Il potere della stupidità
Kali


Un supplemento a Stupidità, ironia e comicità

È imbarazzante scrivere
sulla stupidità?

Giancarlo Livraghi – novembre 2011

 
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Nei miei ragionamenti sulla stupidità ho spesso constatato che è un argomento imbarazzante. Si tende a sbarazzarsene considerandolo comico – o con la comoda scappatoia che “lo stupido è sempre qualcun altro”.

Ma possiamo chiederci anche se la scarsità di testi seriamente interessanti sull’argomento possa essere dovuta al timore di offendere qualcuno.

Un esempio si trova nell’introduzione al libro Allegro ma non troppo (cui mi riferisco in Stupidità, ironia e comicità. L’ultimo paragrafo citato in quell’articolo non è la fine di ciò che Carlo Cipolla aveva scritto.

I due saggi in Allegro ma non troppo sono tradotti dall’inglese da Anna Parish.
Ma è probabile che le quattro pagine introduttive siano state scritte direttamente in italiano da Carlo Cipolla.

È ragionevole che il testo pubblicato online dall’editore si concluda così, perché i paragrafi seguenti riguardavano in particolare il libro in cui la premessa era collocata. Ma è interessante leggere anche quelli, perché ci aiutano a capire i motivi per cui l’autore esitava a permettere la pubblicazione dei due saggi che per dodici anni erano rimasti “clandestini”.

Sulla curiosa storia delle varie edizioni del saggio di Cipolla sulla stupidità,
fino alla prima (e postuma) pubblicazione del testo originale nell’ottobre 2011, vedi
Dopo trentacinque anni le “leggi” di Cipolla in inglese

 

Così continuava Cipolla nel 1988. «Da questa banale considerazione nacquero i due saggi che seguono. Furono originariamente pubblicati anni addietro (rispettivamente nel 1973 e nel 1976) con edizione ristretta e riservata a pochi amici. I due saggi ebbero però un insperato successo e mentre talune persone cercarono di procurarsene copia tramite amici e conoscenti, altri più intraprendenti ne fecero copie xero-grafiche o addirittura manoscritte che circolarono più o meno clandestinamente. Il fenomeno assunse dimensioni tali che l’editrice Il Mulino ed il sottoscritto decisero di procedere ad una edizione ufficiale e pubblica che qui si presenta non priva di sostanziali revisioni rispetto alla prima edizione semi-clandestina».

Credo che questa curiosa vicenda sia interessante anche per chi non condivide il mio interesse per la bibliografia (che non è solo mestiere dei bibliotecari e passione dei collezionisti, ma spesso è uno strumento per capire la genesi, perciò il significato, di un libro).

I paragrafi successivi rivelano i motivi per cui Carlo Cipolla esitava a permettere la diffusione dei due saggi. Il primo – Il ruolo delle spezie (e del pepe in particolare) nello sviluppo economico del medioevo – è molto serio e preciso nella qualità dell’analisi storica. Che non è minimamente intaccata da una vena di gradevole umorismo. Ma ovviamente Carlo Cipolla temeva che nei seriosi ambienti accademici qualcuno lo potesse considerare “leggero”.

«Nel saggio sul pepe il lettore non farà fatica a cogliere qualche puntata ironica. Ma spero mi si conceda che si tratta di ironia bonaria e paciosa tale da non distanziarsi molto – almeno così mi auguro – dall’umorismo».

Una maggiore preoccupazione di “offendere” qualcuno si nota nella “excusatio” riguardante il secondo saggio contenuto nel volume.

«Quanto al saggio sulla stupidità umana non è né più né meno che quella che gli eruditi settecenteschi avrebbero chiamata “una spiritosa invenzione”. Di fatto il saggio non ha alcuna attinenza con la mia vita personale. Peccherei gravemente di ingratitudine contro i fati che sino ad ora hanno presieduto al corso della mia vita se non confessassi di essere stato, nei miei rapporti umani, un essere straordinariamente fortunato nel senso che la stragrande maggioranza delle persone con cui venni in contatto furono di regola persone generose, buone e intelligenti. Spero che leggendo queste pagine non si convincano che lo stupido sono io».

Non è difficile constatare che nel cerimonioso stile “settecentesco” di questo paragrafo corre un filo di sottile ironia. Ma probabilmente Carlo Cipolla contava sul fatto che le persone meno stimabili da lui conosciute, essendo stupide, non sarebbero state capaci di accorgersene.

La parte più interessante della storia è quella che venne dopo la prima pubblicazione erga omnes del libro. Al successo contribuì l’intelligente scelta del titolo Allegro ma non troppo (che fra l’altro, grazie all’internazionalità del linguaggio musicale, permise di non cambiarlo quando il libro fu pubblicato in lingue diverse). Ma né l’autore, né l’editore, si aspettavano un così grande e durevole successo. Per merito soprattutto del saggio sulla stupidità.

Da vent’anni Carlo Cipolla è diventato famoso in Italia come autore di Le leggi fondamentali della stupidità umana. Quel saggio è noto anche a molte persone che non conoscono i suoi studi di storia dell’economia.

Il successo è meritato, ma è facile capire che per l’autore fosse anche un po’ imbarazzante essere conosciuto per un pamphlet scritto quasi per caso e per scherzo, a scapito degli studi cui si era dedicato per tutta la vita.
 

*   *   *

Prima del 1996, benché fossi fin dall’infanzia cosciente del problema, non mi era mai venuto in mente di scrivere qualcosa sulla stupidità. È possibile che, senza accorgermene, avessi un latente timore di “offendere” qualcuno parlando esplicitamente di stupidità – nonostante la mia radicata convinzione che è sciocco e deviante accanirsi sulla (presunta) stupidità degli altri prima di aver adeguatamente approfondito la propria.

Ma il vero motivo è un altro. Come ho spiegato nella premessa a Il potere della stupidità, non fu mia l’idea di scrivere un articolo sull’argomento. E negli anni seguenti furono dialoghi in rete, domande e approfondimenti, che un po’ per volta portarono a un’imprevista evoluzione da cui nacque alla prima edizione del libro nel 2004.

Avevo imparato, con l’esperienza, a non avere troppa paura della stupidità – e a cercare di capirla per imparare a essere meno stupido (oltre a non lasciarmi troppo facilmente travolgere dalla stupidità altrui). Ma da questo a tentare di farne una “dottrina” il passo era lungo. Infatti ancora oggi, dopo cinque edizioni di un libro pubblicato in tre lingue, non ho una tale arrogante presunzione.

Mi limito a offrire ai lettori alcune considerazioni che spero possano aiutare a capire – e, per quanto possibile, attenuare – il pernicioso potere della stupidità. Mi conforta che, secondo quasi tutte le opinioni dei lettori che ho avuto la possibilità di conoscere, abbia davvero questa utilità.

Tuttavia perfino un libro come il mio, che nonostante un po’ di ironia e umorismo non sottovaluta la gravità del problema, è percepito da alcuni come “comico”. Con infastidita delusione quando si accorgono che l’argomento è serio. Anche fra le persone più intelligenti è diffuso l’imbarazzo nel dover accettare il fatto che siamo tutti, in qualche modo, stupidi.

C’è un solo modo per esorcizzare quell’istintiva paura di cui si nutre la stupidità. Imparare a capirla, anche nei suoi infiniti travestimenti. Senza mai illuderci di poterla eliminare, conoscerla vuol dire prevenirla – o almeno ridurne le conseguenze. E così essere meno avviliti dalla sua onnipresenza, meno imbarazzati nell’affrontarla.



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