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Da: Silverio Corvisieri, "Bandiera Rossa" nella Resistenza romana, Samonà e Savelli, Napoli 1968

Il mese di aprile fu anche quello del più spietato rastrellamento effettuato dai nazisti a Roma. Il Comando tedesco era furibondo perché neanche la strage delle Ardeatine aveva indotto i partigiani romani a deporre le armi e gli altri cittadini ad avere un atteggiamento meno ostile verso gli occupanti e gli appelli a presentarsi alle armi o al lavoro nella TODT. Tutta la propaganda fatta con giornali e con manifesti rivolgendo appelli alle donne e ai bambini perché convincessero mariti e padri a fare il loro " dovere ", a lavorare per guadagnarsi da vivere e impedire che si soffrisse la fame, non sortiva alcun risultato. E neanche fruttavano molto i piccoli rastrellamenti quasi quotidiani organizzati dai fascisti (il questore Caruso aveva promesso ai tedeschi 50 uomini al giorno).

Fu perciò deciso di dare un più pesante colpo alla Resistenza romana e non a caso fu scelta, come zona di operazioni, il Quadraro, la popolosa borgata dove - come riconoscerà più tardi il consigliere d'ambasciata nazista, Mollhausen - venivano "inghiottiti " tutti coloro i quali volevano sfuggire ai nazisti senza ricorrere al Vaticano. In quella parte della città, che poi era un insieme di borgate distante una decina di chilometri dal centro cittadino, i rapporti di forza erano sfavorevoli ai nazifascisti. Il 31 marzo, appena una settimana dopo l'eccidio delle Ardeatine, il Comando germanico aveva emanato un provvedimento particolare contro i cittadini delle borgate Quadraro, Torpignattara, Centocelle e Quarticciolo anticipando l'ora del coprifuoco alle 16 e spiegando che questa misura veniva presa in seguito ai ripetuti attacchi compiuti contro le forze tedesche e fasciste. Proprio in quella zona il commissario di P.S. Stampacchia, per non aver voluto prestare attenzione alla grande scritta murale che lo ammoniva a non collaborare con i nazisti, era stato giustiziato un bel mattino sulla soglia della sua abitazione. Ed a Centocelle i comunisti erano riusciti ad organizzare, nella piazza principale un comizio; la stessa cosa avevano fatto a Triburtino III; sulla piazza di Tor Pignattara, come abbiamo già ricordato, Uccio Pisino aveva addestrato alle armi, in pieno giorno, gli uomini di Bandiera Rossa.

Gestapo, SS, banda Koch e questore Caruso concordarono il piano d'azione per far cadere nella rete il maggior numero di uomini validi. Il 17 aprile, all'alba, duemila armati tra tedeschi e repubblichini bloccarono tutte le vie d'accesso al Quadraro e setacciarono la borgata casa per casa. L'operazione fu condotta con estrema brutalità: gli uomini furono colpiti ancora mezzo addormentati e semisvestiti con il calcio dei moschetti e ammassati sui camion; soltanto pochi riuscirono a trovare in tempo un nascondiglio. Nel rastrellamento, che coinvolse 740 romani, caddero molti militanti di Bandiera Rossa, del PCI e di altre formazioni politiche.

Il giorno successivo il Giornale d'Italia pubblicò la velina del Comando germanico: "I tedeschi lamentavano che dopo i fatti di via Rasella nel lunedì di Pasqua, parecchi soldati germanici sono caduti alla periferia di Roma, vittime di assassini politici. Gli attentatori riuscivano a rifugiarsi senza essere riconosciuti, nei loro nascondigli di un certo quartiere di Roma dove essi trovarono protezione presso i loro compagni comunisti. Il Comando Supremo Germanico è stato costretto perciò ad arrestare oggi, nel detto quartiere, tutti i comunisti e quegli uomini validi e abili al lavoro che collaborarono con i comunisti e li appoggiarono. Gli arrestati verranno assegnati ad una occupazione produttiva nel quadro dello sforzo bellico germanico diretto contro il bolscevismo". La "occupazione produttiva" ovviamente era costituita dal lavoro forzato in Germania.



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