I dinosauri non sono estinti
(alcune cose che possiamo imparare dalla biologia)

Giancarlo Livraghi – maggio 2012

 
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In tanti millenni di storia e di sviluppo della scienza, fino a duecento anni fa nessuno sapeva che fossero esistiti i dinosauri – come altre antiche o rare forme di vita. L’occasionale scoperta di qualche fossile era considerata uno “scherzo della natura” (o forse, talvolta, il resto pietrificato di un drago o di qualche altro animale immaginario).

Una lunga, ostinata e profonda debolezza della scienza era non aver capito il significato della vita e il senso dell’evoluzione. The Origin of Species di Charles Darwin nel 1859 suscitò più sgomento che consenso nella comunità scientifica di allora. Centocinquant’anni dopo c’è ancora chi rifiuta di accettarne le conseguenze (in particolare, ma non solo, per quanto riguarda l’evoluzione umana).

La scoperta di “giganteschi e terribili mostri del passato” suscitò presto la curiosità e la fantasia anche di chi non aveva conoscenze scientifiche. Anche prima che Michael Crichton (nel 1990) scrivesse il suo intelligente romanzo Jurassic Park, erano diffuse ricostruzioni fantastiche, comprese immaginarie “rinascite” di orribili e minacciosi antropofagi. Mentre era confortante sapere che i mostri veri erano estinti, scomparsi molto prima che si evolvessero specie definibili “umane”. Cioè possiamo evitare di farcene un incubo, perché nessuno di noi è mai stato divorato da un dinosauro.

Da quando Jurassic Park è diventato un film, scatenando la “moda” dei dinosauri fino a farne giocattoli, pupazzi e vignette, non sono ancora passati vent’anni. Ma anche in un tempo così breve gli studi sull’argomento hanno avuto interessanti sviluppi.

In realtà non tutti erano erano come i tirannosauri. Anche fra quelli giganteschi, molti erano erbivori. E ce n’erano varie specie non più grandi di un tacchino. L’approfondimento scientifico continua e le prospettive cambiano. Per esempio ora sappiamo che, se gli antichi dinosauri non fossero “improvvisamente scomparsi” per qualche cataclisma o cambiamento climatico, non sarebbero rimasti dominanti nell’ecosistema – il maggiore potenziale evolutivo dei mammiferi avrebbe comunque preso il sopravvento.

Ma la recente e importante scoperta è che non sono estinti. Ce ne sono tante e diverse specie viventi. Si chiamano uccelli. (Per la precisione, alcuni dei “dinosauri sopravvissuti” sono più simili ai rettili – come si immaginava che fossero tutti – ma nella dino-progenie gli uccelli sono molto più diffusi).

I dinosauri volavano? Solo alcuni. In generale, no. Ma non è questo il problema. Ci sono anche oggi uccelli che non volano, come i polli, i tacchini, gli struzzi, i pinguini. Il fatto è che probabilmente le ricostruzioni concepite in decenni passati non somigliano ai dinosauri com’erano. C’è ancora molto da scoprire non solo sul loro aspetto, ma soprattutto sulla loro biologia e genetica.

Con l’evoluzione, mentre noi (mammiferi) diventavamo più forti in terra (e anche in mare) loro prevalevano nell’aria – dove pochi di noi (i pipistrelli) sanno volare. Ma ora abbiamo gli aeroplani.

Comunue l’insegnamento più importante è un altro. Riguarda la vita in generale e in particolare l’evoluzione umana. Singole specie si possono estinguere (miriadi di effimere “mutazioni” nascono e muoiono ogni giorno). Ma i “patrimoni genetici” continuano e moltiplicano la diversità.

Di tante progenie di “umanoidi” ne sopravvive solo una. Le più recenti scoperte dell’antropologia ci dicono che i miliardi di persone oggi viventi sono parenti stretti, tutti discendenti da una particolare stirpe umana che (secondo alcuni studi) duecentomila anni fa era ridotta a poche migliaia, forse centinaia, di individui all’estremo sud dell’Africa.

Vuol dire che tutte le altre varianti di “umani” o “pitecantropi” sono estinte? No. Molti sono nostri antenati. Abbiamo in comune con loro gran parte della struttura genetica e ci sono anche somiglianze culturali. Senza il loro contributo all’evoluzione della nostra specie non saremmo quelli che siamo.

È così anche per la cultura, la civiltà, il pensiero. Siamo travolti dalla percezione di un continuo cambiamento – che spesso è solo apparente. E anche (se stiamo attenti) dalla dolorosa constatazione di quante occasioni di progresso vadano perdute e in quanti modi si stiano facendo grotteschi passi indietro. Variabili dal pateticamente ridicolo al ferocemente disastroso.

Il concetto di “estinzione dei dinosauri” è pericolosamente sbagliato anche come metafora. Non ha senso etichettare in quel modo ciò che ci piacerebbe considerare superato. Per due contrapposti motivi. Uno è che atteggiamenti e comportamenti davvero inaccettabili hanno una perversa capacità di sopravvivere (spesso sotto “mentite spoglie”) ed è pericoloso illuderci che siano svaniti. L’altro è che molte cose (e idee) sbadatamente trattate come “vecchiume” sono molto più utili e interessanti della sciocca proliferazione di presunte novità.

C’è anche il fatto che, per quanto aggiornati ci possiamo considerare, qualche dinosauro culturale sopravvive nascosto in ognuno di noi. Liberarcene non è facile. Occorre coltivare la preziosa arte del dubbio, per scoprire se qualcosa che ci sembrava “indiscutibile” ha bisogno di essere ripensato.

Non mi azzardo a “tirare conclusioni”. Ma spero che queste constatazioni siano, non solo per me, uno stimolo a pensare. C’è molto nella comprensione del passato che ci può aiutare a capire il presente e tracciare percorsi per il futuro. Ovviamente nella storia, di cui troppo spesso trascuriamo il valore come magistra. Ma anche nelle più antiche e profonde radici della vita.

Ogni vicenda e sviluppo umano è, in sostanza, biologia. Una scienza giovane e affascinante in cui molto ancora resta da imparare.



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