timone Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione nell'internet


Numero 43 – 23 febbraio 2000

 

 

loghino.gif (1071 
byte) 1. Editoriale: Il commercio delle anime


In un capolavoro della letteratura russa, Le anime morte di Nikolai Gogol (1842), si racconta di anime comprate e vendute. Nulla di mefistofelico; si trattava di proprietà agricole. Il valore della terra non era determinato dalla sua estensione o dal volume del raccolto, ma dal numero di contadini che la lavoravano – chiamati "anime". Un personaggio un po' bizzarro, Pavel Cicikov, fingeva di essere un ricco proprietario terriero registrando come vive le anime dei defunti. Un po' come accade ancora oggi in certi brogli elettorali o imbrogli amministrativi – e anche nell'internet. C'è in giro uno strano commercio di anime, come se le persone che si collegano alla rete fossero servi della gleba, legati a questo o quel servizio come chi non ha alcun mezzo per allontanarsi dal campo dove vive e lavora.

Ci sono casi in cui davvero qualcuno conta le anime morte. Cioè considera come suoi "utenti" persone che da molto tempo sono "passate a miglior vita" – non perché sono morte, ma semplicemente perché non usano più il suo servizio. Ma non è questo il vero problema.

C'è chi promette di vendere "profili", cioè di impacchettare e commerciare liste di persone di cui è riuscito a identificare le caratteristiche. Questa promessa è raramente mantenuta davvero; ma anche se lo fosse la qualità della merce offerta sarebbe molto discutibile. A parte le violazioni della privacy, di cui tardivamente si stanno occupando le autorità preposte, un'attività bene impostata in rete permette di usare metodi molto più efficaci e meno invasivi della tradizionale e ormai superata segmentazione. Si stanno cominciando a diffondere concetti come permission marketing o caring economy, ma sembra che pratiche antiquate e dispersive di direct marketing stiano ancora condizionando la mentalità di molte imprese. E ne approfittano i mercanti di anime.

C'è chi paga, e non poco, per il tentativo di "trasferire traffico" dall'uno all'altro sito o servizio. In questo caso le "anime" di cui si fa commercio possono essere vere, nel senso che se il compratore è accorto paga solo per il traffico che si è effettivamente trasferito. L'operazione è giustificata più che altro dalla come fretta di arrivare velocemente a "grandi numeri". Se si tratta di vere alleanze, cioè di accordi fra servizi che possono avere reali sinergie, queste intese possono essere sensate ed efficaci. Ma quando si fa brutale commercio di anime di cui non si è proprietari la validità della transazione è discutibile (come quando si fa commercio di voti, sempre più disgustando gli elettori - ma quella è un'altra storia). L'esperienza dirà se qualcuna di queste operazioni produrrà risultati di reale valore (anche se è improbabile che diventino di pubblico dominio dati attendibili sul prezzo pagato e sulla quantità e qualità di "traffico" effettivamente trasferito). Ma è probabile che sia l'eccezione più che la regola. Si parla molto di customer empowerment, di un aumento del potere contrattuale del cliente, di una nuova economia in cui l'equilibrio si sposta a favore di chi compra. Non sono chiacchiere: sono fatti, di cui sarà sempre più necessario tener conto. Eppure si fa commercio di persone – ipotetici clienti – come se fossero carne da macello, galline ovaiole o vacche da latte.

Non si sa ancora molto sul comportamento delle persone in rete, ma nulla indica che ci sia una significativa "fedeltà" a siti o risorse, se non per esigenze specifiche di informazioni su particolari argomenti o per l'appartenenza a reali comunità. La guerra dei portali è così farraginosa, affollata e disordinata che anche chi volesse affidarsi "anima e corpo" a un solo servizio (cosa che non è mai la soluzione più utile ed efficace) non saprebbe quale scegliere.

Insomma la compravendita di "utenti" o di "profili" è una soluzione rozza e grossolana; un'ennesima scappatoia per evitare di impegnarsi davvero in un approfondimento delle possibilità offerte dalla rete. Per chi non ha una fretta esasperata di produrre "numeri" (reali o immaginari) in poche settimane ci sono altre soluzioni, più efficaci e meno barbare. Se vogliamo ispirarci all'agricoltura è meglio non pensare al commercio delle anime, ma a una più seria coltivazione dell'internet.

 

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loghino.gif (1071 
byte) 2. Confusopolio (Scott Adams)


Molte verità, notava Shakespeare, si dicono per scherzo. Scott Adams è noto per le "strisce a fumetti" sull'impiegato Dilbert, talvolta accompagnato dal suo cane Dogbert, pubblicate su 1900 giornali in mezzo mondo. Ma ha scritto anche alcuni libri, come The Dilbert Principle, The Joy of Work, Dogbert's management handbook, in cui con un misto di ironia e serietà parla di inefficienza delle imprese.

Nel 1998 ha pubblicato The Dilbert Future – Thriving on Business Stupidity in the 21st Century (edito in Italia da Garzanti nel 1999) dove fra l'altro immagina un nuovo stile di marketing e comunicazione, che definisce "confusopolio".

Sono sempre più deboli, spiega Adams, le "barriere d'entrata" che impediscono a un concorrente di sottrarre clienti a un'impresa. Così gli operatori più affermati creano un "confusopolio" in cui rendono praticamente impossibile confrontare prezzi e qualità. Fra le categorie in cui questo fenomeno si sviluppa più velocemente ci sono, secondo Adams, i servizi telefonici e i servizi bancari e finanziari, comprese le assicurazioni.

Ne vediamo un esempio vistoso, specialmente in Italia, nel caso dei servizi telefonici e dell'internet. Ci sono state diffuse (quanto inefficaci) proteste contro la "tariffa urbana a tempo", che rende costosi i collegamenti alla rete; imperversano le offerte di internet "gratis" (che gratuito non è, proprio a causa delle tariffe e delle interconnessioni) eppure si continuano a proporre soluzioni di accesso ad alcuni servizi online attraverso la telefonia cellulare, che ovviamente costa molto di più della tariffa urbana. Sono tante e così confuse le offerte e promozioni sulle tariffe che nessuno riesce a orientarsi. Non è meno confusa la situazione per quanto riguarda le banche, i servizi finanziari e l'informatica. Si continuano a proporre computer e software inutilmente complessi e costosi some se fossero l'unico modo per collegarsi alla rete. Insomma il confusopolio impera. Quanto durerà?

Nonostante tutto, l'uso dell'internet sta crescendo in Italia con velocità e dimensioni molto maggiori che negli anni scorsi. Un po' di confusione è inevitabile; ma quanto ci metteranno le persone, anche quelle arrivate recentemente in rete, ad accorgersi di essere prese in giro? Purtroppo talvolta sembra vincente chi punta sulla stupidità o sull'ingenuità del prossimo; ma è una scommessa pericolosa. Come diceva Benjamin Franklin, si può ingannare tutto il pubblico per un po' di tempo, o un po' di gente per un periodo lungo; ma non tutti e sempre.

Il confusopolio informativo che domina i grandi mezzi di informazione tradizionali (con riflessi preoccupanti in Italia per la concentrazione delle leve di controllo) è un alleato naturale del confusopolio d'impresa. Questo fenomeno può rendere più durevole l'imperversante stupidario e favorire le deformazioni del mercato. Ed è questo uno dei motivi per cui sentiamo suonare le campane a morto sul futuro della nostra economia nella competizione "globale".

Per nostra fortuna, i confusopoli non sono una specialità italiana; lo stesso disordine, la stessa primitiva confusione, la stessa frettolosa rapacità, regnano anche nel resto del mondo. Ma proprio perché nella nuova economia siamo gli ultimi arrivati abbiamo bisogno di svegliarci prima degli altri.

 

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loghino.gif (1071 
byte) 3. L'esperienza di Amazon (Jeff Bezos)


Può sembrare improbabile, ma non è sorprendente, che una lunga intervista di Donald Sheff con Jeff Bezos (fondatore e presidente di Amazon) sia uscita nel numero di febbraio 2000 di Playboy. Fin dalle sue origini quella rivista pubblica abitualmente testi di buona qualità in cui non si parla di sesso. Ecco alcune osservazioni, che mi sembrano interessanti, tratte da quell'intervista.

Bezos racconta che l'idea originaria da cui nacque Amazon non era basata necessariamente sui libri, ma sul concetto di vendere qualcosa online – che a quei tempi (1995) era ancora una cosa nuova e poco sperimentata. Bezos spiega che ha sempre amato i libri, fin da bambino passava molto tempo a leggere, ma il motivo per cui ha scelto di cominciare con i libri è un altro.

Ero andato a vedere quali fossero i prodotti più venduti per corrispondenza e avevo notato che i libri erano molto in basso nella lista. Perché? Un catalogo di tutti i libri disponibili avrebbe le dimensioni di 50 guide telefoniche di New York. Nessuno può stampare e distribuire un volume come quello dodici volte all'anno. Ma era diventata disponibile una tecnologia che poteva mettere quel catalogo in mano ai clienti. La più grande delle super-librerie fisiche negli Stati Uniti ha 170.000 titoli (in Italia se ne stampano 50.000 all'anno – n.d.t.). Amazon, già il giorno in cui l'abbiamo aperta, ne aveva un milione. Oggi abbiamo 18 milioni di "voci" in catalogo, compresi giochi, elettronica eccetera. La nozione fondamentale era "spazio infinito sugli scaffali". Questo ci avrebbe permesso di dare autentico valore ai nostri clienti.

All'inizio, spiega Bezos, gestivano gli ordini a mano e facevano personalmente i pacchi. Per poter lavorare in quelle piccole dimensioni dovevano giocare d'astuzia.

Pensavamo che avremmo venduto un libro al giorno per molto tempo. Ma i grossisti non accettavano ordini per meno di dieci libri. Così trovammo un trucco. I loro sistemi erano programmati in modo che non era necessario ricevere dieci libri, bastava ordinarne dieci. Scoprimmo un oscuro libro sui licheni che avevano in catalogo ma non era disponibile. Ordinavamo una copia del libro che volevamo e nove copie del libro sui licheni. Ci consegnavano la copia richiesta con un foglietto che diceva "ci dispiace, abbiamo esaurito l'altro libro". Forse un giorno ci arriverà un camion pieno di libri sui licheni.

A proposito di borsa e del valore azionario della sua impresa, Bezos conferma in questa intervista ciò che ha detto anche in altre occasioni.

L'andamento in borsa dei titoli internet in generale, e in particolare di Amazon, è incredibilmente instabile. Cerco di convincere gli azionisti di non badare alle oscillazioni di breve periodo. Se il titolo cresce del 30 per cento in un mese, c'è il rischio di sognare di essere del 30 per cento più bravi. Questo genere di arroganza può portare molte imprese alla catastrofe. La volatilità del mercato funziona in un senso come nell'altro. Quando il titolo scende del 30 per cento, rischiamo di sentirci del 30 per cento più stupidi. Questo non ci fa star bene. Quindi, in generale, è meglio non pensarci.

L'intervistatore chiede a Bezos se sia realistico chiedere ai suoi collaboratori di non badare al prezzo in borsa quando una parte importante del loro compenso è in opzioni.

È realistico chiederlo. Preferisco che badino al valore. Le opzioni sono un investimento di lungo periodo. Specialmente con l'internet, è troppo facile controllare il prezzo delle azioni ogni minuto ed è uno spreco totale di tempo. A questo proposito, secondo me è una disgrazia che tante persone facciano day trading. Quando il mercato sale, è facile convincersi di essere furbi. Ma è solo un gioco d'azzardo. A gioco lungo molte di queste persone perderanno un sacco di soldi.

A proposito di marche, ecco l'opinione di Jeff Bezos – proprietario della marca più importante nel "commercio elettronico".

Le imprese che credono di poter contare sulla fedeltà di marca sono matte. I clienti ci sono fedeli se non approfittiamo della loro fiducia. Non ci si può riposare sugli allori. Se diamo qualcosa per scontato diamo un disservizio ai nostri clienti e non è giusto che ci siano fedeli. I clienti ci sono fedeli fino all'istante in cui qualcun altro offre un servizio migliore. Si vive o si muore in base all'esperienza che il cliente ha di noi. Questo è il fatto: online l'equilibrio del potere si sposta a favore del cliente. Il nostro segreto è che non siamo ossessionati dalla concorrenza. Siamo sempre stati ossessionati dall'esigenza di servire meglio i nostri clienti, mentre i nostri concorrenti erano ossessionati da Amazon.

Sono un "cliente fedele" di Amazon. Mi fa piacere che ragioni così. Perché se non lo facesse rischierebbe di perdere me, come gli altri suoi dodici milioni di clienti.

 

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loghino.gif (1071 
byte) 4. La barchetta e la motocicletta


L'anno scorso, alla fine di agosto, la Fiat aveva lanciato un'offerta di vendita online per un solo modello di automobile: la "Barchetta". Quando, all'inizio di quest'anno, si è saputo che ne aveva vendute quattro (di cui tre in permuta) molti hanno parlato di "affondamento della barchetta". Ma Gianni Agnelli in un'intervista ne ha parlato senza imbarazzo. Roberto Tiby della Direzione Vendite Mercato Italia ha osservato che «i test drive sono stati 200» e ha commentato: «in Fiat siamo molto soddisfatti dell'esperienza acquisita (il nostro obiettivo) che stiamo trasfondendo in alcuni progetti (meno sperimentali e più rivolti al business) che vedranno la luce nei prossimi mesi». L'affermazione è credibile. Era evidente fin dall'inizio che si trattava di un esperimento "per imparare". Sarà interessante vedere che cosa farà la Fiat dopo questa esperienza.

Diverso è il caso della Ducati, che offre in rete una motocicletta in "edizione limitata" (la MH900) e dice di aver esaurito in poche settimane l'intera produzione del primo anno. Non è facile capire quanto un esito del genere fosse previsto o quanto la Ducati sia stata colta di sorpresa; ma in un modo o nell'altro è un evidente successo. Non si tratta di "vendita online", perché in rete viene fatta solo la prenotazione; la distribuzione e l'assistenza tecnica si svolgono nel canale tradizionale (con consegne previste "non prima dell'estate"). La Ducati ha dichiarato che il 38 per cento degli ordini è venuto dal Giappone, il 30 per cento dal Nord America e altrettanto dall'Europa; il 2 per cento dall'Italia. È interessante rilevare che il 98 per cento delle vendite è all'esportazione; e che tutta l'operazione si è svolta nell'ambito di una ben identificabile comunità di appassionati di motociclismo e in particolare affezionati alla marca Ducati. Alla fine di gennaio erano state prenotate 1260 unità, per un valore di 35 miliardi. Un risultato rilevante; tuttavia in dimensioni che nulla hanno a che fare con "milioni di utenti" o "mercati di massa".

 

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loghino.gif (1071 
byte) 5. Numeri nel mondo


In febbraio è uscito il nuovo rapporto semestrale dell'Internet Software Consortium con le statistiche di hostcount su scala monciale aggiornate alla fine dell'anno scorso. Questa tabella riassume l'andamento di crescita dal 1995 al 1999.

  Numero
di host
% di crescita
semestrale annuale
Gennaio 1995 * 5.846.000 51,1 118,9
Luglio 1995 * 8.200.000 40,3 106,8
Luglio 1996 * 16.729.000 16,6 104,0
Gennaio 1997 * 21.819.000 30,4 52,0
Luglio 1997 * 26.053.000 19,4 55,7
Gennaio 1998 29.670.000 13,9 36,0
Luglio 1998 36.739.000 23,8 41,0
Gennaio 1999 43.230.000 17,7 45,7
Luglio 1999 56.218.000 30,0 53,0
Dicembre 1999 72.398.000 28,8 67,5
* Il metodo di analisi è cambiato a partire dal gennaio 1998. I dati per gli anni 1995-1997 sono "ponderati" per adeguare la vecchia metodologia alla nuova.
Le percentuali del 1995 riferite al 1994 sono basate sulla "vecchia" serie di dati.
La crescita nel gennaio 1994 rispetto a un anno prima era del 138 %.

Con l'aumentare delle quantità, le percentuali di aumento sono progressivamente diminuite fino al 1997; ma nel 1998-99 sembra essersi innescata una nuova accelerazione.

La tabella che segue analizza i dati per i 37 paesi (su 240) con più di 50.000 host internet.

  Num. di host
dicembre 1999
Variazione % % su
totale
Per 1000
abitanti
in sei mesi in un anno
Stati Uniti 53.167.358 + 29,8 + 74,4 73,4 187,3
Giappone 2.636.541 + 27,2 + 56,2 3,6 21,0
Gran Bretagna 1.901.834 + 18,9 + 33,6 2,6 32,7
Germania 1.702.466 + 19,3 + 29,3 2,4 20,7
Canada 1.669.664 + 29,0 + 49,2 2,4 55,8
Australia 1.090.468 + 20,1 + 37,6 2,2 59,6
Olanda 820.944 + 28,8 + 45,5 1,2 52,3
Francia 779.879 + 19,3 + 59,8 1,1 13,3
Italia 658.307 + 67,2 + 94,3 0,9 11,5
Finlandia 631.248 + 9,4 + 15,6 0,9 123,8
Taiwan 597.036 + 40,7 + 93,4 0,9 27,5
Svezia 594.627 + 15,5 + 37,7 0,8 67,6
Brasile 446.444 + 43,9 + 107,6 0,6 2,7
Spagna 415.641 + 37,4 + 57,3 0,6 10,5
Messico 404.873 + 80,6 + 258,8 0,6 4,3
Norvegia 401.889 + 19,6 + 26,1 0,6 91,3
Danimarca 336.928 + 17,3 + 20,4 0,4 64,8
Belgio 320.840 + 17,6 + 93,4 0,4 31,5
Svizzera 306.073 + 15,8 + 36,4 0,4 41,9
Corea 283.459 + 9,0 + 52,1 0,4 6,2
Austria 274.173 + 34,5 + 91,5 0,4 33,4
Nuova Zelanda 271.003 + 48,9 + 97,5 0,4 75,3
Russia 236.526 +23,6 + 41,8 0,3 1,6
Polonia 158.099 + 15,8 + 45,6 0,2 4,7
Sudafrica 167.635 + 19,3 + 16,1 0,2 3,9
Singapore 148.249 + 42,7 + 121,1 0,2 43.6
Argentina 142.470 + 39,9 + 114,4 0,2 3,9
Israele 139.946 + 22,6 + 43,1 0,2 24,1
Hong Kong 114.882 + 17,0 + 38,7 0,2 18,5
Ungheria 113.659 + 21,3 + 36,1 0,2 11,4
Repubblica Ceca 112.748 + 28,2 + 52,8 0,2 11,1
Turchia 90.929 + 77,3 + 179,8 0,1 1,4
Portogallo 90.757 + 52,9 + 82,5 0,1 7,4
Grecia 77.954 + 24,2 + 51,2 0,1 7,4
Cina (escl. HK) 71.769 + 14,0 + 304,9 0,1 0,06
Irlanda 59.681 + 2,2 + 8,8 0,1 16,6
Malesia 59.021 + 10,4 + 23,3 0,1 2,8
Totale 72.398.092 + 28,8 + 67,5   3,4 *
* L'indice di densità "mondiale" è calcolato escludendo gli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti continuano a crescere più velocemente dell'Europa e del resto del mondo. La posizione dell'Italia è notevolmente migliorata rispetto al passato, ma rimane ancora debole rispetto ai paesi più avanzati. Si conferma una forte crescita in alcuni paesi dell'America Latina. I dati europei, che vedremo più avanti, segnalano un cambiamento ancora più forte in Francia. Sembra esserci uno sviluppo molto superiore al passato in Cina, ma la densità rispetto alla popolazione rimane molto bassa.

Vediamo la situazione per "grandi aree geografiche".


Grandi aree geografiche

In questo grafico e in quelli che seguono è stato introdotto un correttivo
per tener conto dei domain (e di conseguenza host) che hanno
una denominazione "americana" ma non hanno sede negli Stati Uniti.
Si tratta comunque di differenze relativamente piccole
che non modificano la sostanza del quadro.


Non ci sono grandi cambiamenti rispetto al passato. Una grande parte del mondo è ancora isolata dall'internet. Anche all'interno di ciascuna delle zone geografiche ci sono forti concentrazioni. Il 96 % della rete nel Nord America è negli Stati Uniti. Quasi tutta la rete in Oceania è concentrata in due paesi: Australia e Nuova Zelanda. Il 61 % dell'internet dell'Asia è ancora in Giappone, il 90 % dell'Africa in Sudafrica, il 78 % dell'America centro-meridionale in Brasile e Argentina. Solo in Europa nessun paese ha più del 17 % del totale; ma anche nel nostro continente, come vedremo più avanti, rimangono forti squilibri. Due terzi della rete europea sono in cinque paesi. Nel mondo rimane dominante la posizione degli Stati Uniti, come è evidente nel grafico che segue (paesi con più di 500.000 host internet).


12 paesi

Se per una lettura più chiara togliamo gli Stati Uniti dal grafico, questa è la presenza in rete degli altri 18 paesi con più di 300.000 host internet.


18 paesi

Ci sono cambiamenti rilevanti rispetto al passato, con la crescita di alcuni paesi europei (fra cui l'Italia) e con una sempre più forte presenza del Brasile e del Messico. Ma quasi metà di tutta la rete al di fuori degli Stati Uniti è ancora concentrata in cinque paesi: Giappone, Gran Bretagna, Germania, Canada e Australia.

Vediamo un aggiornamento del grafico che mostra la densità rispetto alla popolazione nei 31 paesi che hanno più di 100.000 host internet.


Host internet per 1000 abitanti in 31 paesi

Si conferma il predominio degli Stati Uniti anche come densità rispetto alla popolazione; dal 1998 hanno superato anche il "primato" tradizionale della Finlandia.

Vediamo un aggiornamento della densità nel mondo sotto forma di carta geografica.


Host internet per 1000 abitanti

Il quadro complessivo non cambia. L'uso della rete rimane concentrato sulle due sponde dell'Atlantico settentrionale e in punti isolati del Pacifico, del sud-est asiatico e del medio oriente. Si nota una presenza (limitata ma crescente) nell'America latina e nel lembo meridionale dell'Africa. Il resto del mondo è quasi completamente escluso.

Vediamo ora un aggiornamento del grafico riguardante l'attività in rete in relazione al reddito.

Host internet in rapporto al reddito (PIL) in 31 paesi

I risultati sono diversi da quelli nelle analisi precedenti non solo per il cambiamento della situazione in alcuni paesi ma anche perché si è usato un indice diverso per la valutazione del reddito. La situazione dell'Italia continua a migliorare, ma il percorso è ancora lungo per arrivare a una presenza in rete che corrisponda al ruolo della nostra economia nel mondo. Continua a non essere brillante, valutata con questo parametro, la situazione di grandi paesi come la Germania e il Giappone.

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loghino.gif (1071 
byte) 6. Numeri in Europa


Sono passati due mesi dall'ultima volta che abbiamo esaminato in questa rubrica i dati europei. Non possono esserci, in un periodo così breve, cambiamenti radicali; ma ci sono alcuni segnali interessanti.

Per cominciare, vediamo un aggiornamento del grafico che confronta l'andamento mondiale di crescita dell'internet con quello europeo.


Indice di crescita del numero di host internet
gennaio 1995=1000

Dati semestrali (gennaio e luglio di ciascun anno)
Analisi su dati Internet Software Consortium e RIPE (Réseaux IP Européens)

Dopo un lungo periodo in cui i due andamenti erano paralleli, si rileva anche nel secondo semestre del 1999 una crescita più veloce nel "resto del mondo". Questa differenza è dovuta più al crescente predominio del Nord America che agli sviluppi in Asia e nell'America meridionale.

Vediamo ora la solita analisi dei dati di hostcount europeo, in base ai dati diffusi da RIPE il 21 febbraio 2000. Ci sono 14 paesi in Europa con più di 200.000 host internet. Ecco i dati, confrontati con quelli dello stesso periodo nei due anni precedenti.


  1998 1999 2000
Gran Bretagna 1.058.247 1.467.550 1.741.727
Germania 1.140.066 1.479.027 1.640.343
Francia 385.443 623.500 1.264.027
Olanda 401.206 640.625 1.020.960
Italia 282.052 413.882 733.108
Spagna 201.685 308.437 539.113
Svezia 360.643 417.894 524.081
Finlandia 501.211 470.887 492.513
Norvegia 295.115 319.628 442.510
Danimarca 172.531 301.242 354.434
Belgio 111.883 216.690 339.357
Svizzera 192.183 249.630 300.249
Austria 110.518 172.569 262.632
Russia 152.021 195.183 240.752
Totale area 5.942.491 8.200.734 10.816.526

Continua l'impressionante sviluppo dell'Olanda. In Francia si conferma il crescente trasferimento del traffico dal minitel all'internet. Ora ci sono quattro paesi europei con più di un milione di host. L'Italia è ancora lontana da quella soglia, anche se probabilmente ha avuto una crescita superiore a ciò che risulta da questi dati; vedremo se un maggiore sviluppo sarà percepito dalle rilevazioni nei prossimi mesi.

Il quadro è più evidente se lo riassumiamo in un grafico.


14 paesi

Più di metà dell'internet in Europa si trova in quattro paesi.

Nella tabella seguente vediamo un'analisi più dettagliata della situazione in Europa (33 paesi – su 100 nell'area RIPE – con più di 10.000 host internet).


  Numero di host
2000 (ponderato)
Crescita %
in un anno
% su
totale area
host per
1000 abitanti
Islanda 33.828 + 34,5 0,3 123,5
Norvegia 442.510 + 38,4 4,1 100,6
Finlandia 492.513 + 4,6 4,6 96,6
Danimarca 354.434 + 17,7 3,3 68,2
Olanda 1.020.960 + 59,4 9,4 65,0
Svezia 524.081 + 25,6 4,8 59,6
Svizzera 300.249 + 20,3 2,8 41,1
Belgio 339.357 + 56,6 3,1 33,3
Austria 262-632 + 52,2 2,4 32,0
Gran Bretagna 1.741.727 + 18,7 16,1 29,9
Irlanda 100.034 + 68,6 0,9 27,8
Israele 155.038 +32,5 0,9 26,7
Francia 1.264.027 + 102,7 11,7 21,6
Esrtonia 30.661 + 24,7 0,3 20,4
Germania 1.640.343 + 10.9 15,2 20,0
Spagna 539.113 + 74,8 5,0 13,6
Italia 733.108 + 77,1 6,8 12,8
Slovenia 23.559 + 2,6 0,2 12,3
Repubblica Ceca 124.077 + 40,9 1,1 12,2
Ungheria 119.642 + 20,5 1,1 12,0
Portogallo 81.046 + 37,5 0,7 8,3
Grecia 79.642 + 50,0 0,7 7,6
Lettonia 18,877 + 25,7 0,2 7,6
Slovacchia 28,680 + 24,3 0,3 5,3
Polonia 181,784 + 55,3 1,7 4,7
Lituania 14,571 + 43,3 0,1 3,9
Croazia 16,130 + 36,5 0,1 3,6
Bulgaria 17.199 + 63,2 0,2 2,1
Russia 240.752 + 63,2 2,2 1,6
Romania 36,294 + 37,7 0,3 1,6
Turchia 85.700 + 75,4 0,8 1,4
Ucraina 28.973 + 36,2 0,3 0,6
Unione Europea 9.184.403 + 37,3 84,9 24,6
Totale area 10.818.526 + 31,9 15,4

L'85 per cento dell'internet nell'area Europa – Mediterraneo – Medio Oriente (che comprende anche una parte dell'Africa settentrionale e centrale) è nell'Unione Europea. Tre quarti del totale sono in dieci paesi su cento: Gran Bretagna, Germania, Francia, Benelux e Scandinavia. Quattro paesi mediterranei (Italia, Spagna, Grecia, Turchia) hanno avuto una crescita veloce nel 1999; ma sono ancora molto arretrati rispetto all'Europa settentrionale.

Vediamo ora, anche per l'Europa, i soliti grafici, cominciando con quello della densità, per i 28 paesi (su 100 nell'area RIPE) che hanno più di 20.000 host internet.


Host internet per 1000 abitanti in 28 paesi
nell'area Europa-Mediterraneo

Non si rileva più il tradizionale primato della Finlandia; l'area scandinava tende ad allinearsi su livelli molto alti di densità. Continua la crescita nel Benelux e in particolare dell'Olanda. Fra i "grandi" paesi europei si accentua il predominio della Gran Bretagna e sta migliorando notevolmente la posizione della Francia. I paesi dell'Europa meridionale stanno crescendo, ma rimangono molto al di sotto della media dell'Unione Europea.

Vediamo la densità di uso dell'internet in Europa anche sotto forma di mappa.


Host internet per 1000 abitanti

La situazione è poco cambiata rispetto alle analisi più recenti (ma è notevolmente diversa dalla mappa che avevamo visto nell'ottobre 1998). L'Irlanda, che da qualche tempo sembrava sottostimata nel hostcount, si ritrova in una posizione vicina a quella della Gran Bretagna.

Vediamo un aggiornamento dell'altro abituale grafico, che riguarda la diffusione della rete in rapporto al reddito.


Host internet in rapporto al reddito (PIL) in 28 paesi
nell'area Europa-Mediterraneo

Anche in questo caso, come per i dati su scala mondiale, è cambiato (rispetto al passato) il criterio di misurazione del reddito. Ma ci sono anche evoluzioni reali, come la crescita sempre più forte dell'Olanda e il consolidamento della posizione della Gran Bretagna. L'Italia, nonostante i progressi, rimane ancora arretrata.

E infine... ecco un aggiornamento della posizione italiana rispetto all'Unione Europea.


% Italia su Unione Europea

L'Italia ha il 15 % dell'attività economica (prodotto interno lordo) nell'Unione Europea, quasi il 20 % degli autoveicoli, circa il 23 % dei telefoni cellulari... l'8 % della rete. La situazione sta gradualmente migliorando. La percentuale dell'Italia rispetto al totale dell'area Europa-Mediterraneo era intorno al 2 % negli anni fra il 1990 e il 1992. È salita al 3 % nel 1993-95, al 4 % nel 1996, al 5 % nel 1997-98. Ora è vicina al 7 %. Ma dovrebbe raddoppiare per essere adeguata al nostro ruolo nell'economia e negli altri sistemi di comunicazione. La soluzione non è, come qualcuno sembra pensare, l'uso dei telefoni cellulari o dei televisori per collegarsi all'internet – né l'installazione di modem o sistemi satellitari nelle automobili. Occorre non solo un'ulteriore crescita nell'uso della rete da parte degli italiani ma soprattutto una più attiva presenza online delle nostre imprese e organizzazioni, pubbliche e private.




 

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Lista dei link

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Mettiamo in soffitta la segmentazione http://gandalf.it/offline/off17.htm
Permission Marketing http://gandalf.it/mercante/merca40.htm#heading03
The Caring Economy http://gandalf.it/mercante/merca36.htm#heading02
La gatta frettolosa fa i gattini ricchi? http://gandalf.it/offline/off22.htm
La guerra dei portali http://gandalf.it/mercante/merca35.htm#heading01
La coltivazione dell'internet http://gandalf.it/offline/off19.htm
Internet Software Consortium http://www.isc.org/ds/
RIPE (Réseaux IP Européens) http://www.ripe.net/ripencc/pub-services/stats/hostcount.html
Mappe dell'Europa e del mondo – ottobre 1998 http://gandalf.it/mercante/merca27.htm#heading03
Mappamondo – agosto 1999 http://gandalf.it/mercante/merca38.htm#heading02
Mappa dell'Europa – dicembre 1999 http://gandalf.it/mercante/merca42.htm#heading02