vendica resiste,
non troverai un muro così asciutto
come me quando trasudo blues.

Tremendo, forza che non domini, poderoso,
il Mimetizzo in corpo mi fa invincibile fra le serpi,
spazza via i monatti suonando note ironiche,
riduce a pezzi il chiasso, tampona le mie falle,
dura soltanto un blues.


BLUES HESITANTE DELLA SERENITA'

Hesitazione su una nota,
un pezzo d'anima che va,
lo sguardo lungo verso il nulla,
serenità sussurra piano
sull'inquietudine di un blues.

Il ritmo dell'alienazione
mi suona falso e da dementi,
non scava solchi nei pensieri,
non sa cambiare la realtà,
piomba bastardo su ogni blues.

Hesitazione su una corda,
rilassa il falso movimento,
aumenta il tempo di intervallo
che spezza il passo alla realtà,
ironizzando dentro il blues.

Serenità cavata a spicchi,
giocata a tappi sotto il muro,
serenità processo lento,
hesitazione che si stempra
rimuginando dentro il blues.

Gioca d'azzardo la parola,
è lunga come l'illusione,
ci sono diavoli ogni giorno,
ci sono diavoli inventati
che ti tormentano col blues.

Hesitazione su una nota,
il gioco losco è smascherato,
serenità prendili in giro,
ricuci l'anima di vita,
danza tra i diavoli del blues.


RAGAZZA DAL NOME DI GUERRA: PARTE I

Non c'è risposta nei loro discorsi di latta,
non c'è sapore nei loro cibi standardizzati,
non c'è vita nei loro uomini massificati,
non c'è futuro nei loro campi di missili.

Non fermarti, piccola ragazza dagli occhi profondi
e il nome di guerra.
Non ascoltarli, piccola selvaggia di città che studi
cadaveri chimici.

(Dov'è andato quel maledetto fiore
tra le pagine di un diario del '71?
C'era ancora il campo di verdura dietro il parco dei sogni).

Non c'è tempo
per spiegare il senso dei bisticci occidentali.

Non c'è posto
per raccogliere le nostre memorie sradicate.

Non c'è spazio
per realizzare il tuo sogno tardo esistenziale.

Non c'è vita
per parlarti di...

Non c'è, non c'è, non c'è.

Pazza, piccola pazza col nome di guerra, che non sai affrontare.
Pazza, infiniti occhi guardano un'umanità che non trema più.
Che non ama più. Che non ride più. Che non lotta più. Che non sente più.
Che non, che non, che non.

Come te, che non.
Che non sfoghi la forza del tuo ventre, piccola pazza dagli occhi petrolio
e il nome di guerra.
Che non passi attraverso la tua monotonia, la tua partecipazione,
la tua complicità, la tua pianificazione, la tua conquista di distrazione.
Fatui punti di arrivo in una notte di luci fasulle,
di false risate, di pianti mascherati.


RAGAZZA DAL NOME DI GUERRA: PARTE II

Non c'è risposta nei loro giradischi comandati,
non c'è sapore nei loro baci meccanizzati,
non c'è vita nei loro eroi plastificati,
non c'è futuro nei loro schemi schematizzati.

Non fermarti, piccola peste, calma dietro gli occhi distanti.
Non ascoltarli, donna dal nome di guerra che vedi luci lontane
e insegui lampioni.

(Ma dove è finito quel benedetto fiore
tra le pagine di un diario del '71?
C'era ancora il campo della violenza
e dell'uomo-bambino coperto di poco infinito).

Non c'è tempo, non c'è posto, non c'è spazio, non c'è vita.
Brucia, brucia, lo vedo. E sfugge l'ultima occasione.

Non starmi vicina, né lontana. Stammi.

Se muoio per mano del pazzo ignorante,
tu vola in silenzio, non aggiungere altro.

Valore, che vale? Capiranno? Uccidono, piccola peste
dal nome di guerra.

Tenera peste, perduta nel senso dei ladri di senso
che senso non danno.

Ahimè, donna dal nome di guerra, che guerra non porta, non fa, non.
Ahimè.


BLUES DELLA SPAZZINA

Ho il blues del "Che diavolo ti sei cacciata a fare
nella mia anima, cara",

Ho il blues del "Tutta questa storia mi rende ridicolo
e nervoso, piccola".

Se hai decisio di arrivare dalla mia parte, è già troppo
tardi e troverai le ceneri.

Se hai pensato di non aver capito, l'occasione è già
perduta da qualche minuto.

Ho il blues della tua faccia e delle tue mani, ma sei rigida
come una scopa che non sa scopare.

Ho il blues della tua voglia di sapere, che uccidi sempre
nel bisogno di voler sembrare.

Suonami la filastrocca del silenzio di pensieri, tanto
hai solo un traguardo solitario.

Cantati la canzone del "Non mi va di crescere", e la paura
ti potrà ipnotizzare.

Ho il blues del "Che bella fantasia, ragazzo!", ma non mi va
di lasciarmici affogare.

Ho il blues del "Chiamatemi uno spazzino perché ho l'anima
che vuole essere scopata".


3/4 BLUES

Ho il blues dei 3/4 perché mi manca un pezzo dentro.
Ho il blues del "quando chiedi troppo è troppo".

Ti prego, spremi energia umana dalle tue vene Chanel,
presto, tesoro, imboccami cucchiai di ansia esistenziale.
Se non trovo il quarto mancante, dovrò andarlo a cercare,
e ti lascio sola con un pezzo d'anima smembrata.

Il tre quarti è un tempo zoppo,
senza note di pazienza.
Il tre quarti è il tempo pieno,
degli involucri di carne.

Ho chiamato sulla linea dei sogni perduti,
Ho trovato occupato il tuo numero distratto.
Strappati le immagini del tuo bunker dorato,
se vuoi riuscire a piangere un blues dannato.

Ho il blues dei 3/4, il tre quarti blues,
e un quarto di marciapiede dondola per me.

Ti prego, riportami il rottame a motore sincopato,
presto, tesoro, perdonami questo quarto malato.
Una corazza di acciaio prodotta dalla mia pelle,
una metro-corazza in difesa dalla metro-banalità.

Il tre quarti è un tempo zoppo,
s'interrompe a ogni partenza.
Il tre quarti è il tempo pieno,
di chi esita ad agire.

Un martello pneumatico deve battere in 4/4
per sfondare il muro ottuso della normalità.

Ho il blues del 3/4, fammi vedere come batti tu.
Ho il blues del 3/4, qui, dietro la corazza, o mai più.


IL BLUES DEL FREDDO SOLITARIO

Ho già mescolato le carte, honey, pesca nel mazzo ancora.
Ho il blues del freddo solitario e il tuo caffè non basta.
Navigare fra teste senza ossigeno è indifferente,
basta far finta che sia tutto vero per tirare avanti.
Ma tu mi porti il blues del freddo solitario, honey
e voglio che lo senti fin in fondo all'anima oggi, tesoro.

Ho lasciato sul comodino trenta pasticche di memoria
e dietro alle spalle uno sguardo di vita a puntate.
Non offrirmi quella tua tazza di caffè bollente ora,
mi basta un colpo di occhio fendente per scaldarti.
Ma tu non lo capisci il blues del freddo solitario
e usi le mie carte per giocare al continuo rialzo.

Un piede segue l'altro,
scandisce il tempo pieno.
Il blues non è che un mito
per chi non l'ha suonato.
Il blues non è un invito
è un colpo che ti squarcia.

Poggia sul letto la tua figura di cartone, honey,
perché ti guardi dentro per l'ultima volta, tesoro.
Hai parcheggiato le pulsazioni nelle vene,
non hai pensato a quanto costi quest'affare.
Lasciami in pace a rimestare le mie carte
mentre mi affogo un blues del freddo solitario.

L'alba non è mai tragica,
il giorno non ha ore.
La notte fa miracoli,
è un colpo di calore.
Il blues la tua parola
che attraversa la mente.


BLUES DELLE MANI, DEGLI OCCHI E DEL RICORDO IMPOSSIBILE

Probabilmente non ricordi le mie mani,
come sono fatte e la sensazione dei loro dettagli,
perché non le hai mai strette pensandoci,
disegnandole con le tue dita,
lentamente o forte,
per quando non ci sarebbero state.

Non ricordi, forse, i miei occhi,
per non averli baciati con tenerezza o disperazione,
mentre le lacrime uscivano una sera,
non ti bagnasti la bocca del loro sapore,
non sentisti sotto la lingua
il sale felice o amaro di quel pianto.

Né la mia bocca,
per non averla baciata nel buio,
senza sapere da dove arrivava e cosa cercava,
quale parte del tuo corpo inseguiva,
tenera e profonda, nel silenzio
provocato dal desiderio di dire più della parola.

Né il mio petto,
riconosciuto dalla testa che ci si poggia sopra,
si abbandona alla sicurezza della sua presenza,
a quei pensieri che solo su di lui si formano
e scivolano nel profondo,
nel tepore dell'inconscio.

Nè il resto che proprio ora non sapresti
restituire al mondo fisico della tua memoria,
neppure i capelli,
mentre la mano scivola in una carezza.
O, anche, il collo
mentre si gira per guardarti l'ultima volta.

Probabilmente è fatto di non ricordi il pensiero che puoi dedicarmi.
E ti fa paura questo vuoto, quasi fosse il vuoto della tua vita.
Paura quanto basta.
Meno della paura di dover cambiare la tua vita,
dopo aver perso le mie mani, i miei occhi, la mia bocca, petto, capelli, altro.
Per quando non ci sarei stato.


BLUES DEL POTERE (POWER BLUES)

Stracco di lavoro,
se ti resta una parola in gola,
usala per chiedere al Potere:
"Dove ci stai portando?"

Anche se il potere è un amico,
tua moglie, tuo padre,
il tuo fratello gemello,
o se sei tu stesso, il Potere.

Quando la sera i tuoi occhi
si vogliono chiudere sul cuscino,
usali almeno un istante
per guardare in faccia il Potere.

Anche se il Potere sono i compagni di viaggio
da anni, anni ed anni.
Lanciagli un'occhiata di guardia.
Trasforma per un istante il tuo corpo in soli occhi.
In un faro che illumina il "ci pensiamo noi".

Quando ti alzi con lo slancio
di chi cerca il pane per i figli,
chiediti: "come si sarà svegliato il Potere?"
Vuole placare la fame ai suoi figli?
O soltanto le sue ambizioni?

E se un giorno qualcosa non va,
gridalo in faccia al Potere.
Anche se la tua è l'unica voce.
Il Potere capirà. Altrimenti
verrà il tempo del silenzio e della lotta.

Qualche volta basta tenersi per mano.
Qualche volta bisogna morire.
Non si può mai lasciar perdere.
Solo così il Potere
sarà sempre il tuo potere.


BLUES DI CHICAGO
(Mi sono perso blues)

I've got the Chicago Blues tonight, baby,
and you're not on my side, honey.
Sears Tow's swinging on Wabash,
the upper train went to sleep swhere.
My brain' rocking in the desert lanes
and you left me with the blues.

Chicago, mirable cement wall,
is teasing my feelings along.
Chicago, is a lake, is a see,
is the cold of the winter in me. (My brain'...)
Ride again on the Lake shore drive,
northbound, music and people ensemble,
southbound, jump the slum to survive,
borderline of the life from 19th to 51st. (My brain'...)

Have a look to the shining night
hanging up the Planetarium circle,
and sing the Missing-man blues
eyes in the dark of the endless Michigan. (My brain'...)

Blues del mi sono perso,
mi sono perso blues.
Hai visto in che direzione andava la mia anima?
Ho sentito che si strappava dal corpo per fuggire via.
Hai filtrato i miei pensieri al setaccio del presente?
Non confonderli con i brividi del passato.
Blues del mi sono perso,
mi sono perso blues.
Vago nel vento di Chigago
per ricostruire la realtà.


AMMAN 7 COLLI BLUES

Alba di Amman, 7 colli blues.
Preghiera, svegliati e pensa, Terra Promessa.
Ho avuto il 7 colli Amman Blues,
intrappolato nelle ombre del Vecchio Testamento.

Casette, bianco saliscendi,
il buon re accoglie i profughi,
la città che si dilata,
il suo cuore è sempre tollerante.

Alba di Aman, paese cuscinetto.
Paese inventato dalla matita inglese.
La febbre di arrivare sul colle,
Monte Nebo, vedo Gerico e Mar Morto,
sento l'anima di Mosè col suo popolo.

Per Dio, fratelli! Quella terra ci appartiene!
Ed ora accogliamo chi ce la portò via.
Cisgiordania, terra impazzita,
fuori dal controllo del buon re.

Ed ora in fuga, sulla Strada dei re,
verso la città del rock morbido come roccia,
gole, acqua canalizzata, menhir vivente.
Petra, via della seta, città rubata.

Occhi cerchiati di bambino nabateo,
pelle scura, sguardo che guizza
sotto le tombe nell'arenaria.
L'asino regge il peso tra i riflessi rosa.

Blues del tramonto a Petra, città di roccia scolpita.
Caldo, polvere, vertigini d'altezza, anfiteatro corroso.
Tra le mani, in gola acqua purifica nella sorgente di Mosè.
La notte inghiotte tutto, Via Lattea guida ad Amman.

Sotto la grande tenda, come una coperta sospesa,
avvolge l'abbraccio beduino, ospitalità semovente.
Tappeto volante inchiodato a terra, musica di duna.
Nei fumi del narghilè, vola la fantasia.


SAN FRANCISCO DECADENCE BLUES

Nuvole come lava bianca scorrere al suolo,
incanalandosi in fila.
Un fiume che scivola sulle colline del National Recreation,
sotto il Golden Gate,
verso la Baia di San Francisco, per sbattere su Alkatraz
e nasconderla al mondo.
Perché nessuno la guardi da Russian Hill.
Una cortina ordinata, stretta,
cielo azzurro sopra, tutto sgombero ai lati.

Dov'è San Francisco, 46 miglia quadrate e mezzo,
da qui all'Oceano Pacifico?

North Beach, italian way,
caffè, cornetti, pasta,
fuga di paisà in cerca di Amerika.
Accidenti, anche qui, quanti omosex,
vita tranquilla, corrosa da un virus
che scava nei cuori, brucia l'illusione
di uno stare da uomini o da donne,
assieme per amore umano.
E non basta berci un amaro italiano su.

Dov'è San Francisco, punta del dito,
penisola senza uscita,
se non passi dai suoi ponti.

China qui, China Town,
solito bazar che si allarga,
sgomita con Little Italy.
E c'è un filo di sentimento impalpabile che le lega.
Delicata anima cinese dietro la magia.
Magica anima italiana, senza delicatezze.
Un filo di seta nei millenni passati.
Lascia che sia la piccola Yuen Yuan a intuire,
tra le parole che saprò raccontarle.

Ma dov'è san Franciso, oltre il limite valicabile,
Tender Loin, cinque blocchi di disperazione,
spettacolo dell'Amerika che consuma
il proprio cervello contro l'ingiustizia


BRUXELBLUES
(blues della città che non fa)

Blues di Bruxelles
fra le stelle gialle d'Europa.
Che non ci sarà.
Che non verrà.
Che non mi aiuterà.

Alba che non è mai tragica,
passo che segue passo,
dietro la Gran Piazza,
rumori di risse del passato.

La polizia senza voglia
di picchiare.
I ragazzi gridano
per non attaccare.

E nella notte umida
finisce tutto in bestemmie
di una Puttana ubriaca
che non vuoi scopare.

Blues di Bruxelles
aspettando l'Aurora
mentre Aurora aspetta
il suo amore inventato.

Bruxelles Blues,
dei passi in circolo,
per arrivare dove
non puoi parlare.

Parli francese, fiammingo
inglese. Gridi piano,
gridi italiano.
Urli nel culo d'Europa.

Blues di Bruxelles
fra le stelle gialle d'Europa.
Che non ci sarà.
Che non verrà.
Che non mi aiuterà.

E non ti puoi fermare.
E sembra una notte
di Siviglia, aspettando
chi ti si piglia.

Figlia, tenera bimba
di questa notte
che mi trasporta
fra le braccia dell'Alba.

Che mi trascina dietro
un muro di vetro,
per vedere l'Aurora
che non posso toccare,
che non vuole brillare.

Aurora che ti avvolge
rossa di tramonto,
forte di calore,
come il sole di Napoli
quando bacia il Mare.

Quando bacia il pensiero
prima di lasciarlo volare.
Scivola piano nel vento,
e non è come Bruxelles
che non sa cosa diventare.

Blues del sogno poeta,
del disegno dannato,
del viso inseguito,
che resta appeso
come in un Prado dimenticato.

Scuoti il corpo e l'anima,
se vuoi capire.
Vibra nel petto e tra
le ansie vuoi
sentire.

Fino all'ultima ora,
sfrutta il buio e la
penombra per lasciar
passare l'ultimo
sogno prima di
guardare.

Blues di Bruxelles,
che non vuole morire.
Lancia di vita
che non puoi strappare
che non puoi fermare
che non puoi annientare.


ULTIMA BALLATA PER UN AMICO POVERO

Scendevamo una mattina
molto presto io e te,
la città che dorme ancora,
hai paura che sia un sogno.
Ma hai guardato il Golfo mai?

Negli zaini qualche libro,
jeans e scatole di tonno,
tu che avevi poche lire,
io giocavo a non averne.
Ma ero libero con te.

Ultima ballata per un amico povero.

Forse tu non mi hai capito,
o cercavi un altro me,
tanto il giorno se n'è andato,
lascia perdere dov'è.
Non guardare dietro te.

Sei fuggito senza strade,
mi chiedevano di te,
io guardavo in quello specchio,
non trovavo verità.
Ogni male ha la sua età.

Ultima ballata per un amico povero.


 
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