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Terapia farmacologica dei Disturbi Post-traumatici
(a cura del Dr. Tommaso Farma, tfarma@infinito.it)

Le informazioni diffuse dal sito sono destinate ad incoraggiare, e non a sostituire, le relazioni esistenti tra paziente e medico

In questa scheda cercheremo di descrivere l'effetto che le esperienze traumatiche possono avere su una persona a livello neuro-biologico e di conseguenza il razionale delle varie terapie che si possono adottare. Purtroppo non è possibile condurre questa descrizione senza fare mai riferimento ad aspetti e termini anche molto tecnici. La lettura di questa scheda, quindi, potrà risultare talvolta oscura e solo parzialmente comprensibile dai navigatori.

I Disturbi Post-traumatici
Stando alle più attuali definizioni tali disturbi comprendono principalmente due quadri sintomatologici che sono il Disturbo Post-traumatico da Stress ed il Disturbo Acuto da Stress. Questo non vuol dire che tutta la psicopatologia che si manifesta in individui esposti a eventi traumatici debba rientrare necessariamente in questi due quadri. Molti altri quadri sintomatologici potrebbero essere secondari ad un evento traumatico quali un disturbo psicotico breve, un disturbo depressivo, un disturbo di conversione o più semplicemente un disturbo di adattamento. Psichiatri e ricercatori hanno finora privilegiato nello studio delle sequele neuro-biologiche al trauma, il Disturbo Post-traumatico da Stress (PTSD) ed il Disturbo Acuto da Stress perché costituiscono il modello psicopatologico base per capire più facilmente cosa effettivamente succede.

IL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS (PTSD)
La terapia farmacologica del Disturbo Post-traumatico da Stress (PTSD) è attualmente consigliata sulla base dei dati di ricerca che mostrano come vari sistemi psicobiologici siano sregolati nei pazienti affetti da PTSD. Inoltre la frequente co-presenza di complicanze del disturbo quali la depressione ed il panico, patologie che rispondono bene alle terapie farmacologiche, rende utile il trattamento farmacologico nel PTSD per attenuare le complicanze del disturbo e per favorire o rendere possibili eventuali trattamenti psicoterapici che talvolta in condizioni di acuta sofferenza sono impossibili o necessariamente limitati ad un generico sostegno.

ASPETTI BIOLOGICI DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
Il PTSD è caratterizzato da alterazioni neurobiologiche a breve e a lungo termine. Per alterazioni neurobiologiche intendiamo alterazioni nei sistemi neurotrasmettitoriali del nostro cervello. Un sistema neurotrasmettitoriale è grosso modo una rete di neuroni che collega tra loro vari centri nervosi. Ciò che rende queste reti distinguibili le une dalle altre è il tipo di neuromediatore che utilizzano per lo più. Un neuromediatore è come il testimone che un corridore riceve dal precedente: se non riceve il testimone non può partire; così il mediatore viene utilizzato per far passare uno stimolo da un neurone all'altro. Inoltre in questo modo è possibile anche selezionare lo stimolo per esempio accettando solo come testimoni dei bastoni ma non delle bandierine o viceversa. Così ottengo delle reti specifiche, ovvero posso mappare le reti andando a vedere se accettano bastoni o bandierine. Attualmente il numero dei mediatori e dei sottotipi di mediatori scoperti sta crescendo in modo vertiginoso.

I dati più comprovati mostrano la sregolazione del sistema adrenergico e dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Altre anomalie legate al PTSD sono state rilevate o sono sospettate nei sistemi serotoninergico, endorfinico, dopaminergico, tiroideo, del GRF (corticotropin-releasing-factor) e del glutammato. Sistema Noradrenergico. Parecchi studi mostrano che pazienti affetti da PTSD cronico hanno un'elevazione dell'attivazione del sistema nervoso vegetativo e dello stato di allerta rilevabile da elevata frequenza cardiaca, elevata concentrazione di catecolamine nelle urine diarie, diminuita attività MAO piastrinica e diminuita attività alfa adrenorecettoriale. L'attivazione cronicamente elevata dello stato di allerta spesso riscontrata nei PTSD cronici, è accompagnato da ansia, rabbia e depressione. Negli studi compiuti su animali sottoposti a shock ai quali non si potevano sottarre, l'iniziale mobilizzazione e la successiva carenza del neurotrasmettitore norepinefrina riscontrata ha fatto pensare ad un meccanismo noradrenergico per l'espressione dei sintomi di intrusione e di evitamento del PTSD. Alcuni autori hanno trovato che l'attivazione di una particolare area cerebrale, il locus coeruleus, scatena comportamenti di paura simili a quelli di allarme del PTSD. L'infusione diretta di antagonisti adrenergici nel locus coeruleus previene lo stato di impotenza appresa negli animali esposti a shock inevitabile. Si pensa che i farmaci di tipo noradrenergico possano aiutare quando c'è uno stato di cronica iperattivazione associato al PTSD.

Sistema serotoninergico. Anche se non si conosce l'esatta sregolazione serotoninergica, molti studi e ricerche compiuti su animali indicano che questo sistema gioca un ruolo importante nel PTSD. Due vie serotoninergiche sono state individuate come importanti nello sviluppo dei sintomi del PTSD. Una emerge dal rafe dorsale* e termina alla amigdala* e coinvolge i recettori 5HT2 postsinaptici che mediano i comportamenti di evitamento condizionato. Le seconda via va dal rafe mediano* e innerva l'ippocampo* e sembra mediare la capacità di recupero e l'adattamento allo stress. Si pensa quindi che i farmaci serotoninergici siano utili nell'evitamento e nell'impulsività associata al PTSD.

Asse Ipotalamo-ipofisi-surrene. Questo sistema gioca un ruolo importante nella risposta allo stress. Iniezioni di corticotrophin-releasing factor (CRF) nell'amigdala* e nei ventricoli* elicitano tipiche risposte fisiologiche e comportamentali di risposta allo stress. Le alterazioni di questo sistema sono anche associate a una aumentata soppressione dell'increzione di cortisolo dopo somministrazione di desametasone oltre alla aumentata attività recettoriale per i glucocorticoidi. Le concentrazioni di cortisolo nel sangue nei pazienti con PTSD rivelano più ampie fluttuazioni nelle 24 ore rispetto ai controlli depressi o normali. Contrariamente alla normalità, questo sistema e quello noradrenergico sembrano stimolarsi reciprocamente supportando l'ipotesi di un alterazione nel PTSD del normale feedback negativo tra questi due sistemi.

Sistema Dopaminergico. Studi animali suggeriscono un ruolo della via dopaminergica mesocorticale nelle alterazioni della memoria e dell'attenzione. Tali ricerche suggeriscono inoltre un aumento della dopamina nelle regioni prefrontali mediali*. Tale aumento può essere bloccato da vari neurotrasmettitori come NMDA, antagonisti endorfinici e dalla presomministrazione di benzodiazepine.

Sistema Endorfinico. Tale sistema porta alla analgesia durante la risposta allo stress. Pazienti affetti da PTSD da combattimento hanno mostrato una ridotta sensibilità al dolore durante la riesposizione a ricordi traumatici.

Viste le molteplici anomalie psicobiologiche del PTSD quasi tutte le classi di psicofarmaci sono state somministrate a pazienti con PTSD. Gli studi più numerosi sono stati compiuti sugli antidepressivi: SSRI (selective serotonin reuptake inhibitors), MAOi (monoamine oxidase inhibitors), antidepressivi triciclici e altri serotoninergici quali il trazodone ed il nefazodone. Gli antiadrenergici testati includono gli alfa 2 agonisti (clonidina) ed i beta bloccanti (propranololo). Date le loro proprietà anti kindling anche vari antiepilettici (carbamazapina, valproato, lamotrigina) sono stati testati. Utilizzati sono stati pure le benzodiazepine, gli ansiolitici e gli antipsicotici.

EVIDENZE DELL'EFFICACIA
La forza delle evidenze è migliore per le differenti classi di antidepressivi la cui efficacia è stata valutata in studi clinici metodologicamente ineccepibili (trial clinici randomizzati con gruppo di controllo). Studi clinici meno rigorosi (aperti senza randomizzazione e controllo) sono stati condotti su antidepressivi, antiadrenergici, anticonvulsavanti e benzodiazepine. Per altri farmaci le sole evidenze segnalate sono tratte da osservazioni cliniche e case report.

Durata dei trattamenti
Gli studi controllati generalmente durano 8-12 settimane dato che periodi più brevi non sono adeguati a valutare l'efficacia farmacologica. Gli studi più recenti con gli SSRI (recenti antidepressivi) indicano però una significativa riduzione dei sintomi del PTSD anche entro 2-5 settimane.

I FARMACI IMPIEGATI NEL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina (SSRI) (Citalopram, Fluoxetina, Fluvoxamina, Paroxetina, Sertralina). Gli SSRI possono essere utilizzati come trattamento di prima scelta. Non solo producono un globale miglioramento ma sono anche efficaci nei sintomi che tendono a comparire insieme al PTSD. Hanno relativamente pochi effetti collaterali. Curiosamente è però stato notato dagli americani che sono meno efficaci nei veterani di guerra rispetto ai pazienti civili.

Inibitori delle Mono Ammino Ossidasi (MAOI) (Fenelzina, Moclobemide). Gli IMAO sono efficaci soprattutto sui sintomi del gruppo B (intrusione dei ricordi e rivissuti) e di qualche efficacia sui sintomi di evitamento (gruppo C). Sono efficaci anche sulla depressione e sul panico che possono comparire assieme al PTSD. Restrizioni dietetiche e controindicazioni in presenza di uso di alcool, droghe, disturbi ipertensivi, epatopatie ed altro ne comportano un uso attentamente monitorato. Parte di questi difetti sono superati con gli IMAO-A reversibili che però non sono stati ancora attentamente valutati quanto a efficacia.

Triciclici (Imipramina, Amitriptilina, Desipramina). I Triciclici hanno uno spettro di azione simile agli IMAO ma paiono meno efficaci sulla popolazione civile. Sono risultati più efficaci rispetto agli SSRI nei veterani di guerra affetti da PTSD.

Anticonvulsivanti (Carbamazepina, Valproato). Si sono mostrati efficaci nel ridurre i sintomi del gruppo D (aumentato arousal). Inoltre, la Carbamazepina pare ridurre anche i sintomi di intrusione (gruppo B) mentre il Valproato ridurrebbe l'evitamento (gruppo C).

Antiadrenergici (Clonidine, Propranololo). Gli Antiadrenergici paiono diminuire l'arousal, il rivissuto, e probabilmente i sintomi dissociativi ma non sono ancora stati testati adeguata mente. Sono in generale sicuri ma pressione e ritmo cardiaco devono essere monitorati. A volte si sviluppa tolleranza alla clonidina. Il propranololo può dare sintomi depressivi o rallentamento psicomotorio.

Benzodiazepine (Alprazolam, Clonazepam). Sono genericamente efficaci come ansiolitici e contro il panico (Alprazolam). Nei pazienti affetti da PTSD producono il loro tipico effetto anti-arousal senza ridurre i sintomi B (intrusione) e C(evitamento). Sono controindicati nei pazienti con abuso alcolico o dipendenza passata o presente. Come monoterapia non sono consigliati. Sono utili come terapia aggiuntiva per brevi periodi di tempo se compare insonnia e per il veloce sollievo dall'ansia.
5HT2 antagonisti (Nefazodone, Trazodone) Alcuni studi indicano che possono essere particolarmente efficaci nel migliorare il sonno e nel ridurre la rabbia.

Antipsicotici ( Aloperidolo, Tioridazina, Clozapina, Risperidone). L'uso di tali farmaci non è consigliato come prima scelta. Possono avere un ruolo in pazienti refrattari alle altre terapie quando esprimono agitazione e ipervigilanza estrema, sintomi paranoidei e psicotici.