Numero 47 31 luglio 2000 |
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1. Editoriale: Cime tempestose |
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Continuano a correre cattive notizie sul destino delle imprese internet. Perfino a Hong Kong si parla di crolli in borsa, fallimenti, licenziamenti in massa nelle imprese che si erano proposte come portali verso limmenso universo cinese. La situazione è così confusa che non è facile distinguere fra le molte imprese sviluppate troppo in fretta, con radici fragili, il cui crollo o ridimensionamento era inevitabile, quelle che meriterebbero di fallire ma sono ancora tenute in piedi da fenomeni speculativi. E quelle che meritavano miglior sorte ma sono travolte nella confusione generale.
Intanto alcune delle imprese in crisi tentano di correre ai ripari con rimedi molto discutibili. Si dice che per placare gli investitori delusi alcune imprese americane abbiano tolto dal loro nome il suffisso .com la cosa è così stupida che potrebbe essere vera. Ci sono siti che per fingere di essere pieni di pubblicità si imbottiscono di banner fatti da loro stessi (come riferito, per esempio. in un articolo del Wall Street Journal il 27 giugno). Peggio ancora, ci sono imprese che per aggiustare i conti si mettono a vendere i dati personali che avevano promesso di tenere riservati. Non è certo un caso isolato quello di Toysmart citato da Repubblica il 23 luglio (la società è fallita ed è stata incriminata dalla Federal Trade Commission per violazione della privacy).
Cè parecchia, diffusa sfiducia. Una delle spiacevoli conseguenze è che in questa tempesta rischiano di essere travolte anche imprese potenzialmente sane; e molte buone idee sono abbandonate prima di realizzarle perché la constatazione degli insuccessi porta molte imprese a cancellare gli investimenti o a rimandarli sine die. Il motivo per cui il commercio elettronico non decolla non è la mancanza di persone disposte a comprare. E la delusione per la scarsa qualità delle offerte, per linadeguata gestione delle relazioni, per le promesse non mantenute, per linefficienza del servizio.
Anche nel mondo delle imprese si sono molte perplessità. Senbra che quasi tutti abbiano avuto esperienze spiacevoli: promesse non mantenute, fatture non pagate, trattative non concluse. Molte chiacchiere, pochi fatti. In molti ambienti quando si sente parlare di internet o di nuova economia si alzano le barriere della diffidenza.
Viene spontaneo citare di nuovo i versi, divenuti proverbiali, di un oscuro poeta settecentesco, chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente. Crescite improvvise e rapide cadute sono endemiche in ogni situazione e in ogni evoluzione economica; ma nella falsa nuova economia da cui siamo circondati il fenomeno è molto più frequente. Non è facile capire quanto questo sia dovuto alla fretta di chi cerca facili guadagni o allincompetenza di persone che dirigono male le imprese; ma ogni giorno abbiamo nuove conferme del fatto che nellinevitabile turbolenza troppo spazio è stato occupato da imprese fragili, cresciute senza radici né capacità gestionale.
In parte, era inevitabile. Ma troppa approssimazione e troppa ingordigia e hanno generato uno stato di confusione in
cui è difficile distinguere i miraggi e gli imbrogli dalle vere coltivazioni che possono offrire un buon raccolto. Quella che già oggi potrebbe essere una nuova
economia promettente e forte stenta a nascere e ad affermarsi perché troppi avventurieri e troppi sprovveduti hanno inquinato lambiente. Ci saranno ancora molte erbacce da estirpare prima che le piante sane trovino spazio per crescere.
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2. Dieci regole (Gerry McGovern) |
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Non credo molto nei sistemi di regole, e tanto meno nei decaloghi, anche se mi sono azzardato a
riassumere in dieci criteri quelli che mi sembrano i concetti fondamentali di unefficace attività dimpresa in rete.
Ritorno volentieri a citare uno dei miei autori preferiti, Gerry McGovern, che il 26 giugno 2000 ha pubblicato un interessante articolo: Over-promising, under-delivering. Il rischio delloverpromise, cioè di promesse esagerate che non si è in grado di mantenere, è un problema serio anche nel marketing tradizionale. Ma, come osserva McGovern, è ancora più pericoloso nel caso dellinternet.
Vendere nellinternet significa fare promesse. Se incontrate un potenziale acquirente in un mercato di campagna non ha senso promettergli bestiame fantastico perché può vedere subito se le vostre bestie sono fantastiche o no. Ma quando descrivete un prodotto o un servizio in un sito web è facile lasciarsi scappare affermazioni come facile da usare, innovativo, unico, senza problemi, assistenza completa o fantastico.
Un problema grave nelleconomia internet è che si promette troppo in parole e si mantiene troppo poco nei fatti. Se non riusciamo a domare la tendenza selvaggia allesagerazione e alle false promesse, i nostri clienti diventeranno sempre più diffidenti e scettici sulle informazioni che trovano online. Se la credibilità di ciò che si dice nellinternet degrada, lintera funzione e utilità della rete perde valore.
So di ripetere lovvio: la funzione dellinternet è dare informazioni. La prima cosa che mi chiedo istintivamente quando visito un sito web è se posso fidarmi delle informazioni che mi dà. Spesso è difficile capirlo e probabilmente questo è uno dei motivi per cui visito pochissimi siti nuovi. Preferisco ritornare a quelli che conosco e di cui mi fido.
Quando arrivo su un sito nuovo sono molto scettico. Leggo con attenzione; bado al tono, allo stile e allequilibrio.
Sto cercando fatti e ho limpressione che mi si facciano troppe promesse. Se leggo che il prodotto ha qualche limite,
ho unimpressione positiva. Se il sito è sincero nel dirmi quali sono i limiti di ciò che offre, posso sperare che ne descriva correttamente le qualità.
Ecco dieci regole che dovremmo seguire quando scriviamo per linternet.
- Siate onesti. Non lasciatevi trascinare dallesagerazione. Se non potete consegnare davvero il 24 ore, non ditelo.
- Siate semplici, chiari e precisi. Il tempo è la risorsa più scarsa, perciò non usare cinque frasi quando ne basta una. Evitate il gergo. I lettori sono già abbastanza confusi da terminologie poco comprensibili.
- Spiegate chiaramente la vostra offerta. Che cosa, esattamente, state cercando di vendere?
- Informateli dei limiti e delle debolezze del vostro prodotto.
- Date indicazioni precise su che cosa fare e come. Percorsi semplici e chiari. Se qualcuno è interessato a ciò che offrite, come fa a comprarlo?
- Dite subito quali sono i clienti che non potete servire. Una delle cose che trovo più frustranti è
scoprire allultimo momento che non consegnano in Irlanda.
- Leggete, rileggete, correggete, tagliate. Non cè mai stato un testo che non si potesse migliorare
accorciandolo.
- Date i particolari. Se hanno voglia di sapere di più su una particolare caratteristica di un prodotto, metteteli in grado di farlo. (Lipertesto è fatto apposta).
- Scrivete per essere letti direttamente. Evitate che il cliente debba scaricare documenti word, powerpoint o pdf.
- Se volete creare 10 regole e ne avete solo 9, fermatevi a 9.
Il fatto è che pochi sanno scrivere bene in generale, e pochissimi sanno scrivere bene per la rete. Per scrivere in modo efficace e gradevole occorre tempo, impegno, pazienza, esperienza e una forte autocritica. Una verifica altrettanto attenta e severa è necessaria per la struttura del sito e per lorganizzazione dellarchitettura ipertestuale. Soprattutto bisogna sapersi mettere nei panni di chi legge. Questo è il segreto della usabilità dei siti web, di cui oggi si parla tanto ma che si pratica ancora troppo poco.
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3. Scegliere in rete, comprare in negozio |
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Fin dalle origini dellinternet è noto che la rete può essere usata per informarsi, verificare e scegliere; per poi comprare attraverso i canali tradizionali. E che su queste basi si può costruire anche un graduale ma solido sviluppo degli acquisti online. Ma il ponte devessere costruito con cura, con una
forte qualità di servizio, con una paziente costruzione di rapporti di fiducia.
Unennesima conferma di questo fatto si trova in un recente studio del Gartner Group. Fra il settembre 1999 e il marzo 2000 il 45 per cento delle famiglie americane che hanno comprato una nuova automobile ha usato linternet per informarsi, e per verificare prezzi e offerte, prima dellacquisto (rispetto al 25 per cento due anni fa). Ma solo il 3 per cento ha poi comprato la macchina online. Gartner ha intervistato 40.000 famiglie; il 48 per cento dice che userà linternet per informarsi la prossima volta che vorrà comprare unautomobile e il 7 per cento dice che molto probabilmente farà lacquisto in rete.
LItalia, naturalmente, non è lAmerica. Ma questa è una delle tendenze che, presto o tardi, probabilmente si svilupperanno anche da noi. Non credo che la Fiat stesse scherzando quando diceva che lofferta online della barchetta era solo un esperimento.
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4. Unaltra bufala a proposito di virus |
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Le cosiddette bufale notizie false, o esagerate, o distorte sono una piaga frequente in molti giornali; e sembrano affollarsi in particolare nel caso dellinternet, specialmente quando si tratta di notizie scandalistiche o di pericoli più o meno immaginari.
Ma il micidiale missile a due stadi che ha colpito il Corriere della Sera il 20 luglio 2000 supera la più sfrenata immaginazione. Un titolo in prima pagina diceva: Email assassina. Colpisce il computer anche se è spento. Non occorre essere esperti in informatica per capire che un computer spento non può ricevere alcuna e-mail né essere infettato da un virus o da qualsiasi altro intruso. Spesso i titolisti lavorano di fantasia e riassumono male il contenuto degli articoli. Ma è incredibile che allintera redazione del nostro più grande quotidiano sia sfuggita una così madornale idiozia.
E non è tutto. La notizia era falsa. Larticolo non conteneva la sciocca affermazione sul computer spento, ma descriveva con abbondanza di particolari un virus inesistente. Non cera alcuna e-mail pericolosa, alcun allegato che nascondesse qualcosa di nocivo. La verità era che una società esperta in sicurezza aveva scoperto un ennesimo difetto in Outlook (il sistema di posta della Microsoft) e aveva segnalato il fatto che qualcuno avrebbe potuto approfittarne per diffondere un allegato contenente un virus. Cosa che, per fortuna, non è accaduta. Per la prima volta veniva segnalato nel sommario che lipotetico aggressore avrebbe potuto attaccare solo sistemi che usano quel particolare (e difettoso) software e nellarticolo si spiegava che esistono altri e meno fragili sistemi di gestione della posta elettronica. Cosa che era vera anche nel caso di attacchi reali, descritti in precedenza con esagerato clamore ma omettendo il fatto che funzionavano solo con Outlook o citandolo solo di sfuggita in un una riga del testo. Un dettaglio curioso è che la notizia del virus immaginario è uscita undici giorni dopo che il problema era stato rilevato; cioè quando la Microsoft aveva avuto il tempo di poter dichiarare che aveva trovato una soluzione.
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5. Il libro non è esaurito |
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Vorrei ringraziare le persone che mi hanno scritto per dirmi che vorrebbero leggere La
coltivazione dellinternet ma non lo trovano il libreria. Il libro non è esaurito. Le vendite hanno superato le previsioni la prima tiratura si è consumata in quattro mesi. Ma è stato ristampato prima che le scorte si esaurissero del tutto. Quindi se i librai sono sprovvisti è perché ne avevano un numero insufficiente di copie e non sono stati abbastanza solleciti nel riordinarlo.
Lepisodio più curioso è quello della libreria Rizzoli di Milano, dove cè stata una presentazione del libro il 23 maggio 2000. Avevano dimenticato di ordinare un numero adeguato di copie; così molti dei presenti, che volevano comprare il libro, hanno dovuto cercarlo in unaltra libreria. Anche altri librai, a quanto pare, sono altrettanto disattenti. Ma spero che abbiano fatto riordini prima della chiusura estiva del magazzino delleditore o che lo facciano subito dopo. Naturalmente cè sempre la possibilità di comprarlo dalle librerie online (che lo offrono con uno sconto del 20 %).
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5. La mostruosa legge sul diritto dautore |
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Con il pretesto di difendere il diritto dautore è stata approvata, il 26 luglio, una legge che peggiora i già gravi difetti di quella precedente. Il problema è complesso, ma non si risolve confermando lassurdo della punibilità penale di quella che al massimo si potrebbe definire una violazione contrattuale; né con un farraginoso inasprimento di regole, procedure e pastoie burocratiche.
La notizia (ovviamente applaudita dai potenti interessi che hanno orientato la formulazione di quella perversa legge)
è stata accolta dalla maggior parte dei mezzi di informazione con un misto di indifferenza e di consenso. Poche le voci di critica e di protesta.
La legge preesistente aveva già molti difetti. La revisione varata ora non la corregge, ma la peggiora. Un sintomo preoccupante di quanto i nostri legislatori abbiano mal capito la nuova realtà in cui viviamo e la
necessità di favorire, non ostacolare, la libera circolazione delle idee e lo sviluppo di software aperto (opensource). Per una trattazione più estesa di questo argomento vedi larticolo Vecchi poteri e vecchi privilegi contro il diritto di copiare e i link alla
fine di quel testo per ulteriore documentazione.
Intanto negli Stati Uniti è stato bloccato, almeno per il momento, il tentativo di imporre la chiusura di Napster (il più noto fra i siti dove si può prelevare musica online). Il primo risultato di quellingiunzione è stato il raddoppio del traffico su Napster.
Non sarà facile trovare il giusto equilibrio fra il diritto di copiare e il giusto compenso per gli autori (o in generale per lopera dellingegno) e anche per chi organizza la produzione e diffusione di testi, musiche, film eccetera. Ma non ci si avvicina alla soluzione con provvedimenti retrogradi e assurdamente repressivi né trattando come criminale chiunque faccia una fotocopia o provi un software, prima di comprarlo, per verificare se è adatto alle sue esigenze. La repressione eccessiva non serve ad altro che a creare mercati neri in cui non si riesce più a distinguere fra gli imbroglioni professionali e chi, per uso personale, fa qualcosa di sostanzialmente legittimo ma vietato. Un sistema in cui tutti sono criminali diventa inevitabilmente unistigazione a delinquere.
Un libro che sto scrivendo, e che uscirà in novembre, sarà liberamente (e interamente) disponibile online. Nessuno sarà costretto a comprarlo per poterlo leggere. Leditore e io siamo convinti che in questo modo venderemo più copie. La conferma dei fatti ci dirà se, come pensiamo, è possibile uneditoria opensource o se solo una difesa ostinata di un inapplicabile divieto di copiare può assicurare la buona diffusione di un libro.
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