L'ACQUEDOTTO ALESSANDRINO
Negli ultimi anni del suo regno limperatore Alessandro
Severo (222-235) decise la costruzione di quello che sarebbe stato lultimo grande
acquedotto romano per garantire il rifornimento delle Terme Neroniane-Alessandrine, nel
Campo Marzio, da lui restaurate nel 226.
Captata lacqua nei pressi di Pantano Borghese, sulla Via
Praenestina, il condotto si sviluppa per circa 22 km, tutto in speco sotterraneo fino
alla tenuta di Torre Angela, e in seguito su arcate, con un percorso alquanto tortuoso
dettato dalla morfologia dellarea e dalle necessità di quota.
Le grandiose arcate dei viadotti sono tuttora visibili sui vari fossi fino a Via di Tor
Pignattara, dove lo speco, del quale si ignora il percorso preciso, correva interrato fino
a raggiungere Porta Maggiore.
Da qui, come riferisce Lanciani, penetrava in città a un livello di m.3.18
inferiore allattuale soglia di Porta Maggiore.
Sebbene lacquedotto sia rimasto in funzione per vari secoli,
nessun resto del percorso è visibile allinterno della cinta muraria.
Il tratto di attraversamento di Viale Palmiro Togliatti (che
ricalca lantico fosso di Centocelle) è indubbiamente quello più rappresentativo e
grandioso, con un doppio ordine di arcate sovrapposte, e visibile per tutto il suo
sviluppo dal Viale Alessandrino fino a p.zza S.Felice da Cantalice, dove è tuttora
perfettamente conservato e visibile ad altezza duomo lo speco dove correva
lacqua. |