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L'ACQUA CLAUDIA

Acquedotto iniziato da Caligola nel 35 e portato a compimento da Claudio nel 49, era lungo 69 Km di cui 15 fuori terra, e portava l'acqua dalle due sorgenti Cerulea e Curzia lungo la Via Sublacense


L'ACQUEDOTTO ALESSANDRINO

Negli ultimi anni del suo regno l’imperatore Alessandro Severo (222-235) decise la costruzione di quello che sarebbe stato l’ultimo grande acquedotto romano per garantire il rifornimento delle Terme Neroniane-Alessandrine, nel Campo Marzio, da lui restaurate nel 226.

Captata l’acqua nei pressi di Pantano Borghese, sulla Via Praenestina, il condotto si sviluppa per circa 22 km, tutto in speco sotterraneo fino alla tenuta di Torre Angela, e in seguito su arcate, con un percorso alquanto tortuoso dettato dalla morfologia dell’area e dalle necessità di quota.
Le grandiose arcate dei viadotti sono tuttora visibili sui vari fossi fino a Via di Tor Pignattara, dove lo speco, del quale si ignora il percorso preciso, correva interrato fino a raggiungere Porta Maggiore.
Da qui, come riferisce Lanciani, “penetrava in città a un livello di m.3.18 inferiore all’attuale soglia di Porta Maggiore”.

Sebbene l’acquedotto sia rimasto in funzione per vari secoli, nessun resto del percorso è visibile all’interno della cinta muraria.

Il tratto di attraversamento di Viale Palmiro Togliatti (che ricalca l’antico fosso di Centocelle) è indubbiamente quello più rappresentativo e grandioso, con un doppio ordine di arcate sovrapposte, e visibile per tutto il suo sviluppo dal Viale Alessandrino fino a p.zza S.Felice da Cantalice, dove è tuttora perfettamente conservato e visibile ad altezza d’uomo lo speco dove correva l’acqua.


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