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Da: Il sole è sorto a Roma a cura di Lorenzo D'Agostini e Roberto Forti, Roma 1965

Negli ultimi giorni dell'occupazione di Roma, le organizzazioni poliziesche della Gestapo, delle SS, di Koch e di Caruso, avevano perduto ogni speranza di vincere la battaglia che da nove mesi conducevano contro il movimento di resistenza e contro le organizzazioni partigiane.

L'ultima grande operazione poliziesca il popolo romano l'aveva subita il 17 aprile 1944.

Il colonnello Kappler, d'accordo con il questore Caruso, per combattere la continua e metodica azione di guerra che i partigiani conducevano in tutta la fascia periferica a Sud-Est di Roma, preparava segretamente una grande operazione di rastrellamento del quartiere operaio del Quadraro. Il piano era stato studiato e preparato meticolosamente ed aveva lo scopo di rastrellare tutti gli uomini validi.

Il 17 aprile, all'alba, nazisti e fascisti, ad un segnale prestabilito, con un imponente schieramento di forze circondavano tutta la zona, bloccando tutte le strade di accesso al quartiere. Le squadre delle SS, avanzando a pettine, irrompevano nelle case sorprendendo nel sonno gli abitanti e strappando dalle famiglie tutti gli uomini, spesso non risparmiando né vecchi né giovanissimi.

Il rastrellamento fruttò ai nemici di Roma 740 persone. Esse vennero divise in quattro gruppi tenuti permanentemente sotto la minaccia delle armi. Poi, frettolosamente vennero caricate su un lungo convoglio di vagoni merce precedentemente preparati alla stazione Tuscolana. Il treno dei rastrellati venne fatto partire in tutta fretta per il Nord, verso le officine, le miniere ed i campi di eliminazione della Germania. All'operazione avevano partecipato circa duemila uomini, per la maggior parte tedeschi, affiancati da alcuni reparti della milizia fascista e della PAI.

Nell'azione di rastrellamento del Quadraro cadevano nella morsa dell'accerchiamento diversi partigiani e con essi alcuni membri del Comitato di Liberazione del quartiere.

In merito all'operazione di rastrellamento del Quadraro, nel pomeriggio del 18 aprile 1944, il Comando germanico di Roma faceva pubblicare sul " Giornale d'Italia " il seguente comunicato:

" I tedeschi lamentavano che dopo i fatti di Via Rasella, nel lunedì di Pasqua, parecchi soldati germanici sono caduti alla periferia di Roma, vittime di assassini politici. Gli attentatori riuscivano a rifugiarsi senza essere riconosciuti, nei loro nascondigli di un certo quartiere di Roma dove essi trovarono protezione presso i loro compagni comunisti.

" Il Comando Supremo Germanico e' stato costretto perciò ad arrestare oggi, nel detto quartiere, tutti i comunisti e quegli uomini validi ed abili al lavoro che collaborarono con i comunisti e li appoggiarono. Gli arrestati verranno assegnati ad una occupazione produttiva nel quadro dello sforzo bellico germanico diretto contro il bolscevismo ".

La laconicità del comunicato tedesco rivelava con tutta chiarezza la vastità e la profondità raggiunta dal movimento partigiano a Roma, alla vigilia della sua liberazione.

In risposta al rastrellamento del Quadraro, una settimana dopo i partigiani dell'VIII zona garibaldina eseguivano una audace azione nei pressi della stazione Tiburtina a Portonaccio. Stabilito segretamente un accordo con il gruppo dei ferrovieri partigiani, veniva provocato il deragliamento di un convoglio ferroviario che trasportava circa trecento detenuti politici, prelevati dalle varie carceri di Roma.

L'azione dei partigiani riuscì perfettamente: bloccato con tondini di acciaio lo scambio, il locomotore usciva dai binari rovesciandosi sul fianco. I vagoni vennero aperti prontamente dai partigiani e la maggioranza dei prigionieri poté darsi alla fuga profittando della confusione e della semioscurità. Sul posto, i tedeschi di guardia sparavano all'impazzata in mezzo ai binari. Qualche fuggitivo rimaneva ferito. Le scariche di fucileria si protrassero per oltre mezz'ora. Il tratto di binario ed il treno rimasero inutilizzati fino alla fine delle ostilità.



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