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Teoria e tecnica della comunicazione di massa

Anno accademico 2000-2001

II Canale

  Parte del programma sviluppata da Sandro Petrone  (Testi per l'esame e letture)

INTRODUZIONE

  • Le teorie delle comunicazioni di massa

  • Le tecniche di ricerca

  • L'informazione televisiva

  • La globalizzazione del sistema e l'anomalia italiana

Parte I 

LE TEORIE DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA

  • Teoria ipodermica

  • Approccio empirico-sperimentale Approccio empirico sul campo

  • Teoria funzionalista

  • Teoria critica

  • Teoria culturologica

  • Cultural studies

  • Teorie comunicative

  • Effetti a lungo termine

  • Agenda setting

  • Gatekeeper

  • Newsmaking - notiziabilità

  • Newsmaking - valori/notizia

  • Le routines produttive

  • La selezione delle notizie

  • Editing e presentazione

Parte II

IL LINGUAGGIO E LE TECNICHE DI BASE DEL GIORNALISMO TELEVISIVO

  • Basic reporting: Parte I

    • Lo scenario del giornalismo televisivo in Italia e all’estero

    • Il mix dell’informazione in tv: linguaggio, tecnologie, organizzazione

    • Gli elementi di base del linguaggio audiovisivo applicato all’informazione in tv

    • Analisi dei singoli elementi nella dinamica redazionale : immagini, suoni, informazioni scritte

  • Basic reporting: Parte II

    • I format tipici delle notizie nel telegiornale

    • La struttura efficace del servizio televisivo: story-board e testo

    • Le regole di scrittura in tv

    • Il reporter in azione : tecniche del cronista tv sul campo

COME FUNZIONA IL TELEGIORNALE

  • Macchina, organizzazione del lavoro e inserimento nel palinsesto

    • Giornale o programma : il passaggio dalla cultura editoriale scritta a quella tv

    • Concetti di In-take e di Out-put come base organizzativa della produzione di informazione

    • La moderna news-room come cervello e motore del flusso di informazione

    • Redazioni tematiche e redazioni a fasce orarie, modelli contrapposti o integrabili

    • Il lavoro di gruppo

    • Ruoli e mansioni nel programma di informazione

    • La programmazione del lavoro

    • Strategia della scaletta

    • Gli strumenti della sociologia entrano in campo nei tg italiani

    • Indici di ascolto e inserimento nel palinsesto

  • Scelte e trattamento delle notizie in tv nell’Era della globalizzazione

    • Confronto fra i criteri di scelta delle notizie nelle emittenti pubbliche e private di paesi diversi

    • Il modo differente di trattare le notizie in paesi diversi della scena internazionale

    • Tendenze: l'era della tv scritta

    • Tendenze: interfaccia da web

    • L’influsso della Globalizzazione sui notiziari dei diversi paesi

    • Confronto fra notiziari radio e tv e nuovo trend favorevole alla radio

     

Parte III

 LE TECNICHE DI RICERCA E DI ANALISI NELLA TV


Parte del programma sviluppata da Gian Piero Jacobelli

PRIMO MODULO

Comunicazione e comunicazione di massa


1. Ambiguità e ambivalenza della comunicazione.
Il punto di vista degli operatori, tra il "come" e il "cosa".

Nell'ambito della comunicazione si moltiplicano le convenzioni professionali, che tendono spesso a prevaricare sulla funzione di scambio della comunicazione stessa. Troppo spesso si concepisce la comunicazione come un sistema di cifra, che serve non tanto a comunicare, quanto ad attivare processi di inclusione e di esclusione, a irrigidire i rapporti sociali invece di fluidificarli e metabolizzarli. Per altro, nel concreto esercizio della comunicazione, che da un lato richiama e dall'altro rimuove il quadro di riferimento, resta implicito un inevitabile fattore di saturazione e di scarto. 


2. Cosa è la comunicazione. 
Dalla intenzionalità alla socializzazione.

Tante sono le definizioni proposte per la comunicazione, in ragione delle funzioni considerate volta a volta prevalenti. Dal confronto di queste definizioni emerge la natura tautologica della comunicazione: comunicare vuole dire comunicare. Ciò che conta è la sua intenzionalità, la volontà del soggetto di collegarsi a un altro soggetto, per costituire nuove associazioni "intermedie". Ciò comporta che la comunicazione venga concepita non tanto come l' insieme delle pratiche connesse allo scambio economico, sociale, culturale, quanto come il punto di partenza per costruire, individualmente, un progetto collettivo.


3. La massa non è un soggetto, ma un oggetto di comunicazione.
Il potere della comunicazione e la comunicazione del potere.

Nonostante le specificazioni e le assuefazioni metodologiche, il richiamo alla "massa" comporta un equivoco sintomatico: nessuna comunicazione è di massa, in quanto ogni comunicazione procede da un emittente individuale a un ricevente individuale, anche se i mezzi impiegati coinvolgono più di un emittente o più di un ricevente alla volta. Il carattere di "massa" concerne quindi la funzione omologante del messaggio, che risulta ideologico in quanto presuppone e non ricerca il consenso, lasciando intendere, per esempio, che se si pensa nello stesso modo si debba agire nello stesso modo, o viceversa.




SECONDO MODULO

La comunicazione e il potere


1. L'oralità e il potere del sistema.
Il potere di unire: Alcibiade e la copula.

Non è corretto valutare la portata relazionale della comunicazione verbale desumendola dal confronto con la comunicazione scritta, che viene dopo. In molte situazioni formative e decisionali l'oralità fungeva da vero e proprio mezzo di comunicazione di massa.Una rapida analisi dei discorsi che Tucidite attribuisce ai grandi protagonisti delle guerre peloponnesiache, e in particolare ad Alcibiade, dimostra che la parola svolgeva una funzione sintattica, aggregando o disaggregando le diverse parti in gioco in base alla logica dell' interesse, cioè dell'essere o del non essere insieme. 


2. La scrittura e il potere della struttura.
Il potere di dividere: da Alessandro Magno ai Tristi Tropici.

La polemica di Platone nei confronti della scrittura celava la nostalgia per un mondo in cui tutto era possibile. Scrivendo ad Alessandro per raccomandargli di non confondersi con l'altro, Aristotele propugnava una nuova visione del mondo basata sulla differenza come condizione della conoscenza. Ma Alessandro voleva cambiare il mondo, non conoscerlo. Insomma, ancora una volta il problema dei mezzi è quello dei fini. Come per il capo indigeno che, nel celebre racconto di Claude Lévi-Strauss, usò la scrittura dell'antropologo per difendersi dalla scrittura dell'antropologia.


3. La lettura e il potere della scena.
Il potere di rappresentare: le metamorfosi di Pinocchio.

Il successo mondiale di Pinocchio ne rivela il profondo e inaspettato valore epistemologico. Nel Pinocchio, che parla prima ancora di nascere come burattino, si intravede il "chi parla?", il soggetto impersonale della civiltà moderna. Le sue vicissitudini non riguardano il rapporto tra natura e cultura, come nelle metamorfosi antiche, ma esprimono il disagio per la tecnologia emergente e l'esigenza di ricondurla a proporzioni umane. Se Pinocchio ci riesce, tra l'Abbecedario e le seduzioni del mondo alla rovescia, è perché capisce che, per diventare se stesso, non basta essere come gli altri. 



TERZO MODULO

La comunicazione e il desiderio


1. Comunicazione senza limite. 
La globalizzazione e la possibilità di avere tutto senza volere nulla.

Nulla è tanto insidioso quanto pensare che tutto sia a portata di mano. Il mondo delle agenzie di viaggio e dei terminali portatili, il mondo del mercato istantaneo va incontro a una sorta di eterogenesi dei fini, per cui il diverso diventa sempre più uguale. In questa prospettiva, anche i mezzi di comunicazione vanno incontro a esiti contraddittori: da un lato accrescono il tasso di partecipazione, dall'altro lo riducono ai minimi termini, contrapponendo alla istanza del "globale" quella di un "locale" altrettanto inconsistente. La mediazione del limite non è che il limite della mediazione.


2. Comunicazione oltre il limite. 
Apocalisse ed escatologia: le sabbie mobili della New Age.

La New Age, vero e proprio supermercato dei modi di essere, si aggira per la rete come il fantasma di ciò che si è, come la sospensione di un presente privato dei suoi rischi e delle sue opportunità reali, in vista di un futuro inteso come la negazione e non come l'interpretazione dialettica del presente, come il suo scenario. Non è il fallimento della tecnica in quanto progetto di salvezza a sospingere verso questi sentieri interrotti, della tecnica come fine, ma della tecnica concepita come un mezzo buono a tutto. Al contrario, è il mezzo che va aristotelicamente concepito come una tecnica da adattare alle circostanze. 


3. Comunicazione del limite. 
La virtualità e il gioco della mediazione.

Virtuale e reale non si trovano su versanti contrapposti della realtà, come vorrebbero alcuni, ancora influenzati dalla vecchia disputa tra apocalittici e integrati. Tutta la realtà, quale viene selezionata dalla "chiave dei sensi" di galileiana memoria, è una realtà virtuale in quanto è frutto di tante mediazioni successive. Se si concepisce il virtuale come l'esito consapevole di una mediazione in più, si può farne il mezzo per gestire un reale più ricco di alternative, senza perdersi nel circolo vizioso di una comunicazione che non sa prescindere dai riecheggiamenti ossessivi e dall'interlocutore assente.


QUARTO MODULO 

La comunicazione e la conoscenza


1. Comunicazione e formazione.
Nuovi mezzi e vecchi messaggi. O viceversa.

Le strutture formative tradizionali sono in crisi sia perché soffrono di una intrinseca obsolescenza, sia perché il loro ruolo è insidiato dai nuovi mezzi di comunicazione. Il tentativo di restituire vitalità alle scuole di ogni ordine e grado mediante l'innesto più o meno condiviso di strumentazioni eterogenee, dalla stampa quotidiana a Internet, non sembra avere risultati incoraggianti. Evidentemente il problema non è quello di proiettare la rete nella scuola, ma quello di proiettare la scuola nella rete, cioè di fornire a docenti e discenti i mezzi per padroneggiare la multimedialità, orientandola ai propri fini.


2. Comunicazione e ricerca.
Divulgazione e controllo democratico della scienza. 

Le polemiche in merito ai progressi delle biotecnologie e della genetica, dopo la paura atomica e i ricorrenti allarmi ecologici, stanno riproponendo il problema del controllo democratico di scienza e tecnologia. La crescente attenzione da parte dei mezzi di comunicazione, nella loro inevitabile spettacolarizzazione, non sembra comportare una più estesa assunzione di responsabilità. Anche la rete, accrescendo la circolazione delle informazioni scientifiche e tecnologiche, non ne agevola la valutazione. Forse non sono necessari nuovi mezzi, ma nuove mediazioni per partecipare davvero alle scelte importanti per il proprio futuro.


3. Comunicazione e cultura.
L'ordine alfabetico e la memoria del sapere.

Cosa fare per trovare in rete ciò di cui si ha veramente bisogno, dal momento che sono venuti meno i vecchi principi culturali di autorità e non si riesce più a fronteggiare la massa di informazioni a disposizione, ma non veramente disponibili? Dopo la lunga stagione enciclopedica, in cui il sapere veniva ordinato sistematicamente, torna di attualità il dizionario che, affidandosi all'ordine alfabetico, almeno non rischia di mettere fuori strada. L'attenzione si rivolge quindi a metodologie di ricerca basate non tanto sulla logica quanto sulla logistica, cioè sulla rilevazione delle strategie conoscitive prevalenti.

QUINTO MODULO

La comunicazione e la convivenza


1. La comunicazione come transazione tra obiettivi.
Conflitti, giochi, dibattiti: la politica del possibile.

Si dice che ragione e forza siano incompatibili. Tuttavia, la ragione, che vuole vincere convincendo, e la forza, che vuole convincere vincendo, hanno bisogno l'una dell'altra per trasformare in comportamenti compatibili le disparità di vedute che rischierebbero di impedire ogni scambio antropologicamente rilevante. Le possibilità sono tante: si può ricorrere a mediatori, a mediazioni, a mezzi di comunicazione. Si può ricorrere ad ambascerie, a regole prefissate, alle guerre di parole. Si può trasformare un conflitto in un gioco e un gioco in un dibattito, che conviene doppiamente: perché, se non si vince, si perde meno. 

2. La comunicazione come alternanza di ruoli.
La vita e il teatro, ovvero il dramma di essere in due.

Quella del teatro è una delle metafore più significative con cui vengono descritti i comportamenti in rete, per sottolineare il gioco delle identità molteplici che alimenta la soggettività virtuale. Non si tratta di una metafora priva di conseguenze sul piano concettuale e comportamentale. Il teatro comporta una visione del mondo organica, nel cui ambito la differenze di ruolo si articolano in vicende eticamente rilevanti. Per questo motivo il teatro aiuta a interpretare i fenomeni di crisi individuale e collettiva. Ma richiede la capacità di comunicare sia con se stessi sia con gli altri e questo - lo rilevava Aristotele - non è da tutti. 


3. La comunicazione come dialogo tra soggetti.
L'etica dei new media, tra presenza e assenza.

Se Ercole al bivio, per scegliere tra buona e cattiva "paideia", deve ricomprendere il mondo come una scelta di comunicazione, non vanno sottovalutate le disparità economiche, sociali, culturali, che impediscono alla rete di essere davvero per tutti. I contrastanti ritardi della alfabetizzazione e dei collegamenti a larga banda escludono molti dalla possibilità di dialogare con i pochi che sono arrivati prima. Ma, se un soggetto può maturare soltanto dialogando con soggetti diversi, quello di una partecipazione consapevole e responsabile si impone come l'imperativo categorico nella etica dei new media.


 
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