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Rebecca

Cara dottoressa,
>
> la ringrazio immensamente per avermi risposto così tempestivamente, è
importante per me saper di poter contare su una persona che non mi giudica
ma che  addirittura puo’ in parte capire il mio grande disagio.
>
> La mia famiglia e il mio ragazzo sanno di questa mia malattia ed anche se
provano a starmi vicino è, secondo me, impossibile per loro non giudicarmi
negativamente, non ritenermi una persona senza carattere e forza di volontà
per reagire e vivere una vita “nella norma”.>
>
> Lei mi ha chiesto del rapporto con mia madre. Già sapevo che lo avrebbe
fatto, so che generalmente nelle persone che hanno come me problemi
alimentari, si esamina la figura materna. La accontenterò e le parlerò un
po’ della mia mamma, la mia fragile mamma! Fragile le dico perché sono
16 anni che soffre, ciclicamente, di depressione. E proprio in questi giorni
tale depressione si è ripresentata. Penso non sia difficile capire come una
figlia, nel vedere una madre totalmente annulata, ne soffra molto. La sua
situazione è peggiorata quando 3 anni fa si è operata di meningioma alla
testa. Da questo momento ha cominciato ad avere frequenti attacchi di panico
che nei tempi scorsi mi hanno vista costretta ad accompagnarla spesso al
pronto soccorso nell’incapacità, noi di famiglia, di calmarla. Ho
usato il verbo ‘costretta’ non a caso. Io, come mio padre e mia
sorella, sapevo benissimo che i suoi erano attacchi di panico e che non
stava per morire ma lei in quei momenti non ragionava, aveva come delle
allucinazioni che le facevano vedere se stessa cadaverica, o piena di
sangue, o gonfia o ... affetta da altre mille malattie.>
>
>
> Inoltre quasi 6 anni fa mio padre è stato colpito da ictus, e anche in
questo momento la mia vita ha subito un’ importante e brusca svolta.
Ho interrotto l’università appena iniziata e noi figlie, ho una sorella
di tre anni maggiore, abbiamo assunto il ruolo di genitori ed abbiamo così
custodito prima papà Sandro e poi mamma Palmina. Mio padre è rimasto
emiplegico.
>
> Con mia sorella il rapporto è neutrale, nel senso che non siamo grandi
confidenti ma comunque ci vogliamo bene e talvolta ci apriamo tra noi. Lei è
tranquilla, pacata, proprio il contrario di me finchè sono stata bene!
>
> Altro flash della mia vita: tre anni fa’ conosco il mio attuale
ragazzo e … mi risveglio! Con grandi sacrifici perdo 20 chili e torno
finalmente a vivere e mi sento felice, felice si, ma forse parzialmente
perché il mio problema col cibo  non si risolve, assume toni più smorzati,
un oscillazione di peso di qualche chilo e riesco fino al febbraio scorso a
tenere la situazione abbastanza a freno. Tre anni fa’ mi iscrivo di
nuovo all’università, do diversi esami con il massimo dei voti e poi
improvvisamente  perdo la voglia di fare, di studiare, di uscire, di
divertirmi, ho solo voglia di cibo! Cosa sarà successo nemmeno io lo so di
preciso, fatto è che dall’ultima volta che sono andata a Milano dal
mio ragazzo, appunto febbraio 2001, torno a Arezzo e ricomincio a mangiare e
non riesco più a fermarmi.
>
> E cosi trascorrono questi dieci mesi ed io non riesco a fare un passo
avanti senza farne poi due indietro!
>
> Lei mi chiedeva anche del mio iter alimentare dalla nascita fino ai 17
anni in cui si è presentato per la prima volta il mio problema. Bene, posso
dirle che la mia alimentazione è sempre stata abbastanza lineare, sa
nell’età adolescenziale le ragazzine si fanno sempre qualche problema
di linea ma nulla di serio. Ho sempre mangiato quello che il nonno materno o
la mamma cucinavano per l’intera famiglia.
>
> So che il mio problema è un problema che se veramente mi impegnassi potrei
sconfiggere, potendo così finalmente godere di quella semplice vita che
tuttora non posso fare altro che sognare, ma non riesco a fare scattare la
molla per raggiungere il mio obbiettivo, perché? So che questa domanda
probabilmente non ha una unica e semplice risposta.
>
> Nella mia precedente lettera le chiedevo se esiste un centro medico dove
ragazze come me possono rifugiarsi per combattere la loro battaglia con
l’aiuto di persone qualificate  e  senza preoccuparsi dei giudizi, non
cattivi ma inevitabili, di persone affettivamente importanti per loro ma
purtroppo o per fortuna estranee al problema, nonché confuse e ferite.
Insisto ancora con questa richiesta perché sento di avere il bisogno di
pensare un po’ a me stessa, senza dover preoccuparmi degli altri, di
ciò che il mio comportamento potrebbe su loro influire e allontanarmi dalla
scena familiare ed affettiva.
>
> Grazie 1.000!
>
> Rebecca