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Da "La Repubblica" del 1 Ottobre 2003


Nella rubrica "La città fuori le mura" che appare con cadenza regolare nelle pagine della Cronaca di Roma de La Repubblica, troviamo, con piacere, un articolo dedicato al Quadraro.
Il titolo è davvero benaugurante "Il Quadraro coltiva un sogno diventare una seconda Trastevere".
L'autrice: Laura Pugno, descrive con sincero entusiasmo le caratteristiche del quartiere definendolo "a misura d'uomo" ed enumera le potenziali prospettive future fondando le ipotesi sulle attuali condizioni di: area storica della periferia romana, del Quadraro
.
Molte informazioni, però, le ha desunte -come si comprende dal virgolettato riportato nell'articolo- da una intervista a Sandro Medici, Presidente del X Municipio.
Ciò che ci ha colpito, e diciamo anche profondamente ferito, è la
scarsissima conoscenza del quartiere e della sua storia che il Presidente del X Municipio ha dimostrato attraverso le sue parole.

Rimandiamo alla lettura dell'articolo per una valutazione completa. Riportiamo di seguito i punti che ci sono sembrati più profondamente fuorvianti ed inesatti nei riguardi del Quadraro.
Il virgolettato in grassetto sono le citazioni dall'articolo, il virgolettato in corsivo sono le affermazioni del Presidente del X Municipio Sandro Medici nell'ambito dell'articolo stesso.
Il testo che segue ogni citazione cerca di chiarire le inesattezze rilevate.


L'Associazione ha pubblicato su un numero monografico del Nuncius Quadrareus le riflessioni su quanto riportato.



"...è immediatamente percepibile come questa grande arteria di traffico e negozi [la via Tuscolana], .... tagli in due il quartiere come un fiume: a sinistra il Quadraro vecchio, quello che un tempo si chiamava Cecafumo..."

Il toponimo Quadraro, come risulta dalla documentazione conservata all'Archivio di Stato di Roma - Catasto Alessandrino, risale almeno al 1600 e si riferiva a tutta la zona fra l'attuale Porta Furba e la zona di "Roma Vecchia" nei pressi degli attuali stabilimenti di Cinecittà. Il toponimo Cecafumo, che risale alla fine dell'800, si riferisce ad una piccola area a destra della Tuscolana più o meno nei pressi della attuale Via Lucio Sestio. Fino agli anni '70 era ancora in funzione la stazione di tram il cui edificio di interessante architettura è ancora conservato, nascosto fra i palazzoni del quartiere Cinecittà-Don Bosco. Stazione denominata, appunto: Cecafumo.

"Il Quadraro nasce come agglomerato urbano un po' residuale, prima con baracche poi con piccoli edifici. Anche la popolazione che abitava qui era in un certo senso residuale: emigrati, fuggitivi, sbandati tutte categorie sociali che preferivano starsene poco in vista, un po' accucciate."

Il Quadraro vecchio, la zona fra via Tuscolana e via degli Angeli, nasce fra la fine degli anni '10 e l'inizio degli anni '20. Una lottizzazione, avvenieristica per quell'epoca, suddivide la zona in lotti fra i 1.500 e i 2.300 metri quadri, le vie si chiamavano: via Prima, via Seconda..., sui lotti vennero edificate palazzine di due o al massimo tre piani di tardo stile liberty, era presente moltissimo verde privato (come oggi d'altronde), l'atmosfera di allora la possiamo immaginare una via di mezzo fra l'attuale Monteverde vecchio e i Castelli. Era l'inizio di un progetto che avrebbe dovuto collegare Roma a Frascati lungo la via Tuscolana con una lunga teoria di case fra il residenziale ed il rurale e che avrebbe rappresentato l'area produttiva "biologica" per la capitale. La grande importanza che veniva attribuita a questo nuovo insediamento viene confermata dalla presenza di una delle più importanti "case del fascio" di Roma che integrava anche l'organizzazione dei "fasci femminili". Ancora oggi, in via degli Juvenci 6, è presente l'elegante palazzina liberty che ospitava la struttura di propaganda.
Negli ultimi anni della guerra, la presenza di gallerie sotterranee (vecchie cave di pozzolana di epoca romana utilizzate fino al medioevo) offrivano rifugio a coloro i quali, o per motivi politici (bandiera rossa, i partigiani) o per motivi meno gloriosi (il Gobbo del Quarticciolo), dovevano nascondersi alle retate o rappresaglie dei tedeschi. La struttura urbanistica e le scelte architettoniche che consentivano l'accesso a tali gallerie da più punti; la vicinanza del Sanatorio Ramazzini (oggi sede della Guardia di Finanza) che nascondeva i partigiani di diverse organizzazioni, fecero del Quadraro una zona di facile nascondiglio. Questo avviene però, solo dal 1941-'42 con l'epilogo poi, tragico dell'Aprile del '44.
Le prime edificazioni abusive sorte negli spazi fra una palazzina e l'altra, risalgono agli anni della guerra. Ancora oggi possiamo vedere chiaramente quegli edifici di semplice e modesta realizzazione, "addossati" alle palazzine liberty, in genere di un solo piano. La grande espansione di casette sorte quà e là a "riempire" i vuoti dei vari lotti -ulteriormente sublottizzati- si ha dal 1945-'46 fino agli anni '80, anni nei quali in Quadraro ha vissuto il peggiore periodo della sua storia urbanistica e sociale.

"Una leggenda metropolitana d'epoca vuole coinvolto nel rastrellamento del Quadraro anche il Gobbo del Quarticciolo, che durante una rissa in un'osteria avrebbe ammazzato due soldati tedeschi attirando così sul quartiere l'ira dell'occupante nazista."

"Gobbo del Quarticciolo" è il soprannome con il quale era conosciuto Giuseppe Albano, un giovane (nel 1944 aveva 17 anni) che era giunto rapidamente ad una posizione di spicco nella malavita romana.
La principale attività della sua banda era quella di rubare farina dai mulini ed altre derrate alimentari da rivendere poi alla borsa nera nei quartieri più "ricchi". Al Quarticciolo ed al Quadraro la farina la regalava, questo lo faceva diventare, agli occhi delle famiglie affamate, un eroe. In realtà si assicurava l'omertà e la protezione in quartieri che lo permettevano, come già detto.
Il "Gobbo" era ricercatissimo dai tedeschi, tanto che più volte, in diversi quartieri di Roma, venivano eseguiti arresti di innocenti gobbi nel tentativo di identificarlo.
Nel marzo del 1944 militi della Gnr e dei battaglioni 'M' compiono un durissimo rastrellamento nella borgata Gordiani, si tenta di attuarne un'altro per il Quadraro, ma la polizia deve desistere a fronte della forte reazione degli abitanti. Quando avverrà, quindi, il tragico rastrellamento del 14 aprile, questo aveva già dei prodromi, delle avvisaglie.
Il 23 marzo avviene l'attentato di via Rasella.
Il 24 marzo si attua la rappresaglia tedesca con l'eccidio delle fosse Ardeatine.
Il 25 marzo, sull' "Osservatore romano", viene pubblicato un appello rivolto alla popolazione perché eviti "impulsi violenti e atti inconsulti"; alle autorità responsabili dell'ordine pubblico a "provvedere ch'esso non venga turbato da qualsiasi atteggiamento che possa essere a sua volta motivo di reazioni, dando luogo a un'indefinibile serie di dolorose contese". In sostanza, fra le righe, il quotidiano ribadiva che occorreva evitare di dare modo alle truppe naziste di attuare altre stragi di innocenti.
Dal 31 marzo, in seguito ai continui attentati contro i tedeschi, il coprifuoco è anticipato alle ore 16 nei quartieri Quadraro, Quarticciolo, Centocelle e nella borgata Gordiani.
Il 10 aprile del 1944, in una osteria lungo la via Tuscolana, l'osteria "da Giggetto" situata lungo l'attuale via Calpurnio Fiamma (l'edificio è rimasto in piedi fino a qualche anno fa, alcuni forse ricorderanno lo "stabile occupato" degli anni '68 - '75), Giuseppe Albano litiga, forse per futili motivi, forse perché i tedeschi non volevano pagare il vino, forse chissà. Sta di fatto che, fuori dall'osteria il Gobbo o qualcuno della sua banda, spara ed uccide tre soldati tedeschi.
I rastrellamenti già in fase di progetto, vengono immediatamente attuati ed in particolare si concentrano sul Quadraro perché si, zona di nascondiglio di partigiani, ma soprattutto perché i tedeschi contavano di stanare il Gobbo e gli uomini della sua banda. Il particolare spiegamento di mezzi e l'elevato numero di rastrellati, anomalo rispetto ai tanti rastrellamenti eseguiti nelle altre parti della città, non fanno che sottolineare lo speciale significato che il comando tedesco dava a questa azione.
Se il Quadraro fosse stato davvero quel "nido di vespe" come viene definito, perché molti dei rastrellati furono arrestati mentre andavano tranquillamente al lavoro, a piedi, lungo le vie del quartiere? Perché il Quadraro non si aspettava nessun tipo di azione e fu colto di sorpresa dal rastrellamento e dall'incredibile dispiegamento di mezzi?
L'implicazione e le responsabilità del "Gobbo del Quarticciolo" nel rastrellamento del Quadraro non è una leggenda metropolitana. E' storia.

"Abbiamo messo una targa a Largo dei Quintili ed una scultura commemorativa nei giardinetti di Monte del Grano, un antico silos romano ritrovato in tempi recenti intorno a cui è stata creata una piccola area di verde pubblico".

Qui la caratteristica di ignorare la storia del Quadraro da parte del Presidente del X Municipio Sandro Medici, raggiunge il suo apice!
Ma andiamo con ordine.
Un giorno, per curiosità, ci recammo nel mercato di Piazza dei Tribuni e, per sondare quanto gli abitanti del Quadraro conoscessero il proprio quartiere, ci siamo un po' divertiti a porre, ai passanti ed ai venditori la
domanda: -Ma che cosa è questo monticello, questa collinetta al lato della piazza?- Pochi dissero cosa realmente era e molte sono state le interpretazioni, a volte buffe, a volte improbabili. La più incredibile fu: -"E' un vurcanetto!".
Bene, a questa esilarante interpretazione, possiamo aggiungere, da oggi, quella del Presidente del X Municipio, Sandro Medici.
La cosa può far sorridere, ma in realtà è estremamente preoccupante. Il Presidente, responsabile del territorio del X Municipio, colui il quale deve prendere decisioni sulla pianificazione e la gestione del quartiere, non sa che nella propria giurisdizione è presente un mausoleo romano del II-III Secolo d.C., mausoleo (anzi per la precisione "Cenotafio") terzo in ordine di grandezza dopo quelli di Adriano ed Augusto, che ha ospitato, anche se virtualmente, le spoglie dell'Imperatore Alessandro Severo.
Il mausoleo sorgeva, assieme ad altri minori, oggi scomparsi, lungo una via di collegamento fra l'attuale Tuscolana e la Casilina. Era il più imponente della Campagna Romana, almeno fino al 1387, anno in cui un documento ci dice che venne rimosso il rivestimento di travertino per farne calce "bonam et congrua".
L'interno è composto da un'aula circolare di circa dieci metri di diametro alla quale si accede percorrendo un corridoio di più di 21 metri. Attualmente l'aula è composta da un solo ambiente ma in origine era probabilmente divisa da una volta a botte sostenuta da un giro di colonne.
Nel maggio del 1582 venne estratto dal mausoleo il sarcofago. Un gigantesco sarcofago attico coperto di bassorilievi su i quattro lati e sul cui coperchio sono scolpite le figure di Alessandro Severo e della madre Mamea. Il sarcofago attualmente è conservato ai Musei Capitolini ed è il più bello ed il meglio conservato fra quelli presenti nel museo, probabilmente il migliore fra quelli a noi giunti dall'antichità.
Suggeriamo al
Presidente Sandro Medici di andarlo a vedere, si trova presso le sale del piano terra dei Musei Capitolini, nell'edificio a sinistra guardando il Palazzo Senatorio.
Il nome popolare di "Monte del Grano" ha derivazione incerta. Sono attualmente in piedi tre teorie.
La prima afferma che il nome deriva da una antica leggenda che racconta di contadini della zona i quali, per raccogliere tutto il grano dai campi, avevano lavorato anche la domenica. Dio, per punirli del mancato rispetto della festività, trasformo con un fulmine, tutto il grano raccolto in cenere che rimase li ha ricordo del fatto.
La seconda, forse più realistica, associa il nome "Monte del Grano" alla definizione "modius granii" data ad un contenitore che veniva impiegato, in epoca rmana e poi ne medioevo come unità di misura per le granaglie. Quando, nel 1387, venne rimosso il rivestimento di travertino, il terrapieno rimasto in piedi somigliava a questo contenitore, e da li prese il nome.
La terza è un ipotesi un po' "colta". L'Imperatore Alessandro Severo venne sepolto nella zone dell'Appennino Irpino-Dauno (le sue spoglie non arrivarono mai a Roma, dove però fu innalzato il cenotafio di cui stiamo parlando), la sepoltura avvenne presso un monte dedicato a Cerere, dea delle messi. E' plausibile che al mausoleo che doveva rappresentare il luogo di culto e di memoria venne dato un nome popolare che ricordasse il vero luogo di sepoltura.

"C'era un piano di recupero che doveva partire agli inizi degli anni Ottanta -fu chiesto dal quartiere all'epoca di Petroselli- e che non è mai stato realizzato... Certo il Quadraro, oggi, ha una buona vivibilità, ma certi rimpianti restano...". (citazione dell'urbanista Paolo Berdini)

Se oggi si parla ancora del Quadraro e vengono pubblicati articoli come quello in oggetto dove, fortunatamente, si afferma che il quartiere potrà diventare come Trastevere, è perché quel piano di recupero non fu realizzato.
Era un piano voluto da una piccola parte di cittadini che speravano in piccole o grandi speculazioni sui loro terreni e che sarebbero allegramente passati sul "cadavere" della propria casetta a due piani per vedere sorgere una palazzina dove vendere gli appartamenti.

Anche oggi il Quadraro è oggetto di un Piano Particolaraggiato, approvato l'aprile scorso e che deriva dalle filosofie del Piano Regolatore del 1960, ancora oggi il Quadraro rischia di scomparire così come lo conosciamo: accogliente, a misura d'uomo, ricco di verde; per lasciar posto ad anonime palazzine come ad esempio è accaduto al casale chiamato "osteria del Pino" sulla via Tuscolana, casale del 1700 demolito in fretta e furia nell'aprile del 1999 per lasciar posto ad una provincialissima palazzina a cortina di tre piani.


 

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