Nel corso del tempo sono state fornite molte
definizioni differenti del concetto di trauma. In modo molto generale,
possiamo definire il trauma come un'esperienza di particolare gravità
che compromette il senso di stabilità e continuità fisica o psichica
di una persona
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, IVª Edizione
(DSM-IV), all'interno del Disturbo Post-Traumatico
da Stress (PTSD),
definisce in modo più ristretto il trauma come un fattore traumatico
estremo che implica l'esperienza personale diretta di un evento che
causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all'integrità
fisica; o la presenza ad un evento che comporta morte, lesioni o
altre minacce all'integrità fisica di un'altra persona; o il venire
a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o
minaccia di morte o lesioni sopportate da un membro della famiglia
o da altra persona con cui è in stretta relazione.
Quella del DSM-IV è una definizione piuttosto restrittiva del concetto
di trauma, e tende a privilegiare una valutazione tendenzialmente "oggettiva" degli
eventi traumatici, ovvero ad identificare come traumatici eventi
che la maggior parte delle persone vivrebbe come tali. Si tratta
di una posizione in parte discutibile perchè considera eccessivamente
collaterale la valutazione soggettiva degli eventi che ci accadono
(Arbitrarietà del concetto di trauma). Inoltre, il DSM-IV tende ad
identificare come traumatici eventi "discreti", cioè facilmente
individuabili, collocabili chiaramente nel tempo e nello spazio,
trascurando l'aspetto sicuramente traumatico che possono avere situazioni
di stress costanti come, ad esempio, anni di contrasti e di liti
coniugali.
Adottare una concezione di trauma meno restrittiva di quella fornita
dal DSM-IV, però, ci espone inevitabilmente al rischio di etichettare
come trauma qualunque evento "negativo" ci accada, fatto
che è accaduto diffusamente in psicoterapia, facendo infatti perdere
ogni utilità al concetto di trauma.
[per specialisti] Il concetto di trauma in letteratura è estremamente
confuso (almeno quanto quello di dissociazione), una vera "parola
ombrello" che incorpora considerazioni teoretiche e cliniche
provenienti dalle più svariate origini. Tale condizione di confusione
teoretica è stata probabilmente inaugurata dallo stesso Freud, il
quale ha cercato ripetutamente ma senza un esito soddisfacente di
racchiudere all'interno di una stessa cornice concettuale 1) la reazione
ad un trauma inteso come evento esterno che soverchia le capacità
di difesa e di adattamento di un individuo e 2) il processo di difesa
rivolto verso pulsioni inaccettabili (Giannantonio, 1993; Novelletto,
1995), ovvero una commistione di meccanismi dissociativi e di evitamento
(repressione, rimozione), rivolti a eventi interni o esterni. Il
concetto freudiano di coazione a ripetere è l'emblema di queste stratificazioni
cliniche e teoretiche incommensurabili (Freud, 1920; Giannantonio,
1993). |