L’utilità della stupidità

Giancarlo Livraghi – giugno 2012

 
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In sedici anni di studio e approfondimento sul problema della stupidità (e anche in tanti ragionamenti per molto tempo prima) non mi era mai venuto in mente che si potesse considerare “utile” (o forse necessaria).

Ma a forza di ascoltare, leggere, pensare e verificare sto cominciando a convincermi che possa essere interessante osservarla anche da questo punto di vista. Non si tratta di farne un satirico elogio, alla maniera di Erasmo da Rotterdam – ma di capire, concretamente, come possa avere un ruolo che non sempre è soltanto dannoso.

Non intendo ripetere qui ciò che ho già scritto in Errare humanum (capitolo 29 di Il potere della stupidità) sul fatto che “sbagliando si impara” e sugli utili e precisi metodi per gestire gli errori. Né sulle perverse astuzie di chi si dedica a sfruttare la stupidità altrui (Stupidi e furbi capitolo 17).

Un modo per confonderci è credere che la stupidità serva soprattutto a far ridere. Cioè che sia solo buffa. Cadere nella tentazione di trattare come ridicola ogni opinione diversa da ciò che siamo abituati a pensare. È vero che l’ironia è una risorsa, divertirsi fa bene, talvolta ridere delle sciocchezze può essere rilassante. Ma diventa autolesionismo quando è una scappatoia.

“Beata ignoranza”, si usa dire – e “non sapere” può essere distensivo. Ma è pericoloso. Ecco perciò un esempio di come la stupidità può esserci di aiuto. Quando un errore (nostro o altrui) ci costringe alla scomoda constatazione di come e perché si è scioccamente sbagliato, se le conseguenze non sono catastrofiche abbiamo imparato una lezione concretamente utile.

La storia della scienza e della conoscenza ci insegna che molte delle scoperte più utili sono state fatte per sbaglio. Non solo per quella seria disciplina che impone la verifica di percorsi improbabili o intenzionalmente scorretti. Ma anche, molto spesso, per apparentemente stupidi e banali errori.

Non solo nell’evoluzione biologica, ma anche in quella culturale, senza stupidità non ci sarebbero quelle “mutazioni” che portano a tanti fallimenti, ma anche a fertili sviluppi che altrimenti sarebbero impossibili.

Quanti incendi hanno provocato gli ignoti sperimentatori del paleolitico prima che si capisse come domare il fuoco? Quanti coraggiosi, ma incauti esploratori sono annegati prima che si imparasse l’arte di andare per mare?

Quanto è stato considerato stupido il primo a cui è venuta (probabilmente in tempi remoti e non documentati) la bizzarra idea di pensare che la terra potesse essere rotonda? O non essere il centro dell’universo? Quanti, domani, inciamperanno in un esperimento sbagliato, da cui impareremo qualcosa di straordinariamente utile?

Oltre a conoscere e capire la stupidità, per evitare o ridurre i danni, non è una cattiva idea riuscire anche a trovare modi in cui può essere utile.

Per esempio lasciar vagare, prima di cancellarlo, un pensiero o un dubbio che nasce apparentemente stupido, ma se permettiamo che maturi per un po’ di tempo in un’incubatrice ai margini della mente si può inaspettatamente trasformare in uno stimolo interessante.

Molte cose che leggiamo o sentiamo dire sono stupide. Cioè false, mal capite o male interpretate. È un impegno un po’ scomodo, ma necessario, dubitare, ripensare, correggere. Ma può accadere che in un’informazione sbagliata o superficiale si nasconda qualcosa di rilevante. O un minuscolo segnale che ci aiuta a trovare una strada inesplorata.

Può capitare in mille modi che la soluzione di un problema difficile si riveli, improvvisamente, facile. Dopo che si è trovata, è ovvia. Ma il fatto strano – e difficilmente spiegabile – è che nessuno ci avesse pensato prima.

Una risorsa preziosa è lo studio della stupidità nella storia. È una scienza in continua evoluzione, perché le scoperte di fonti che erano sconosciute o male interpretate – come di nuovi ritrovamenti archeologici – ci aiutano a capire meglio e a cambiare prospettive.

La straordinaria utilità della storia, specialmente quella non recente, è che di molte vicende sappiamo “come è andata a finire”. È interessante notare quanto possano essere contrastanti le interpretazioni di come e perché si è arrivati alle conseguenze che “a posteriori” conosciamo – spesso molto diverse dalle intenzioni e aspettative di chi si trovava nel corso degli eventi.

Un problema è che tende a prevalere la storia di (reali o apparenti) vittorie e successi. Si può imparare di più da fallimenti e sconfitte.

Le glorie dei vincitori sono splendenti e luminose (o almeno così sembrano dopo che hanno vinto). È più faticoso, ma non meno rilevante, esplorare l’ombra timida, spaurita e vergognosa in cui si nasconde l’umile storia della stupidità umana, dalle sue più remote origini alle cronache di ogni giorno.

Non è il caso di coltivare, ammirare, imitare (o anche solo tollerare) la stupidità – come accade troppo spesso, dalla notte dei tempi alle travagliate vicende di oggi. Ma è interessante capire la sua utilità.



Sull’utilità della biologia, ancora prima della storia,
vedi I dinosauri non sono estinti



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